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18 dicembre – Giornata internazionale dei migranti

Nel 1997 numerose organizzazioni per i migranti di alcune regioni dell’Asia iniziarono a celebrare e a promuovere la data del 18 dicembre come Giornata Internazionale di Solidarietà con i Migranti, scegliendo la data in cui, nel 1990, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite aveva adottato la Convenzione Internazionale per la tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie.

La campagna ha portato l’ONU a proclamare ufficialmente nel 2000 la Giornata Internazionale dedicata ai Migranti.

Purtroppo neppure quest’anno le notizie sembrano buone. Le agenzie battono in queste ore la notizia dei naufragi nel Golfo di Aden, dove continua ad aggravarsi il tragico bilancio di morti: 200 in due giorni, come riporta l’UNHCR. Etiopi e Somali in fuga da un paese sull’orlo della guerra il primo, scomparso e in preda ad un conflitto sanguinoso che dura da anni il secondo.
Una regione, quella del Corno d’Africa, che sta causando continue fughe e sta producendo un altissimo numero di rifugiati, profughi e sfollati. Somalia, Etiopia, Sudan ed Eritrea: tanti conflitti e fughe disperate che spesso si trasformano in tragedia.

Ai profughi si aggiungono i cosiddetti migranti economici, costretti anch’essi ad affrontare viaggi pericolosi, come ci ricordano puntualmente i rapporti di Fortress Europe.

Ma la tragedia può continuare anche una volta approdati: condizioni di lavoro simili alla schiavitù, violenza razzista e discriminazione istituzionale.
E la giornata internazionale dei diritti dei migranti in Italia sembra pura utopia.
Oggi è anche la giornata del secondo clic day, che ci offre uno spaccato significativo: una procedura burocratica assurda, che cerca di rinnovarsi e crea solo nuovi disastri dall’aspetto più avanzato tecnologicamente per nascondere una lotteria che mette a disposizione una manciata di posti per l’assegnazione di un pezzo di carta e qualche diritto.
Il disastro, ampiamente annunciato, di sabato sancisce definitivamente il fallimento di una procedura che non garantisce il numero di ingressi necessari al mercato del lavoro, che ha lentezze burocratiche inaccetabili e un sistema di lotteria non degno di un paese civile, che si pregia di appartenere al ‘primo mondo’.
Una procedura inserita in un impianto giuridico e concettuale che vede il proprio nodo da una parte nella retorica dell’eliminazione della clandestinità, e dall’altra nella pratica della riduzione in clandestinità del migrante per renderlo sfruttabile senza limiti.
Una sola quindi l’innovazione possibile: abolizione del meccansimo delle quote, abolizione della Bossi-Fini e meccanismi di regolarizazione reali e non affidati alla sorte.

Chi vince alla lotteria dei flussi ‘e passa il turno’ ha da affrontare una nuova roulette, come ha raccontato di Città Migrante in una lettera al Manifesto: un nuovo viaggio clandestino verso il paese di origine, il rischio dell’espulsione, notti di code in attesa dell’appuntamento all’ambasciata per la consegna del visto…

Nella giornata internazionale dei diritti dei migranti un noto quotidiano parla di cittadini bulgari chiamandoli clandestini, e pure non ha tutti i torti: lavori in condizioni servili, molto funzionali alla nostra agricoltura e alle italiche famiglie, in cambio di paghe giornaliere pari a 10€. La notizia forse quest’oggi è l’intervento dello Stato e un controllo sulle condizioni di lavoro che molto spesso manca.

Infine, la tragedia dell’intolleranza e del razzismo istituzionale. Recentemente l’Alto Commissariato per i rifugiati ha espresso preoccupazione per il clima di intolleranza in Italia: “La retorica anti-immigrazione, cui troppo spesso si è fatto ricorso negli ultimi anni, rischia di criminalizzare intere comunità, scatenando nell’opinione pubblica reazioni difficilmente contenibili. Il raid punitivo contro un gruppo di romeni, prosegue il comunicato del 6 novembre, a cui sono seguite nei giorni successivi una serie di aggressioni avvenute ai danni di stranieri o di esercizi commerciali di proprietà di immigrati, hanno messo in evidenza uno stato di tensione nei confronti degli stranieri alimentato negli anni anche da risposte demagogiche alle tematiche dell’immigrazione messe in atto dalla politica”. Già a febbraio di quest’anno il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia ed intolleranza, Doudou Diène, nel suo rapporto sull’Italia aveva messo in evidenza come si stesse manifestando nel paese una “preoccupante tendenza alla xenofobia e lo sviluppo di manifestazioni di razzismo, in particolare nei confronti delle comunità sinti e rom, degli immigrati e dei richiedenti asilo, soprattutto di origine africana ma anche provenienti dall’Europa orientale, e della comunità islamica”. L’Acnur ritiene che, in questo contesto, un ruolo fondamentale nell’alimentare un clima di intolleranza sia stato svolto dai mezzi di informazione, “la cui ricerca del sensazionalismo, coniugata all’uso di un linguaggio improprio e bellicistico, ha alimentato e sostenuto le ansie dell’opinione pubblica, oscurando gli aspetti positivi dell’immigrazione e puntando spesso sul binomio ‘immigrazione=minaccia alla sicurezza’”.

E rafforzato dal Governo che sull’onda dell’emotività e alimentando questo clima di intolleranza e di voglia di epurazione ha emanato un decreto che prevede l’espulsione di cittadini comunitari, il decreto anti-rumeni, che modificato al Senato è oggi in discussione alla Camera.

La ripresa della battaglia dei migranti per i diritti di cittadinazna, da Brescia a Caserta, all’iniziativa contro il rinnovo alle Poste portata avanti in tutta Italia il 1 dicembre, ci fa sperare che le notizie di oggi, in occasione di questa celebrazione, non sono l’unica voce e l’unica politica possibile in materia di immigrazione.

Elisabetta Ferri, progetto Melting pot