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Abbandono, intolleranza e ruspe. Migranti sotto tiro in Calabria

di Claudio Dionesalvi e Silvio Messinetti, Il Manifesto - 16 novembre 2016

I migranti di Amendolara mostrano i segni della scabbia © Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti

«Vedi queste scarpe e il pigiama che indosso? Sono vestito così da due mesi. Me lo hanno dato persone incontrate per caso. E guarda il mio piede: questa è scabbia». Appena gli chiedi il nome, il ragazzo che poco prima mormorava le sue disgrazie, comincia a urlare: «Non ce l’ho un nome. È annegato insieme ai miei amici, durante il viaggio dalla Libia».

Altri quattro ospiti mostrano i segni della malattia: «La gente ha paura di noi – affermano – a molti facciamo schifo, sputano a terra quando passi vicino. Se entriamo in chiesa la domenica i fedeli si scansano». Pare che scatti una sorta di coprifuoco per cui, vox populi, è rischioso passeggiare per le strade del paese dopo le 21.

È guerra tra poveri quella che si vuol scatenare ad Amendolara, il paese dei mandorli e della «secca», dove la mitologia vuole che la ninfa Calipso trattenne Ulisse. Oltre 200 profughi dimorano alla marina. Dovevano restare per 3-4 giorni in due alberghi, invece si ritrovano da due mesi in una struttura pagata dalla prefettura di Cosenza, che non eroga loro alcun servizio. Solo perché giuridicamente non deve. «Sin dall’inizio abbiamo fatto quel che potevamo. Ho accompagnato personalmente dai medici questi ragazzi. Ma questa è una struttura d’emergenza. E l’erogazione del pocket money non spetta a noi», ci dice Otello Spacciante, responsabile della Pamag Srl che gestisce l’hotel Grillo, non ancora ufficialmente Centro di accoglienza straordinaria. Qui sono alloggiati 100 migranti provenienti da Nigeria, Ghana, Mali, Sudan, Pakistan. A poca distanza c’è un altro edificio, l’ex Hotel Enotria, gestito dalla Cooperativa Senis Hospes e trasformato da un anno in Cas.
La tensione in paese è alta. C’è chi invoca un nuovo caso Goro. Anche se a parole nessuno vuol passare per razzista e rinnegare «la buona predisposizione degli amendolaresi all’accoglienza».

«Il nostro lavoro di denuncia – spiega Emilia Corea della campagna LasciateCIEntrareha fatto emergere il malaffare legato all’accoglienza. Da Spineto, passando per Amantea, Bocchigliero, Pedivigliano, Montalto, Rogliano, Castiglione Cosentino, Carolei, Amendolara, Arcavacata e Rende». L’attività finora svolta ha portato alla chiusura di tre Cas, quelli di Spineto, Feroleto e Lamezia con situazioni di disumanità «come quella di un ospite del Cas di Rogliano che accusava da mesi un dolore lancinante al piede. È stato lasciato per sei mesi senza assistenza. Poi una RX gli ha trovato 20 pallini di fucile vicini all’osso del piede». Come uscire da questa situazione? «Evitare – conclude Corea – grandi numeri in un centro. Sistemare le persone in abitazioni dignitose. Importante sarebbe l’inserimento lavorativo nel contesto territoriale di approdo».

Altro mare, stessa musica. A Falerna sul Tirreno è sotto sgombero il Residence degli ulivi. Vi dimorano 120 superstiti dell’operazione umanitaria Emergenza nord Africa del 2011, dopo le “primavere arabe”. Il sindaco Giuseppe Costanzo (Pd) vuole sbaraccare. L’ordinanza di sgombero immediato è lapidaria: «Inagibilità, sicurezza e problemi igienico sanitari dei fabbricati». Domani arriveranno le ruspe. Un linguaggio poco democratico e molto salviniano. Lo stesso della sindaca di Amantea, Monica Sabatino, anch’ella dem. Ha scritto al prefetto: «Basta centri di accoglienza. È gente che delinque e chiede l’elemosina. Ci rovina il turismo».

Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti