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Accoglienza – La questione profughi, a Bologna e non solo…

di Alessandro Albergamo, operatore SPRAR

Recentemente e anche forzatamente sono arrivati, all’attenzione di tutti, i temi delle migrazioni e delle richieste di asilo.
Sui social, sulla carta stampata, nelle televisioni, oppure dal barbiere, in fila alla cassa del supermercato, al bar, impazzano da qualche mese Mare Nostrum e Frontex Plus (ora Tritone), sbarchi e barconi, profughi e clandestini.
Queste righe sono per raccontare di una situazione diffusa in tutta Italia, cercando di rispondere a domande quotidiane partendo dai fatti concreti che accadono a Bologna, dalla realtà di chi lavora a contatto con le persone di cui si parla, e non con le notizie più o meno fondate che, invece, si pubblicano.

Chi sono le persone che arrivano in Italia con Mare Nostrum?
Il flusso di famiglie e singoli che scappano da paesi in cui la loro incolumità o le loro prospettive di una vita dignitosa sono messe a rischio, è incessante. Anche Bologna, in sintonia con quanto espresso dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati, non si è sottratta a questo fenomeno, accogliendo diverse centinaia di persone. Non tutti sono rimasti: alcuni sono stati trasferiti in altre città della Regione, altri hanno deciso di transitare in Italia, di farne solo un’altra, ennesima, tappa del proprio progetto migratorio, cercando di approdare in Europa del Nord per ricongiungersi ad amici o familiari.
Sono soprattutto uomini, di età non troppo elevata (sono infatti molti i minori non accompagnati), provenienti dalle coste della Libia ma lì giunti dopo un lungo percorso soprattutto dall’Africa Occidentale (Nigeria, Gambia, Mali, Senegal, Costa d’Avorio), Orientale (Eritrea, Somalia, Etiopia, Sudan), dal Medio Oriente (Siria, Palestina), e Asia (Pakistan).

Perché vengono pericolosamente in Italia via nave? Perché c’è Mare Nostrum?
La maggior parte delle persone che sbarcano a Lampedusa (e non che arrivano, perché molte di loro non si sentono arrivate in Italia) proviene dai Paesi con il più alto il tasso di diniego dei visti che permettono la libera circolazione in Italia: per questo motivo l’entrata via mare è l’unica percorribile anche se pericolosa e, secondo la Bossi-Fini, illegale.
Fortress Europe (una delle fonti più attendibili del settore) sostiene che negli ultimi 25 anni siano morte lungo le frontiere europee almeno 20mila persone (ma di molti naufragi non si è avuta nessuna notizia). La maggior parte è annegata nel Mediterraneo. I pattugliamenti hanno allungato le rotte, esponendo ancora di più i migranti alla morte in mare. Ma allora perché continuano a partire? La ragione non è da ricercarsi in Mare Nostrum, ma nello sfacelo della tenuta demografica, economica e politica del Corno d’Africa, del vicino Medio Oriente e di quei Paesi del Nord Africa in cui il processo post dittatura è ancora lontano dall’obiettivo finale.

È ragionevole sostenere che sia un’invasione islamica mascherata?
I dati degli ultimi anni sugli ingressi per motivi di lavoro di cittadini stranieri, ingressi richiesti dai recenti governi italiani di ogni schieramento, dicono che per ogni persona che arriva a Lampedusa ce ne sono altre 10 “convocate” o “sanate” dall’Europa dell’est per sopperire al fabbisogno di manodopera nelle fabbriche e famiglie italiane. Ciò vuol dire che solo il 10% degli immigrati presenti in Italia in maniera regolare o irregolare passa da Lampedusa e proviene da quei Paesi islamici che tanto terrorizzano chi fa leva sulla minaccia di scontri e guerre culturali-religiose per cercare di aumentare le restrizioni imposte dall’Europa sui visti per i cittadini di questi Paesi.

È possibile che tra loro si nasconda un terrorista?
Molti sono di una religione diversa da quella cristiana, non tutti sono però musulmani, mentre nessuno è militante dell’ISIS. Tra loro non si nascondono terroristi: le maniere per entrare in Europa sono tante, quella meno sicura è proprio via mare, su un barcone, insieme ad altre centinaia di persone. Una persona che ha in mente di progettare attentati può entrare in Europa in maniera molto più sicura e perfino legale, senza rischiare la vita. Ciò non vuol dire che tra chi arriva non ci possa essere, potenzialmente, una persona avvicinabile, coinvolgibile, malleabile da parte di chi fomenta odio e cerca adepti utilizzando la religione come variabile di una follia che nessuna religione può mai giustificare, ma bisogna rammentare che le persone più inclini al reclutamento, da parte soprattutto della microcriminalità più che del terrorismo, sono proprio quelle più escluse socialmente, quelle più isolate, e quindi quelle più vulnerabili e fragili.

Gli stranieri che sbarcano sul nostro territorio portano malattie da tempo debellate in Italia?
A compiere i “viaggi della speranza” sono soprattutto uomini giovani, in forza, sani, proprio perché dovevano garantire con la propria robustezza fisica la buona riuscita di un investimento economico (il viaggio) che la famiglia compie indebitandosi pesantemente con usurai del posto di origine e molto spesso anche con aguzzini dei posti di passaggio. Le malattie più diffuse tra chi arriva sono malaria, scabbia e TBC: mentre la prima non è una malattia contagiosa, ed è quindi criminoso creare allarmismi per la malaria, le seconde due sono facilmente individuabili con gli idonei screening sanitari e facilmente curabili, con rischi di contagio molto bassi per la popolazione. L’allarmismo che da oltre 6 mesi si è creato intorno a un potenziale risveglio di malattie da tempo debellato era stato ridimensionato con forza dalle autorità sin dal suo inizio, ed è ora smentito dai fatti.

È vero che percepiscono 30/33/35 euro al giorno?
Il dibattito che più interessa tutti è sicuramente “quello dei soldi”. Iniziamo quindi smentendo subito un luogo tanto comune quanto falso: a ogni profugo non viene concessa una cifra che varia dai 30 ai 35 euro al giorno (a seconda delle convenzioni firmate dalle Prefetture italiane con gli enti gestori). Le cifre riportate si riferiscono a quello che viene assegnato all’ente gestore per ciascun profugo accolto. I soldi ricevuti servono per pagare gli stipendi degli operatori, le tasse e l’I.V.A. dei servizi offerti, i servizi offerti stessi (vitto e kit igienici e sanitari). A Bologna, a ciascun profugo è riconosciuta sì una cifra personale giornaliera, ma che varia dai 1,5 ai 2,5 euro al giorno: cifre che servono per rispondere ai loro bisogni quotidiani cui il sistema dell’accoglienza non provvede, e che neppure loro possono esaudire per se stessi dal momento che, dato il loro status di richiedente asilo, non possono lavorare durante i primi 6 mesi di permanenza sul suolo italiano. E se non possono lavorare, non guadagnano, e se non guadagnano non sono liberi: lavoro nero, sfruttamento, illegalità, sono solo alcuni dei rischi che si corrono.

Che tipo di servizi e prestazione prevede il sistema dell’accoglienza?
A Bologna, l’ente gestore, firmando la convenzione con la Prefettura, si impegna a gestire l’accoglienza sin dal primo concitato momento dell’arrivo fino al termine del contratto di permanenza in struttura.
Ecco in poche parole cosa viene loro offerto: fornitura dei generi di prima necessità igienica e di pulizia (asciugamani, spazzolino, dentifricio, anti scabbia, sapone); cambio degli abiti con cui hanno fatto il viaggio in mare: maglie, pantaloni, ciabatte e/o scarpe, biancheria intima; biancheria per i letti. Inoltre, sottoscrivendo contratti con le ditte di ristorazione o assumendo cuochi che lavorino in loco, vengono loro quotidianamente forniti alimentari per colazione, pranzo e cena. Hanno a disposizione una piccola farmacia per le medicazioni più comuni, e un medico dell’ASL territoriale che regolarmente monitora la situazione sanitaria degli ospiti. L’ente gestore, inoltre, cura il monitoraggio delle presenze da inviare alla Prefettura, i rapporti con gli enti ASL e del Comune per il rilascio delle tessere sanitarie provvisorie e infine collabora con la Questura perché tutti siano fotosegnalati, forniti di un documento provvisorio, interrogati dalla Commissione Territoriale per la loro istanza di protezione internazionale.
Infine, l’ente gestore si avvale delle collaborazioni di operatori ed educatori diurni e notturni che facciano portierato sociale e gestiscano il lavoro quotidiano con gli ospiti.

È vero che soggiornano in alberghi a 3 o 4 stelle?
Anche qui è necessario subito smentire un altro mito: può essere capitato che per alcuni giorni i profughi abbiano trovato posto in alberghi piuttosto che in strutture dell’accoglienza, ma sono stati casi sporadici e di breve durata, comunque rimborsati all’albergatore.
A Bologna e Provincia, i posti dell’accoglienza di Mare Nostrum (Villa Aldini è forse il più famoso) non sono alberghi lussuosi né villette accessoriate come sostiene chi mai li ha visitati. A questi si aggiunge il Centro Mattei, meglio conosciuto come ex CIE, sito in via Enrico Mattei e ad oggi centro di smistamento sull’intera Regione. In tutti i casi si tratta di strutture private che erano in disuso e che sono state messe a disposizione (a rimborso delle spese per le utenze) al fine di accogliere i profughi. Dal momento che erano in disuso, quindi, avevano problemi strutturali e di pulizie che sono stati immediatamente affrontati dagli enti gestori, ma necessitano quotidianamente di manutenzione e sistemazione. Si condividono, nel rispetto di norme e prassi di igiene e convivenza, stanze, servizi igienici, mense, luoghi comuni.

Perché l’Europa non fa di più per non lasciare da sola l’Italia?
Nel 2013 l’Italia ha accolto solo il 10% di tutti i rifugiati politici riconosciuti nei vari Stati dell’Unione Europea, ed in particolare ha accolto la metà dei rifugiati accolti in Svezia e in Germania. In Siria si sta combattendo una delle guerre civili più sanguinose degli ultimi anni, nell’indifferenza di tutta la Comunità Internazionale, eppure solo una piccolissima parte di loro chiede rifugio in Italia, preferendo i Paesi del Nord Europa o i campi profughi nei paesi confinanti la Siria, sperando che finisca presto la guerra per tornare nelle proprie case. 

Esistono altre forme di accoglienza per i richiedenti asilo?
Mare Nostrum ha portato all’attenzione di tutti il tema dell’accoglienza e protezione dei rifugiati. Ma non è l’unica, e nemmeno la più strutturata e datata, forma di asilo per i richiedenti. Anche a Bologna è attivo da anni il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR). Si tratta di un articolato progetto del Ministero dell’Interno (circa 13.000 posti finanziati nel 2014) costituito dalla rete degli enti locali e del Terzo Settore che – per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata – accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. La grossa differenza con Mare Nostrum è che i progetti dello SPRAR garantiscono interventi di “accoglienza integrata” che superano la sola distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo in modo complementare anche misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento, attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-economico.