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Accusare i soccorritori per lasciare i migranti in balia della Guardia costiera libica

Si fatica a trovare un fondamento per la contestazione del reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Così come del resto sarebbe senza presupposti il sequestro della nave Open Arms, non essendo gli interrogatori avvenuti in presenza di difensori né di interpreti”.
Così l’avvocato Gaetano Mario Pasqualino, nominato difensore della ONG spagnola.

Quello del sequestro della nave Open Arms della Ong Proactiva – per il legale – “è forse il caso più inquietante dall’inizio dell’operazione di discredito contro le Ong che compiono salvataggi in mare, sopperendo alle mancanze degli Stati“.

Va ricordato che prima del fuoco incrociato di questi giorni contro la Ong spagnola, un’altra nave umanitaria, la Iuventa, della Ong tedesca Judend Rettet, aveva subito un trattamento analogo. L’imbarcazione dei soccorritori tedeschi è sotto sequestro dall’agosto 2017 su mandato della Procura di Trapani per il solo sospetto di “assistenza alla migrazione illegale” e collusione con i trafficanti durante tre diverse operazioni di salvataggio. Nonostante non vi siano accuse nei confronti dell’equipaggio della Iuventa né tanto meno nei confronti dell’organizzazione Judend Rettet, la nave rimane bloccata in attesa dell’udienza della Corte di Cassazione prevista per fine aprile.

Insieme a Pasqualino, avvocato di Progetto Diritti e responsabile dello sportello legale di Catania, ci sono l’avvocata Rosa Emanuela Lo Faro, che difende il comandante della nave e l’avvocato Alessandro Gamberini che difende la capomissione. Al momento la nave Open Arms è sotto sequestro preventivo disposto dalla Procura sulla supposizione di un pericolo di reiterazione del reato e si attende entro dieci giorni l’eventuale convalida del Gip. L’avvocato Pasqualino ha depositato ieri le memorie difensive.

Se non bastasse la considerazione che l’equipaggio della Open Arms ha scelto di strappare 218 migranti, fra cui tanti bambini e persone in condizioni di estrema vulnerabilità, a quelle che l’Onu stessa ha recentemente definito condizioni terrificanti nei centri di detenzione libica, sono tante le considerazioni da fare rispetto all’accusa posta in essere dalla Procura di Catania“, afferma Pasqualino.

Innanzitutto una zona SAR libica non risulta negli atti ufficiali delle Organizzazioni internazionali, né la Guardia Costiera libica ha mai ricevuto l’autorizzazione dagli Organismi marittimi internazionali“, continua l’avvocato che contesta che si possa parlare di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina quando è stata la stessa Guardia Costiera Italiana a chiamare l’Open Arms chiedendole di intervenire e affermando che era l’Italia a dirigere le operazioni di soccorso.
Di tutte le comunicazioni avvenute tra Guardia Costiera libica e Open Arms c’è traccia nelle registrazioni“.

L’avvocato Pasqualino conclude sulla finta diatriba del perché la Open Arms non abbia attraccato a Malta, ma abbia deciso di dirigersi verso nord: “Malta non poteva essere una valida alternativa per lo sbarco. I maltesi, dopo aver aiutato l’equipaggio di Open Arms nelle complicatissime operazioni di soccorso della bambina di appena tre mesi che versava in pericolo di vita, non avevano dichiarato la propria disponibilità né avevano ricevuto la richiesta dalla Spagna. Richiesta che invece l’Italia ha accettato, motivo per cui dopo diverse ore trascorse per la nave tra Malta e Sicilia in attesa di istruzioni, si sono potute finalmente portare le persone soccorse in salvo nel porto di Pozzallo“.

Per Amnesty International l’azione giudiziaria mostra una “pericolosa indifferenza per la decenza comune“.

“Invece di essere criminalizzate per cercare di salvare rifugiati e migranti fuggiti da terribili condizioni di detenzione e da sistematiche violazioni dei diritti umani in Libia, le Ong che salvano vite umane in mare dovrebbero essere appoggiate.
Le autorità italiane stanno ancora una volta chiarendo quale sia la loro priorità: chiudere la rotta del Mediterraneo centrale, con scarso riguardo per le sofferenze che ne deriveranno. L’episodio degli ultimi giorni segna un altro passo avanti in direzione dell’affidamento alla Guardia costiera libica del compito di pattugliare il Mediterraneo centrale. È ora che i governi europei rivedano urgentemente i rapporti con la Libia in materia d’immigrazione. La loro cinica cooperazione con trafficanti, criminali e torturatori deve terminare e la salvezza e i diritti dei rifugiati, dei richiedenti asilo e dei migranti deve diventare la priorità”.

Da quando è iniziata la campagna di diffamazione delle organizzazioni operanti nel Mediterraneo che, guarda caso, è coincisa con la gestazione del codice di condotta imposto poi da Minniti, appare in modo nitido quale sia il passaggio ulteriore. Togliere di mezzo testimoni scomodi per lasciare ai migranti che ancora riescono a partire dalla Libia due possibilità: ritornare ad essere corpi in ostaggio della Guardia costiera libica e dei lager disseminati nel paese o finire annegati senza che nessuno lo sappia. 1

“Dateci i migranti o vi uccidiamo”. La minaccia dei libici alla Open arms

  1. Dall’inizio dell’anno, sulla “rotta Libia-Italia” sono 356 le morti accertate secondo il progetto Missing Migrants https://missingmigrants.iom.int/region/mediterranean

Redazione

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