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Ai Weiwei chiude la sua esposizione danese per protesta contro la legge sulla richiesta d’asilo

David Crouch, The Guardian, Regno Unito

Foto: Rohit Chawla for India Today

L’artista dissidente cinese Ai Weiwei ha chiuso la sua esposizione di Copenhagen per protesta contro una nuova legge che permette alle autorità danesi di requisire gli oggetti di valore dei richiedenti asilo.

Il 58enne, che si trova attualmente sull’isola greca di Lesbo per fare ricerca sulla crisi europea dei rifugiati, ha dichiarato a The Guardian: “I momenti passati con i rifugiati in questi mesi sono stati intensi. Ne vedo arrivare centinaia ogni giorno, bambini, neonati, donne incinte, signore anziane, un bambino con un braccio solo.
Arrivano senza niente, a piedi scalzi, con il freddo che fa, devono camminare sulla costa rocciosa. E poi arriva questa notizia. Mi ha fatto davvero arrabbiare.
Quello che posso fare per protesta è ritirare i miei lavori dal paese. È una cosa molto semplice e molto simbolica – non posso co-esistere, non posso guardare in faccia queste persone e vedere queste scelte politiche. È un atto personale, molto semplice, di un artista che cerca di non limitarsi ad osservare gli eventi, ma di agire, e istintivamente ho preso questa decisione.”

In un precedente post sui suoi account ufficiali di Instagram e Facebook si legge: “Ai Weiwei ha deciso di chiudere la sua mostra, Ruptures, al Faurschou Fondation di Copenhagen (Danimarca). Questa decisione è stata presa in seguito all’approvazione da parte del parlamento danese della proposta di legge che permette la confisca dei beni di valore e allunga i tempi per il ricongiungimento familiare dei richiedenti asilo.”
La mosta aveva aperto in marzo 2015 e avrebbe dovuto chiudersi a metà aprile.

Lo scorso martedì il parlamento danese ha adottato una serie di riforme che mirano a dissuadere i migranti dal chiedere asilo, allungando i tempi per il ricongiungimento familiare e permettendo alle autorità di confiscare i beni di valore dei migranti.
La legge ha provocato lo scandalo internazionale, e molti attivisti per i diritti umani definiscono i rallentamenti nei ricongiungimenti familiari come una violazione delle convenzioni internazionali.

Jen Faurschou, proprietario della Faurschou Foundation di Copenhagen, ha dichiarato a The Guardian: “Quando mi sono svegliato, questa mattina, non mi aspettavo quella telefonata, ma la sua reazione non mi sorprende affatto.
Aveva guardato le notizie durante la notte e voleva reagire. Non ho provato a dissuaderlo. Non si tratta di quale paese fa di più o di meno per i rifugiati, ma dell’importanza simbolica di questa nuova legge
.”

Questo [genere di cose] si sta diffondendo in tutta Europa, e approvando questa legge, noi in Danimarca ne stiamo diventando i capifila.
Per Ai Weiwei, la cosa importante è creare un dibattito e usare la propria voce”, ha detto Faurschou. “Sta diventando europeo, sta prendendo parte a quello che succede qui. Come ha fatto in Cina.
La gente direbbe che non ha alcun potere, ma quando nel 2008 si è dedicato allo scandalo del terremoto, la Cina ha iniziato a fare qualcosa contro la corruzione. Lui ha una voce e la usa. Lo ammiro molto per questo
.”

Ai ha dichiarato: “Ho ricevuto un sacco di critiche dai danesi. Ma io non sto accusando loro, anche altri paesi hanno approvato politiche disgustose.
Ho dichiarato che la nostra società solidamente costituita non può fare eccezioni, e invece abbassa gli standard dei diritti umani e non dà alcun aiuto, morale o economico, ai più sfortunati. È un giudizio molto negativo.

Vengono in questo paese con pochissimi aiuti, vogliono solo semplice dignità umana, senza bombe né paura. Sacrificano tutto per venire in un paese dove nessuno li capisce e che li considera potenziali criminali. Mi fa molto arrabbiare.
Punto il dito contro tutti quei governi che non stanno facendo niente per questa crisi umanitaria. E che non risolvono il problema di come mettere fine a questa tragedia. Non è finita, va avanti. Nessuna nazione può tirarsene fuori
.”

Ai, il più noto artista cinese contemporaneo, ha partecipato alla progettazione dello stadio “Nido d’uccello” per le Olimpiadi di Pechino e ha esposto i suoi lavori in tutto il mondo, ma la sua arte ha spesso infastidito le autorità cinesi.

Nel 2011 rimase in stato d’arresto per 81 giorni per aver sostenuto la democrazia e i diritti umani, e per aver criticato il governo di Pechino. Dopo la detenzione passò agli arresti domiciliari, e gli venne requisito il passaporto. Passaporto che gli è stato restituito solo lo scorso luglio, permettendogli finalmente di viaggiare oltreoceano.

Nella sua mostra di Copenhagen sono esposte alcuni dei suoi lavori più importanti, tra cui “Semi di Girasole”, formata da 100 metri di semi di girasole di porcellana fatti a mano. La mostra espone anche molte delle sue sculture di legno provenienti dai tempi buddisti distrutti durante la rivoluzione culturale cinese.

A inizio anno, Ai ha annunciato di voler creare, a Lesbo, un monumento che mostri la tragica situazione dei rifugiati, idea maturata dopo aver incontrato, sull’isola, alcuni dei molti migranti che hanno rischiato la vita per arrivare in Europa.