Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 29 giugno 2003

Alle spalle rimane Bucarest di Cinzia Gubbini

Dormivano all’aria aperta nei giardini della stazione Garibaldi di Napoli. «Ma non dovete immaginarvi il giardino pubblico, si parla di aiuole, una situazione insostenibile», spiega Annamaria, una delle opertatrici dell’Opera nomadi, la prima associazione ad aver segnalato il problema alle autorià: 200 persone, tra cui molte donne e bambini, completamente abbandonate alla loro sorte. Ma la storia dei 200 rom non parte da Napoli. Per loro ieri notte, chiusi dentro il pullman, con fuori un manipolo di persone impazzite tra cui qualcuno con chiari atteggiamenti violenti, deve essere stata l’ennesima tappa di un viaggio attraverso un’Italia di oggi. Da quanto sono riusciti a capire i ragazzi dell’Opera nomadi, parlando con i rom nelle notti alla stazione, il loro ingresso in Italia risale a qualche tempo fa . Partiti da Kalarash, in Moldavia, passati per l’Italia del nord e piano piano scesi verso il sud, scacciati ogni volta. Lo stesso luogo di partenza, la Romania, è un altro focus interessante. Un punto di vista irrinunciabile per guardare all’Europa unita in costruzione. Ed ecco che dalla storia di un gruppo di persone, assalite e scacciate, si arriva ad avere un’ottica ben più globale.

Il fatto è che dalla Romania partono flussi migratori sempre più consistenti. Non si tratta solo della popolazione rom, ma anche di rumeni che affollano i cantieri edili e le campagne italiane. Di certo i rom sono una parte importante di questo flusso, se non altro perché in Romania abitano 3 milioni di rom, cioè un quarto dei rom europei. Per loro, tuttavia, si tratta di un paese difficile. «Ciò che li spinge a emigrare – spiega Marco Nieli dell’Opera nomadi di Napoli, che sulla situazione dei rom in Campania ha curato un dossier di prossima pubblicazione – è prima di tutto l’estrema povertà. Nei villaggi della Moldavia o dei dintorni di Bucarest, la vita è difficile. Il salario medio di un mese in Romania equivale a un terzo di quello che i rom guadagnano qui quotidianamente esercitando il mangel (la carità) o suonando sui mezzi pubblici». Una realtà stringente.

D’altro canto la Romania è un paese che, a partire dal `90, ha esasperato gli atteggiamenti razzisti nei confronti dei rom. Forse il caso più emblematico è il porgrom di Hadareni. Il 20 settembre 1993 furono uccisi da una folla inferocita tre uomini rom, Aurel Pardalian Lacatus, Rupa Lupian Lacatus e Mircea Zoltan. Dopo l’uccisione dei tre uomini, la folla diede alle fiamme le case dei rom (19 le case distrutte) e tutte le loro propietà. Al di là del «caso Hadareni» è innegabile che in Romania esista una persecuzione strisciante nei confronti dei rom, in un quadro di povertà che riguarda tutta la popolazione. Cose di questo modo, a cui è difficile dare risposta con i «moderni» strumenti della legge Bossi-Fini o delle proposte scaturite dal vertice di Salonicco che decidono – in ultima istanza – di rendere invisibile attraverso la clandestinità qualsiasi situazione scomoda. Come il prefetto di Napoli che ieri, non sapendo più che pesci prendere, avrebbe voluto ricorrere alla «schedatura» dei 200 rom. Una risposta semplice semplice, buona per tutte le occasioni.