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da Il Manifesto del 18 luglio 2004

Asilo negato ai profughi di Cinzia Gubbini

Un assessore e un consigliere regionale picchiati, quattordici dei 37 naufraghi salvati dalla nave tedesca Cap Anamur trasferiti in gran segreto via aerea nel centro di permanenza di Ponte Galeria a Roma, gli altri 22 (uno soltanto è ospitato in un centro di accoglienza) ancora rinchiusi nel centro di identificazione di Caltanissetta. Il loro destino è ignoto: la Commissione speciale che ha esaminato le domande di asilo non avrebbe ancora deciso cosa fare. Forse alcuni avranno un permesso umanitario, di certo nessuno otterrà lo status di rifugiato, come chiedevano. Le ultime battute della vicenda Cap Anamur, che per la prima volta ha posto sotto i riflettori le dinamiche scandalose su cui si basa il riconoscimento del diritto di asilo in Italia (e in Europa), hanno dell’incredibile. Persino l’arrivo ieri mattina a Caltanissetta di una delegazione di rappresentanti degli enti locali, accompagnati dalla deputata dei Verdi Luana Zanella, non è riuscita a ripristinare un minimo di legalità o il rispetto del galateo tra istituzioni che una storia tanto complicata richiederebbe. La delegazione -composta anche da diversi sindaci siciliani – chiedeva di far uscire i profughi dal centro di identificazione offrendo la loro disponibilità ad accoglierli, come aveva proposto l’Arci. Il prefetto aveva concesso soltanto all’assessore del comune di Venezia Beppe Caccia e al consigliere della regione Friuli, Alessandro Metz, di entrare nel centro insieme agli avvocati nominati dagli africani e a due interpreti. Respinta senza tanti complimenti la richiesta di far entrare una delegazione più ampia (i centri di identificazione dovrebbero essere, a norma di legge, semi aperti). I legali, che per la prima volta avevano la possibilità di conferire con i loro assistiti, si sono accorti subito che non esiste un decreto di trattenimento. A quel punto Caccia e Metz hanno definito la detenzione «illegale» e hanno chiesto di liberare i 22 inoltrando una richiesta formale al prefetto.

«Se non li liberano, dormiremo qui dentro», aveva annunciato Caccia. Pochi minuti dopo l’annuncio, gli attivisti che nel frattempo per protesta avevano occupato una parte decentrata del centro, hanno visto i due uscire a bordo di una volante della polizia, lanciata a gran velocità. Hanno pensato che li stessero conducendo in questura. Poi, la verità: Metz era stato aggredito dalla polizia, riportando diversi ematomi e un taglio alla testa, dopodiché, con Caccia, era stato caricato a forza sulla volante che li haabbandonati per strada, con Metz ferito. Sono stati gli attivisti della rete antirazzista a portarlo in ospedale per le necessarie cure. Sulla vicenda sarà presentata una denuncia. Ma non sarà l’unica: si sta infatti pensando di denunciare penalmente le autorità responsabili della serie infinita di irregolarità che hanno caratterizzato la gestione della vicenda Cap Anamur.

Per comprendere qual è il clima che si respira a Caltanisetta è il caso di ripercorrere gli avvenimenti del trasferimento a Roma dei 14 naufraghi che, secondo la Commissione, non hanno i requisiti per ottenere il permesso umanitario. Verso le undici di venerdì sera arriva una telefonata da parte dell’unico richiedente asilo dotato di cellulare. Dice che in quattordici sono stati trasferiti in una stanza senza letti e che l atteggiamento nei loro confronti è cambiato bruscamente. Comincia una girandola di telefonate ai parlamentari nazionali e regionali, mentre i ragazzi della rete antirazzista tornano di corsa a Caltanissetta. Davanti al centro si ritrovano i soliti, tenaci, attivisti che da dieci giorni dormono poche ore a notte e difficilmente si concedono un pasto regolare. Un vicequestore, assicura che, nel centro, tutti riposano: «non si muove foglia». I ragazzi chiedono di incontrare almeno uno dei naufraghi: «dormono» – dice il vice questore». Intanto ai parlamentari viene confermato che è tutto tranquillo. I ragazzi non si fidano, hanno capito che questa vicenda va avanti a bugie. Verso le quattro di mattina arriva un pulmino, si notano dei movimenti: stanno caricando qualcuno. Esce il responsabile della Misericordia che gestisce il centro: assicura che non si tratta dei profughi della Cap Anamur, i ragazzi bloccano comunque le uscite. «Non sono loro, stiamo portando altre persone a Trapani», insiste a dire, ma intanto strattona la gente che blocca il passaggio. Il camioncino riesce a uscire, parte. Solo allora il responsabile ammette: «E’ vero, lì ci sono alcuni di loro», lasciando tutti a bocca aperta.

I quattordici saranno portati a Catania e qui imbarcati su un aereo diretto a Roma. Su quell’aereo c’è anche il presidente della ong Cap Anamur, Elias Bierdel, sembra per una pura coincidenza. Anche lui «ospite indesiderato» nelle regioni Sicilia, Puglia e Calabria, secondo il dispositivo del gip Carlini, e quindi sostanzialmente «espulso». E’ tornato in Germania insieme a tutto l’equipaggio.

Ieri pomeriggio i parlamentari dei Verdi Francesco Martone e PaoloCento, il diessino Falomi e il responsabile immigrazione del Prc, Stefano Galieni, hanno visitato i naufraghi nel centro di permanenza romano Ponte Galeria insieme agli avvocati. «Secondo la Commissione dei quattordici dodici sono sudanesi, uno del Ghana mentre uno proviene dalla Sierra Leone. Ma si sarebbero diretti verso l’Italia non perché in fuga da persecuzioni, bensì per cercare lavoro», racconta Galieni. Ora i legali Sinopoli e Baglioni presenteranno i ricorsi. Il sospetto è che non siano stati immediatamente rimpatriati anche in virtù dell’aria di tempesta che ha investito la Bossi-Fini dopo la sentenza della Consulta.

Ben diversa la situazione dei 22 profughi rinchiusi nel centro di Caltanisseta. Gli avvocati Paggi, Cordaro e Finocchiaro hanno accertato che non hanno in mano neanche un pezzo di carta. «Sono fra coloro che son sospesi – commenta Paggi – di certo sono trattenuti qui dentro in modo irregolare, dicono di aver firmato diversi fogli ma non ne hanno copia. Neanche Kafka sarebbe stato in grado di immaginare una situazione così assurda». La decisione del Viminale, comunque, è stata irremovibile: i 22 restano nel centro. L’obiettivo è, chiaramente, far sì che sulla vicenda cali il silenziatore.