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Le tavole grafiche del Monitoraggio della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni

Assistenza sanitaria – Lo stato di applicazione dell’Accordo Stato-Regioni sull’accesso alle prestazioni sanitarie

Di Paolo Fasano, Responsabile Centro Immigrati del Comune di Ravenna

D’accordo, mi è chiaro, ho questi diritti. Ma sono praticabili?

La domanda che apre questo articolo ci è stata rivolta qualche giorno fa da un cittadino senegalese. Come dargli torto? Sempre più spesso i cittadini migranti non chiedono solo assistenza ai Centri Immigrati comunali per districarsi nella complessità della burocrazia italiana, ma rassicurazioni sull’accessibilità ai diritti riconosciuti.
Storicamente gli sportelli immigrati nascono per volontà di alcuni Enti locali che ritengono che vi sia un’asimmetria nel rapporto tra cittadino straniero e uffici periferici dello Stato, competenti a disciplinarne la condizione giuridica, e pertanto vi frappongono un ufficio, con un ruolo non solo informativo e di orientamento, ma di mediazione.
Oggi sempre di più emerge un’altra frontiera: la necessità di approfondire i procedimenti di competenza degli enti locali e i comportamenti delle Regioni nei confronti di cittadini non italiani. Vi è purtroppo una difficoltà crescente della Pubblica amministrazione a coniugare i diversi livelli di competenza (UE, statale e regionale) e consentire ai cittadini stranieri un corretto accesso ai diritti fondamentali. La deriva è quella di un’applicazione non uniforme dei procedimenti amministrativi su materie essenziali che riguardano la vita di tutti i giorni delle persone (lavoro, salute, prestazioni sociali, etc.), su cui le regioni esercitano una competenza legislativa concorrente, se non esclusiva, e gli enti territoriali, a cascata, le funzioni amministrative. Questo accade a fronte di una polverizzazione della condizione giuridica dei cittadini migranti in una molteplicità di status giuridici differenti, dovuta all’intrecciarsi di una legislazione europea con quella statale non sempre coerente.
I risultati sono la difficile praticabilità dei diritti riconosciuti; l’incertezza e la non uniformità di applicazione dei procedimenti amministrativi; l’elevato contenzioso tra istituzioni statali, locali e cittadini di Paesi Terzi.

L’accordo in materia sanitaria tra Stato e Regioni

L’Accordo tra Stato e Regioni in materia di accesso alle prestazioni sanitarie da parte di cittadini stranieri e dell’Unione, sottoscritto il 20 dicembre 2012 e pubblicato il 7 febbraio 2013 sulla Gazzetta Ufficiale n. 32, suppl. ord. 9, rappresenta un esempio di questa difficoltà e di come sia complesso il tentativo di superarne le criticità.
La tutela della salute è materia di competenza concorrente tra Stato e Regioni, nel senso che lo Stato fissa la cornice giuridica all’interno della quale le Regioni esercitano la potestà legislativa. L’art. 117 c. 3 u. p. Cost. chiarisce che le norme statali in questi casi valgono come principi fondamentali. In un quadro storico – politico di forte contenimento della spesa pubblica e di grave ristrutturazione dei sistemi di welfare questa ripartizione delle competenze ha determinato procedure difformi e differenze sostanziali nell’accesso alle cure in deroga “ai livelli essenziali di assistenza e al principio di equità, specie per i gruppi più vulnerabili1”, non solo tra le Regioni, ma anche nell’ambito di uno stesso territorio regionale o provinciale, tra un‘azienda sanitaria e quella limitrofa.
Per ovviare a queste problematiche nel 2008 viene istituito il Tavolo tecnico interregionale “Immigrati e Servizi sanitari”2 a supporto della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e P.A. Il risultato di questo lungo e straordinario lavoro è un documento3 che in modo organico e sistematico tiene insieme i diversi livelli di competenza, declinando correttamente sul piano giuridico il “federalismo in sanità”, nel rispetto del diritto dell’Unione e dei principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale. Questo documento viene poi approvato dalla Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e recepito nel recente accordo Stato – Regioni.
Pur trattandosi di un documento ricognitivo delle normative vigenti, di fatto produce numerose innovazioni nelle prassi che regolano l’accesso alle cure sanitarie.
Per questo in Emilia Romagna già a marzo le aziende sanitarie dell’Area Vasta Romagna (AVR) e quelle dell’Emilia Nord (AVEN) hanno presentato due documenti manifestando perplessità e chiedendo chiarimenti alla Regione sulle modalità applicative. Nel documento dell’AVR si contano 16 punti sottoposti all’attenzione dei competenti servizi sanitari regionali
Ne segnaliamo alcuni significativi per qualità e quantità della platea di beneficiari cui si rivolgono e perché rendono davvero effettivo l’accesso a questo diritto universale:

1) L’accordo reintroduce il codice X01 per l’esenzione dal pagamento del ticket per gli stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale in condizioni di grave indigenza. La circolare regionale n. 10 bis del 2009 aveva soppresso l’utilizzo del codice per l’esenzione.
L’accordo individua anche gli enti ai quali va richiesto il rimborso degli oneri per le prestazioni erogate ai soggetti privi di risorse, comprese le quote di partecipazione alla spesa eventualmente non versate4. Infatti l’ASL territorialmente competente dovrà richiedere “al Ministero dell’Interno il rimborso relativo all’onere delle prestazioni ospedaliere urgenti o comunque essenziali, per malattia ed infortunio, e cioè quelle urgenti erogate tramite Pronto soccorso e quelle essenziali, ancorché continuative, erogate in regime di ricovero, compreso il ricovero diurno, o in via ambulatoriale” e alla Regione il rimborso relativo all’onere delle prestazioni di cui al comma 3 dell’art. 35 T.U. punti a) – f).
Tra le prestazioni essenziali da garantire a tutte le persone, insieme a quelle urgenti, rientra anche l’assistenza farmaceutica troppo spesso addossata a organizzazioni di volontariato e umanitarie (Caritas, CRI, etc.);

2) Iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Regionale (SSR) del minore comunque presente sul territorio, anche se privo di permesso di soggiorno. Attualmente la tutela sanitaria del minore accompagnato a un genitore che ha in Italia una posizione giuridica e amministrativa irregolare viene gestita attraverso il tesserino STP5. L’accordo chiarisce che convenzioni internazionali e diritto dell’Unione richiedono agli Stati aderenti o membri di garantire parità di accesso al sistema sanitario per i bambini, anche se sprovvisti di documenti. Pertanto deve essere loro riconosciuto la miglior tutela possibile a condizioni di parità con il minore italiano.

3) La possibilità per il cittadino dell’Unione che vuole soggiornare legalmente in Italia per oltre 3 mesi, ad altro titolo rispetto alla condizione di lavoratore, studente o loro familiare, di poter procedere all’iscrizione volontaria al SSR invece di sottoscrivere una polizza sanitaria privata di durata annuale. Si tratta di un’opzione più vantaggiosa per il cittadino europeo, non solo sul piano dei costi, ma soprattutto perché azzera il rischio di mancato rimborso delle spese sanitarie sostenute, tutt’altro che insussistente con le assicurazioni private.

Qual è oggi lo stato di applicazione di quest’accordo6?

La Società Italiana di Medicina delle Migrazioni sta monitorando il livello di applicazione a livello regionale. Emerge ancora una volta un quadro molto frammentato e un accesso alle cure estremamente diversificato. Si rischia così di vanificare la realizzazione degli obiettivi che il Tavolo interregionale si prefiggeva e di incentivare semmai quella “migrazione sanitaria” che porta i cittadini a curarsi in alcuni territori piuttosto che in altri.

Alcune Regioni hanno recepito l’accordo con atto formale: Lazio, Puglia, Calabria, Campania, Liguria e Provincia Autonoma di Trento. Autorevoli associazioni – Avvocati di strada, ASGI – ritengono però che esso non necessiti di un atto di recepimento da parte delle Regioni ai sensi dell’art. 4 dlgs. 281/97: gli accordi conclusi in seno alla Conferenza Stato – Regioni si perfezionano con l’assenso espresso dei Presidenti di Regione, delle Province Autonome di Trento e di Bolzano e dei rappresentanti del Governo. Pertanto con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale si intendono già in vigore.
Il silenzio della Regione insieme alla non applicazione dell’accordo possono però ingenerare nel cittadino la convinzione che per accedere a questi diritti fondamentali sia necessario avviare un contenzioso. Se passasse questo messaggio rappresenterebbe un grave segnale di disgregazione amministrativa, una mina per l’autorevolezza delle istituzioni e la coesione sociale.

  1. Dal documento dell’ODS PF Ricerca, Innovazione, formazione / Ars Marche (http://ods.ars.marche.it)
  2. Promosso dall’Osservatorio sulle disuguaglianze nella Salute della Regione Marche (ODS) in seno alla Commissione Salute, costituita dagli Assessori alla Salute delle regioni e P.A., si è avvalso della collaborazione diretta dei referenti del Ministero della Salute e della consulenza specialistica di esperti e enti scientifici quali la Società Italiana di Pediatria, la Federazione Italiana Medici Pediatri, la Società di Medicina delle Migrazioni, etc.
  3. “Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle regioni e province autonome italiane”.
  4. Il Ministero della Salute ha stanziato 30 milioni di euro per la tutela della salute degli stranieri extracomunitari privi di permesso di soggiorno.
  5. Acronimo per straniero temporaneamente presente.
  6. Resta fuori dall’accordo la risoluzione delle problematiche relative al pagamento del ticket per i cittadini dell’Unione non legalmente soggiornanti e in condizioni di grave indigenza, non risolvibile con il solo diritto interno. Se infatti è possibile prevedere per i cittadini stranieri modalità precise di rimborso delle spese sostenute dalle aziende sanitarie, per i cittadini dell’Unione gli enti competenti sono gli stati membri di cittadinanza almeno nei primi 5 anni di soggiorno legale in altro stato dell’Unione. Un’equiparazione con il cittadino straniero è auspicata dalla stessa circolare del Ministero della Salute del 19 febbraio 2008 n. DGRUERI/II/3152-P/1.3.b/1: “Ferme restando le competenze in materia sanitaria di spettanza regionale, si è del parere che il decreto legislativo 30/2007 debba essere ammortizzato con le norme di principio dell’ordinamento italiano che sanciscono la tutela della salute e garantiscono cure gratuite agli indigenti (art. 32 Cost.), dai cui principi discende il carattere solidaristico e universale del Servizio Sanitario nazionale.”. La stessa circolare richiede che “Di tutte queste prestazioni dovrà essere tenuta, da parte delle ASL una contabilità separata, da cui risulti l’identità del cittadino comunitario e le prestazioni ricevute, di cui si terrà conto per l’azione di recupero e negoziazione nei confronti degli Stati competenti in sede comunitaria o diplomatica. In particolare sono in corso con le autorità sanitarie dei Paesi neocomunitari trattative per una più opportuna regolamentazione delle procedure e dei rapporti contabili relativi alla mobilità sanitaria internazionale”.