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Aumentano i rientri dei rifugiati dalla Grecia: “Se per loro le nostre vite non sono importanti, preferisco tornare indietro”

Fabiola Barranco Riaza, Desalambre (El Diario) - 7 settembre 2016

La pressione tra i rifugiati aumenta. L’Europa ostacola l’entrata a migliaia di persone che fuggono dagli orrori della guerra e l’oppressione nei paesi come Iraq, Siria e Afghanistan. Davanti alla chiusura delle frontiere nei Balcani, sono migliaia le persone che rimangono intrappolate in Grecia: 51.362, secondo Acnur (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati). Dopo mesi di attesa e difficoltà, molti si vedono obbligati a tornare nei loro paesi d’origine.

Secondo gli ultimi dati raccolti dall’Organizzazione Internazionale per le migrazioni in Grecia, quest’anno, sono 5.560 le persone che hanno richiesto il rientro volontario, delle quali 4.183 sono già tornati ai loro paesi d’origine sotto questo programma che, tra le altre cose, include le spese del rifugiato. Una cifra che supera le uscite effettuate in tutto il 2015: 3.794.

Questa volta, il viaggio di ritorno non comporta né rischiare la vita in mare, né investire tutti i propri risparmi – in molti casi, anche perché non si ha più niente -. Ritornano carichi di frustrazione, dopo essere stati per interi mesi nei campi in Grecia, dove il desiderio di ricominciare una vita dignitosa e il diritto d’asilo viene stroncato.

Ora il viaggio è in aereo e senza sostenere ulteriori spese, sotto il programma di rientro volontario che offre l’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (IOM), un’istituzione di carattere intergovernativo che conta più di 165 Stati membri, spagnolo e greco inclusi.

Così ha fatto Abdual Karem per tornare in Iraq. Questo padre di famiglia di soli 23 anni, è stato costretto a fuggire dalla costante minaccia dello Stato Islamico (ISIS) sulla comunità yazidì, alla quale appartengono lui, sua moglie e i suoi tre figli. In Europa non cercavano solo pace e tranquillità, ma anche un posto dove le loro figlie, Majed (6 anni) e Karina (3 anni), entrambe affette da paralisi celebrale, potevano essere curate.

Ma non lo hanno trovato. La famiglia è passata per Trikala, il Pireo e Skaramagas, tre diversi campi del paese ellenico. Dall’ultimo campo, si fece ascoltare attraverso un video che pubblicò l’organizzazione galiziana Causas Comuns sulla sua pagina Facebook, dove ha raccontato il loro viaggio per arrivare sul suolo europeo.
Abbiamo richiesto il rientro volontario in Iraq, sperando ancora che qualcuno ci possa aiutare; che ci concedano asilo in qualsiasi paese e togliere le mie bambine da quest’inferno”, spiegava Karem, insieme a Devin, mentre tengono le due piccole in braccio e sotto lo sguardo di Karem, l’altro figlio della coppia.

Quindi “aspettava che l’umanità saltasse fuori”, ma le sue parole presagivano già il proprio futuro: “Se per loro le nostre vite qui non sono importanti, preferisco tornare indietro”, diceva.

Dopo la promessa dei paesi dell’UE di ricollocare dalla Grecia e dall’Italia 160.000 rifugiati, firmata un anno fa, per adesso si sono spostate solo 4.519 persone (.pdf).
Il messaggio di Karem è giunto ad alcune organizzazioni e volontari spagnoli che si sono adoperati nell’appoggio e nel sostegno della famiglia, aiutandoli economicamente, specialmente per coprire le cure dei bambini.

Il collettivo Bienvenidos Refugiados Canarias ha ottenuto un incontro con la direttrice generale delle Politiche Sociali e Immigrazione delle Canarie, Carmen Acosta, e il direttore generale di Infanzia e Famiglia, Mauricio Rocque, con l’intenzione di presentare richiesta di asilo per questa famiglia altamente vulnerabile, al governo canario.

Nonostante tutti gli sforzi delle ONG spagnole, la velocità del programma di rientro volontario della OIM ottenne finalmente il permesso dalla lenta burocrazia spagnola.
Adesso sono in Iraq. Soffro di problemi psicologici dovuti alla difficile situazione che viviamo. Siamo un’altra volta vicino alla guerra che provoca l’ISIS. Qui non c’è futuro, né dottori, né nessuna associazione che aiuti la mia famiglia. Mi pento di essere tornato in Iraq, ma spero di poter tornare in Europa, anche se ho perso tutta la mia speranza in Grecia”, spiega Karem a eldiario.es.

“Molti, e disperati, preferiscono tornare”

Fàtima Martìnez, attivista e giornalista dell’Extremadura (una regione a sud-ovest della Spagna n.d.R), condivise con la famiglia i giorni prima del loro ritorno in Iraq. Da allora non ha perso il contatto con loro, e sottolinea il pentimento e la disperazione che dimostra Karem.

Sempre più persone stanno tornando perché la OIM lo fa sembrare facile: gli fanno due esami medici, li portano in un hotel per qualche giorno e poi gli pagano il volo”, spiega Fàtima.

In alcuni campi – come in quello de Eleonas, che funziona sotto gestione militare e governativa -, appendono all’entrata dei cartelli informativi in varie lingue per sollecitare il rientro attraverso la OIM. Non viene fornita nessuna informazione sulle richieste d’asilo in altri paesi.

Saleem da tre anni vive nei campi per i rifugiati. Prima in Iraq e adesso in Grecia. Anche lui è amico di Karem, al quale ha provveduto dall’inizio del suo soggiorno nel paese greco. Anche lui riconosce che “molti rifugiati sono disperati e preferiscono tornare indietro”.

Condivide la storia del suo compagno Dlman Barjas, di 17 anni, che si ritrova solo a Skaramagas da quando arrivò in Grecia il 12 Marzo. Agli inizi di Agosto si registrò nella lista di persone che, dopo aver esaurito forze e risorse, decidono di tornare ai loro paesi d’origine.

Sono venuto solo per aiutare la mia famiglia a venire in Europa”, spiega. Dopo la delusione di non poter andare avanti, il giovane lancia un messaggio ai governi europei, ai quali chiede che “non dicano che esistono i diritti dei rifugiati”. “Ho perso 30.000 dollari per arrivare nella vostra terra, ma non ho visto un briciolo d’umanità”, dichiara. Quando farà ritorno, si riunirà coi suoi cari, con la consapevolezza che lì in futuro è incerto.

“Afghani, iracheni e iraniani: quelli che ritornano di più”

Afghanistan, Iraq, Iran e Pakistan sono i paesi nei quali ritornano in molti. Tutte queste nazionalità sono quelle che si incontrano più frequentemente tra i migranti che viaggiano fino alla Grecia attraversando l’Egeo in mancanza di vie sicure, per richiedere asilo e rifugio in Europa.

Mercoledì scorso, l’ONU ha lanciato un appello per raccogliere fondi per la crisi umanitaria in Afghanistan: stima che prima della fine dell’anno si saranno circa più di 1.100.000 sfollati interni, tra di loro 400.000 per il conflitto con gli insorgenti dentro il paese e circa altri 600.000 provenienti per la maggior parte dal Pakistan.

I siriani non sono ammissibili per il programma di rientro volontario, perché nessuno può garantire la loro sicurezza in Siria”, spiegava nel mese di giugno Efe Cristina Nikolaidu, responsabile della comunicazione dell’OIM.

In territorio greco, le porte sono chiuse e la pazienza di molti rifugiati si trasforma in disperazione. Secondo l’UNICEF, solo il numero dei bambini rifugiati e migranti intrappolati in Grecia è salito a 27.500.

In Spagna, il piano di rientro volontario esiste, ma come spiega Eva Baldès, assistente delle operazioni della OIM nel nostro paese, “il profilo standard della gente che se ne va, corrisponde ai migranti di origine latinoamericana, o gente che non vuole vivere in una situazione d’irregolarità amministrativa”. Nonostante tutto, “il 90% dei beneficiari sono migranti in alto pericolo di vulnerabilità”, spiega.