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Basta ipocrisia! Rapporto di Medici senza Frontiere sul lavoro stagionale dei migranti

Intervista a Loris De Filippi di MSF

Questo rapporto è il frutto di una ricerca che è stata condotta da un’equipe di medici e non solo, dall’aprile al dicembre del 2004, sui lavoratori stagionali migranti impiegati nell’agricoltura nelle regioni della Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia.
Ciò che emerge dal rapporto è una forte ipocrisia da parte dello Stato, che si sente forte e incontrastato di fronte all’immigrazione cosiddetta clandestina, grazie ai nuovi dispositivi di sicurezza e soprattutto ai CPT, ma che allo stesso tempo tollera il gran numero di migranti disposti a lavorare nei campi del sud Italia, perchè arricchisce così i latifondisti italiani.
L’esigenza di questa ricerca è nata dopo che un gruppo di medici è entrato in contatto con alcune realtà nella provincia di Siracusa e di Foggia, in cui hanno incontrato un gran numero di migranti che lavoravano nelle campagne con uno stipendio da fame e costretti a vivere in condizioni disumane.
Migranti costretti a vivere in case diroccate, o ammassati in una stanza pagando affitti alti senza acqua corrente ed elettricità, portandoli così ad ammalarsi e a non potersi permettere cure adeguate.
Il dato raccapricciante è che la maggior parte delle persone impiegate nei campi delle campagne del sud d’Italia sono in maggioranza richiedenti asilo, rifugiati politici, migranti con regolare permesso di soggiorno, assunti in nero, e senza alcuna possibilità di sperare in qualcosa di meglio.
Dalle valutazioni fatte, emerge, che mettendo a confronto il numero di migranti che ogni giorno lavorano nei campi, con le quote stabilite dal decreto flussi per queste regioni, le quote ovviamente non sono sufficienti. Di fatti lo Stato non è disposto a concederne di più a causa dell’alto tasso di disoccupazione nel sud dell’Italia e ciò non fa certo sperare ai migranti di poter ottenere la possibilità di ottenere un regolare permesso di soggiorno per lavoro stagionale.

Da questo si può dedurre che il sistema delle quote del decreto flussi è inadeguato e non è in grado di far fronte all’emergenza dell’immigrazione, soprattutto dal momento che il Governo è consapevole di ciò che sta accadendo più a sud di Roma, ma finge di non vederlo.
Questo problema, ma soprattutto queste riflessioni, non sono rivolte solamente a chi burocraticamente si occupa di immigrazione, ma deve riguardare tutta la società civile che a volte ignora ciò che accade sotto i propri occhi.

Ascolta l’intervista a De Filippi

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Domanda: Alla fine del 2003 è stato pubblicato il vostro rapporto sui CPT; come è nata l’idea di questa nuova inchiesta?

Risposta: L’idea è nata in maniera parallela. Il CPT è uno dei fenomeni tristi che abbiamo notato in questi anni, che riguardano la deterrenza per il fenomeno dell’immigrazione. Il lavoro degli stagionali riguarda un’imbarazzante ipocrisia della politica e di come viene gestito il fenomeno dell’immigrazione. Se da una parte si chiudono gli occhi fingendo di avere una politica forte riguardo alla deterrenza, dall’altra si lascia passare un discreto numero di persone che si occupano dei nostri campi e dell’incremento del prodotto interno lordo nei nostri latifondi del sud.

D: Quali sono le ragioni che vi hanno portato a studiare il fenomeno in quella particolare area geografica?

R: Nel giugno, luglio del 2003, siamo venuti in contatto con la realtà di Cassibile nella provincia di Siracusa e con quella di Stornare in provincia di Foggia, e abbiamo trovato un numero consistente di persone, molte delle quali richiedenti asilo, che venivano sfruttate nei campi e vivevano in condizioni indicibili, una vera e propria situazione di degrado. Da lì abbiamo voluto analizzare la situazione in maniera più metodica e quindi abbiamo pensato di mettere in piedi un’equipe di professionisti, medici e non solo, che contestualmente a delle attività di tipo medico, si occupavano di registrare alcuni dati sulle condizioni di vita dei migranti. Da questo lavoro, fatto su 770 persone è emerso un rapporto molto importante. Il campione preso in esame è significativo, se pensiamo che delle stime dicono che circa 12.000 persone lavorano irregolarmente nell’agricoltura, e parliamo di migranti, e poi perché i risultati di questo studio ci hanno dato uno spaccato che nemmeno noi pensavamo. Le persone hanno uno stato giuridico vario: il 50% presenti regolarmente; il 20% sono richiedenti asilo; alcuni sono rifugiati e hanno il permesso umanitario; e di queste persone più del 70% vivono in situazioni che non possono essere considerate abitazioni. In questa percentuale c’è un 30% che paga un affitto per vivere in spazi sovraffollati e in spazi indecenti, che vengono affittati ad un prezzo notevole. Il 40% non dispone di bagni, il 50% (dato catastrofico, secondo me) non dispone di acqua corrente nel posto in cui vive; il 30% non ha elettricità. Il salario percepito da queste persone li fa flottare sotto la soglia di povertà e la condizione di salute è grave. Persone dalle 18 ai 45 anni che incarnano nell’immaginario di ognuno di noi il concetto di salute, in realtà non sono per niente sane; si ammalano in pochissimo tempo dal loro arrivo in Italia e l’intervallo di benessere, quello cioè che intercorre dal momento dell’arrivo al momento in cui si ammalano, si sta accorciando in maniera progressiva. Per rafforzare questo discorso, l’accesso alle cure per queste persone è un miraggio, perché nonostante ci sia una legge che dovrebbe garantire e tutelare l’accesso alle cure sanitarie alle persone, in realtà, per tutta una serie di motivi non avviene, e le poche cure mediche sono sintomatiche che non vanno a curare la causa del problema, ma il sintomo.
Inoltre ci sono tutta una serie di racconti drammatici che vanno ad arricchire questo studio, come la raccolta anche di immagini fotografiche e addirittura la volontà di produrre un film, per uscire tutti dall’ipocrisia che non tocca solo il Governo, le istituzioni, gli enti di tutela, i sindacati, ma tutta la società civile e anche i consumatori, perché molto spesso siamo inconsapevoli consumatori che si cibano del frutto finale che è raccolto con sudore, fatica, disagio, e credo che queste siano cose molto importanti.

D: La condizione giuridica degli stagionali ci porta a fare delle valutazioni riguardo le quote stabilite dal decreto flussi per i lavoratori stagionali, soprattutto nel sud Italia, dal momento che sono molto basse le quote stabilite.

R: Il meccanismo delle quote si basa su un principio assurdo che è quello di accostarle al tasso di disoccupazione, quindi non servono le tante quote per i lavoratori stagionali. In realtà tutti sanno bene che il sud pullula di lavoratori stagionali, che le persone arrivano in maniera irregolare e vengono trattate sotto costo. Questo dimostra che il sistema delle quote è fallimentare per come è concepito e quindi, secondo me, ci deve essere una presa di coscienza e soprattutto delle condizioni strutturali a lungo periodo che non suggeriamo perché non abbiamo né mandato, né competenza, ma vogliamo andare al di là di situazioni emergenziali per questa estate, vorremmo che ci fosse un ripensamento complessivo della politica dell’immigrazione.