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Bologna – Non si balla sui morti di Lampedusa, contestato il Festival filo-regime

Contestata l'inaugurazione del Festival. Domani appuntamento ore 17 in Piazza Maggiore

Forse 366 morti non sono bastati a far capire all’Italia che il popolo eritreo è sotto una dittatura violenta e sanguinaria. Lo hanno urlato per ore i cittadini eritrei arrivati da molti paesi d’Europa davanti all’ingresso dell’Arena Parco Nord per impedire che il Festival filo-regime potesse svolgersi indisturbato e con l’appoggio dell’amministrazione locale di Bologna.

Davanti alle bare di cartone e alle immagini del molo di Lampedusa che ricordano che ogni giorno chi sopravvive al regime di Afewerki deve anche scampare alla brutalità delle frontiere, il Coordinamento Eritrea Democratica ha dato vita ad un presidio di comunicazione. Indirizzato ai sostenitori del Governo Eritreo certamente, ma una lezione preziosa anche per le istituzioni italiane, incapaci di prendere le distanze da un regime che, tra le altre cose, impone ai giovanissimi di prendere parte ad una guerra perenne punendo il rifiuto con la tortura e la pena capitale.

Dal sound system, allestito con l’intenzione di far sentire il proprio rifiuto all’interno del Festival dove nel frattempo si festeggiava l’arrivo delle autorità eritree, si sono susseguiti per ore slogan di denuncia alla dittatura, attraverso le testimonianze di tutti coloro che sono arrivati in Italia dopo aver subito violenze ed abusi terribili frontiera dopo frontiera e paese dopo paese attraversati illegalmente. Torturati fino alla morte nel Sinai dai mercanti di uomini difesi dalle polizie di Egitto e Israele che chiedono alle famiglie d’origine di pagare il prezzo del riscatto, imprigionati per mesi nei campi di detenzione in Libia, spinti su barconi insicuri per attraversare il Mediterraneo. Questo significa scappare dall’Eritrea, raccontano, ciononostante sono almeno 4mila le persone che quotidianamente affrontano questa odissea pur di abbandonare il paese.

Davanti al cordone in assetto antisommossa delle forze dell’ordine schierate di fronte alle immagini delle bare allineate a Lampedusa, condividiamo insieme l’indignazione per l’arroganza di un apparato “corrotto, violento e mafioso” che continua a ricevere l’appoggio delle istituzione italiane. Appoggio che diventa evidente quando dalla Polizia viene chiesto di spegnere l’amplificazione poiché disturba le attività all’interno del Parco Nord. Immediata la reazione di rabbia, si alzano i decibel delle casse e viene mandato un messaggio chiaro ai sostenitori del regime: La nostra voce resta forte anche di fronte alle vostre minacce!

Le mobilitazioni continuano anche domani.
Sabato 5 luglio ore 17, Piazza Maggiore – Discussione pubblica con la città


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