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Bolzano – Un’azione solidale perchè nessuno sia lasciato in strada

Domenica 2 aprile Bozen Accoglie promuove un'iniziativa di sensibilizzazione e solidarietà in occasione della chiusura dei centri dell'emergenza freddo

Il sistema di accoglienza italiano è (fortunatamente) caratterizzato da una serie di esempi e di pratiche che funzionano a dimostrazione che accogliere non significa solo ospitare per un periodo ma costruire nuove comunità solidali e multiculturali.
Una delle città più a nord d’Italia, e tra le più ricche d’Europa, Bolzano, continua ad essere capofila di un’accoglienza pietosamente istituzionale ed emergenziale, fredda, a tratti disumana.
Da circa una settimana stanno chiudendo i centri per l’emergenza freddo presenti nel capoluogo altoatesino e il rischio di trovarsi quasi 200 persone per strada, tra le quali molti minori, si sta oramai materializzando in realtà. Il sindaco di Bolzano, Renzo Caramaschi, dopo aver tergiversato per mesi, usa la classica narrazione tossica tanto cara al PD, profugo uguale degrado, rilanciando così un rafforzamento della sicurezza dei parchi cittadini con la speranza che le persone in strada “cominceranno a spostarsi verso altre città“. Quindi, per il momento, niente adesione al progetto SPRAR – come invece sta facendo Merano – e pugno di ferro contro i cosiddetti “fuori quota”, ovvero quei richiedenti asilo che non sono inviati dal Ministero nel piano di ridistribuzione nazionale, ma arrivano nel capoluogo autonomamente e qui fanno richiesta di protezione internazionale. E porte chiuse e altrettanto pugno di ferro ai migranti in transito costretti a fermarsi a Bolzano dopo essere stati respinti al confine con l’Austria.
Bozen Accoglie, gruppo che contiene una serie di realtà attive sul territorio per un’accoglienza degna, ha risposto così alle vergognose dichiarazioni della giunta comunale:
“Molte delle “120-130 persone” ospitate per la notte nelle strutture deputate all’Emergenza freddo, hanno diritto, fino al termine dell’iter della loro domanda di Protezione Internazionale, in base al D.Lgs 142/2015, all’accoglienza in una struttura idonea.
Negli scorsi mesi, ad opera proprio del Comune, sono stati istituiti e sviluppati dei tavoli di lavoro che hanno identificato nello SPRAR (il Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) una possibile via per uscire dalle criticità attuale, peraltro senza spendere risorse locali, ma attingendo a risorse statali ed europee già stanziate. Peraltro, l’adesione al sistema SPRAR non significherebbe la necessaria attrazione di numeri maggiori o diversi da quelli già previsti dalle cd. quote, come temuto dal Comune di Bolzano: si tratterebbe, invero, finalmente di organizzare e prevedere, in senso più umano ed anche più coerente con la disciplina della protezione internazionale, contesti più piccoli ed umani di accoglienza. A beneficiarne non sarebbero solo gli stessi richiedenti, che potrebbero finalmente uscire da strutture sovraffollate, dai containers e godere di un’accoglienza non emergenziale, ma anche la città, grazie ad un sistema di welfare integrato, che in ultima istanza porterebbe migliorie per tutta la comunità. L’adesione allo SPRAR vuol dire anche e soprattutto “trasparenza” nella gestione delle strutture ed “oculata e monitorata” spesa delle risorse pubbliche, poiché sono previste opportune misure di monitoraggio sullo stesso: concetti ancora oscuri nella confusa situazione dell’accoglienza bolzanina, dove si preferiscono gli affidamenti diretti all’indizione di trasparenti bandi pubblici (si pensi all’imminente incarico per la mensa di Piazza Verdi per il pranzo, all’Info Point e alla struttura deputata all’emergenza in Stazione). Dall’attuale situazione non ne trae beneficio nessuno, a parte alcuni “imprenditori dell’emergenza”: né i richiedenti asilo, né i cittadini di Bolzano, né le istituzioni locali, che si fanno solo portabandiera agli occhi dell’Italia e dell’Europa di un sistema di malagestio del fenomeno migratorio, condannando in tal modo Bolzano a rimanere imbrigliata in un miope sistema che si fa a fatica a chiamare di “accoglienza.”
Bozen Accoglie, inoltre, grazie alla esperienza sul campo e alla rete di cittadini e associazioni che in questi anni hanno tamponato la mancanza di un piano istituzionale di intervento complessivo “stigmatizza inoltre come superficiale e grave il continuare, anche ad opera degli organi di stampa, ad associare le persone rifugiate e richiedenti asilo ad un supposto rischio di deficit relativo alla sicurezza del territorio urbano. Da anni, lavorando a fianco di queste persone, possiamo testimoniare come i rari episodi di tensione siano attribuibili alla situazione assurda ed indegna – strutture degradate, relazioni che non favoriscono l’inclusione, l’empowerment e la fiducia, riproposizione di dinamiche di potere che non fanno altro che aumentare il livello di conflittualità – dei contesti in cui si trovano da molto tempo, che non fa che inverare e rendere palese come il sistema d’accoglienza istituzionale stia fallendo il suo obiettivo.
Il problema “sicurezza e decoro” viene favorito dalla mancanza di soluzioni politiche umane e coraggiose e dalla perseveranza di gravi errori in fase di programmazione politica”.

Proprio per questi motivi, e per rimarcare le gravi mancanze istituzionali, è nata l’idea di promuovere un’azione di sensibilizzazione e solidarietà. Bozen Accoglie lancia un appello alla cittadinanza per ritrovarsi domenica sera 2 aprile in un luogo pubblico cittadino con un sacco a pelo. Un azione solidale per denunciare le vergognose condizioni in cui si trovano centinaia di persone in una città ricca e tracotante!

Matteo De Checchi

Insegnante, attivo nella città di Bolzano con Bozen solidale e lo Spazio Autogestito 77. Autore di reportage sui ghetti del sud Italia.
Membro della redazione di Melting Pot Europa.