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CIE Ponte galeria – Le sbarre più alte

Rapporto di Medici per i Diritti Umani sul centro d’identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma

Le conclusioni di questa indagine confermano quanto rilevato dai tre precedenti rapporti di Medici per i Diritti Umani (MEDU): il CIE di Ponte Galeria si dimostra una struttura inefficace per i suoi scopi dichiarati (secondo i dati forniti dalla Prefettura, nel 2011 su 2.049 transitati nel centro solo il 39% è stato effettivamente rimpatriato, mentre sono stati ben 265 gli stranieri che sono riusciti ad allontanarsi dal CIE), costosa e congenitamente incapace di garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona. Le stesse considerazioni possono essere estese al sistema dei CIE in generale come indicano in maniera sufficientemente oggettiva, sistematica e coerente le indagini più significative realizzate da attori indipendenti e istituzionali nel corso degli anni e come sostanzialmente confermano i primi dati del 2011 sul rendimento dei CIE a livello nazionale e le visite recentemente effettuate da MEDU in altre strutture (Bologna e Torino). Un sistema, quello dei centri di identificazione ed espulsione, che in base ai dati oggettivi (nel 2010 gli stranieri effettivamente rimpatriati attraverso i CIE sono stati appena lo 0,7% del totale dei migranti in condizione di irregolarità che si stima siano presenti nel nostro Paese) si dimostra di scarsa rilevanza nel contrasto dell’immigrazione irregolare.

Il diritto alla salute per i trattenuti appare ancora meno garantito che in passato in ragione del fatto che l’ente gestore del CIE romano è in grado di assicurare solo un’assistenza sanitaria di primo livello, che il personale sanitario della ASL non ha accesso al centro e che il periodo massimo di trattenimento è stato prolungato a 18 mesi. Il caso clinico riportato in questo rapporto dimostra poi come i gravi ritardi nel percorso diagnostico-terapeutico accumulati nel circuito carcere-CIE possano comportare delle serie conseguenze sugli esiti e sulla prognosi di una malattia progressiva come, ad esempio, una neoplasia maligna. Le numerose testimonianze e i dati raccolti delineano in modo ancor più evidente che in passato i tratti oppressivi di un nuovo tipo d’istituzione totale chiusa al mondo esterno, luogo generatore di violenza e di esclusione. In questo senso, il prolungamento a 18 mesi del trattenimento sembra aver contribuito unicamente ad esacerbare gli elementi di violenza e disumanizzazione di queste strutture. Un sistema che dunque sembra essere deputato non tanto ad identificare ed espellere quanto piuttosto a sorvegliare e punire.

MEDU ritiene che le criticità ripetutamente rilevate nel corso degli anni sulla natura e il funzionamento dei CPTA/CIE abbiano una tale rilevanza e pervasività da rendere indispensabili e urgenti sia l’abbandono dell’attuale sistema di detenzione amministrativa, sia l’adozione contestuale di strategie di gestione dell’immigrazione irregolare più razionali, articolate e rispettose dei diritti fondamentali della persona.

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