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CPT Bologna – Le rivolte dei detenuti nel “cpt modello”

Libertà negate nell'anniversario del 25 aprile

Il presidente della Confraternita della Misericordia Daniele Giovanardi ha di recente avviato una campagna pubblicitaria – con tanto di distribuzione di cataloghi policromi e patinati – sulla buona gestione dei Cpt di Bologna e Modena.
Il CPT a marchio Misericordia viene presentato come “risorsa nel territorio”, struttura all’avanguardia nel rispetto dei diritti umani delle persone “ospitate”, che ricevono accoglienza, cure, istruzione e addirittura fraterno affetto.
Le trenta pagine fungono da catalogo dei servizi offerti dalla Misericordia nel settore Detenzione Immigrati (assistenza sanitaria, assistenza legale, mediazione, culturale, mediateca) e sostengono che grazie a Misericordia è possibile coniugare rispetto dei diritti ed accoglienza con detenzione e privazione della libertà personale, integrazione con espulsione.

Necessità di difendersi dall’accusa di “carcerieri” e “mercenari”, proveniente da movimenti e da cittadini o urgenza di difendersi dalla concorrenza di altre cooperative che ugualmente si dichiarano umanitarie?
Da un lato le contestazioni e le iniziative dirette contro i gestori dei CPT sono aumentate e si sono moltiplicate in territori diversi (l’ultima contro la Misericordia risale allo scorso 4 dicembre), dall’altro la gestione delle strutture di detenzione dei migranti è un business destinato ad essere sempre più consistente, nonostante la vittoria elettorale dell’Unione. Infatti sono almeno sette gli esistenti CPT che a breve dovranno allestire servizi ed infrastrutture per l’identificazione dei richiedenti asilo, senza contare i costi aggiuntivi del processo di “superamento” dei Cpt promesso dal centro sinistra nel proprio programma di Governo, un vero mistero la cui unica certezza è la non chiusura dei CPT.

Quale che sia l’obiettivo della divulgazione della brochure promozionale sui Cpt modello, certamente la rivolta di ieri ridicolizza gli sforzi di immagine di Misericordia, che si è detta disponibile anche ad “aprire le porte per ogni verifica da parte della libera stampa”.
Tra le altre cose, la vicenda di ieri al Cpt di Bologna evidenzia proprio l’assoluta mancanza di informazione libera: come spesso accade rispetto all’argomento dell’immigrazione, le notizie riportate dai media sono basate su dispacci di Questura e di Prefettura, in base ai quali si ricostruiscono i fatti.
Nello specifico si legge quindi di 10 poliziotti feriti, vittime di un’aggressione definita “pestaggio”. I detenuti, su alcuna stampa sempre definiti “clandestini”, sono ritratti nel gesto di brandire spranghe e sfasciare la mobilia. La versione dei migranti non si conosce mai, in primo luogo perché i Cpt sono vietati alla stampa e sono impermeabili ad inchieste, in secondo perché quei migranti sono clandestini e come tali sono colpevoli a priori.
Da alcune ricostruzioni il tentativo di fuga sembra essere la motivazione che ha scatenato la rivolta, in altre la contestazione del regolamento. Ancora una volta, nella verità oggettivata degli articoli di cronaca, il desiderio di fuga di queste persone è equiparato ad un reato, mentre la protesta e la rivolta diventa mancanza di disciplina, capriccio e cattiva condotta, tutti atteggiamenti violenti che non solo giustificano la repressione, ma la meritano.
Contro di loro si scatenerà ora la repressione più dura, dieci detenuti sono stati già arrestati e rinchiusi nel carcere di Bologna.
Per loro chiediamo amnistia e documenti, perchè dopo la clandestinità forzata dalla legge, la reclusione nel centro di permanenza temporanea è la violenza che hanno subito, mentre quella che forse hanno dovuto praticare è l’unico mezzo che questo sistema ha lasciato loro per esprimere bisogni, volontà e verità nel giorno della Festa della Liberazione dell’Italia dalla dittatura nazi-fascista.

Neva Cocchi