1. Da anni il Parlamento europeo sollecitava “ gli Stati membri a risolvere il problema dei campi, dove manca ogni norma igienica e di sicurezza e nei quali un gran numero di bambini rom muoiono in incidenti domestici, in particolare incendi, causati dalla mancanza di norme di sicurezza adeguate”. Il Parlamento europeo sollecitava anche la Commissione ad adottare iniziative volte all’inclusione, al contrasto dell’integrazione, alla protezione sociale delle comunità rom, considerate come gruppi vulnerabili anche a causa del loro spostamento da uno stato ad un altro, e dunque della loro presenza in uno stato diverso da quello di origine, pure quando il loro insediamento si può considerare ormai stabile. L’Unione Europea ha stanziato oltre dieci miliardi di euro per fronteggiare il problema della discriminazione e dell’esclusione dei rom. Sono però gli stati che avrebbero dovuto adottare misure che, avvalendosi delle risorse stanziate dall’Unione Europea, affrontassero le questioni dell’accesso al lavoro, del diritto all’alloggio, del diritto/dovere di istruzione del minore, della copertura sanitaria e della tutela nel caso di infortuni, materie nelle quali l’Unione Europea non ha competenze dirette. Mentre in altri paesi europei, tra mille contraddizioni, si sta cercando di fare uscire la “questione rom” dalla logica dell’emergenza e della repressione penale, magari anche dietro la formula ipocrita dei rimpatri volontari, in Italia si procede ancora sulla base delle ordinanze di emergenza e degli sgomberi forzati, una emergenza infinita che viene continuamente prorogata e che si estende sempre di più nelle diverse regioni italiane. Adesso il ministro dell’interno Maroni ha aperto la sua personale campagna elettorale annunciando l’ennesimo decreto legge per inasprire la disciplina dell’immigrazione, con particolare riferimento ai rom. A livello locale anche qualche amministratore si sente già in campagna elettorale e sta lanciando, come a Palermo, una nuova offensiva verso insediamenti tollerati per anni, quando non direttamente creati dalle amministrazioni precedenti, senza alcun riguardo per il rispetto dei diritti delle minoranze, dei minori di età, dei soggetti più vulnerabili.
L’intento dichiarato di Maroni, con il suo seguito di sindaci e prefetti, è di andare contro le raccomandazioni del Parlamento Europeo, ribadite con una importante risoluzione del 7 settembre scorso, rivolta verso la Francia e verso quei paesi, come l’Italia appunto, che adottano politiche discriminatorie nei confronti della minoranza rom. Non è bastato al ministro, evidentemente, il fallimento del vertice a sei stati convocato a Parigi il 6 settembre scorso, in violazione di tutte le regole comunitarie, perchè si sarebbe dovuto affrontare la questione rom proprio in assenza dei paesi maggiormente interessati, come la Slovacchia, la Romania e la Bulgaria. La risposta a quel tentativo di vertice, abortito sul nascere e trasformato ipocritamente in una conferenza sul diritto d’asilo, è stata la Risoluzione del Parlamento Europeo del 7 settembre, che ancora una volta traccia con nettezza le linee che i singoli stati dovrebbero seguire nei confronti della minoranza rom, mentre in Italia si continuano a brandire le armi dei decreti e delle ordinanze da “stato di emergenza” per disperdere i rom sul territorio, condannandoli a condizioni di vita sempre più miserabili.
2. Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) del 21 maggio 2008 il Governo italiano ha dichiarato lo “stato di emergenza” con riferimento all’insediamento di “comunità nomadi” nelle regioni Campania, Lombardia e Lazio perchè tali insediamenti “ a causa della loro estrema precarietà”, avrebbero determinato “una situazione di grave allarme sociale, con possibili gravi ripercussioni in termini di ordine pubblico e sicurezza per le popolazioni locali”. Seguivano le ordinanze ( di protezione civile) dello stesso Presidente del consiglio del 30 maggio 2008 con le quali si conferivano ai Prefetti delle province sopra richiamate i poteri ( da Commissari straordinari) per compiere operazioni di: “ monitoraggio dei campi autorizzati in cui sono presenti comunità nomadi ed individuazione degli insediamenti abusivi”;
– “ identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti nei luoghi ……, attraverso rilievi segnaletici”;
– “adozione delle necessarie misure, avvalendosi delle forze di Polizia, nei confronti delle persone …….. che risultino o possano essere destinatarie di provvedimenti amministrativi o giudiziari di allontanamento o di espulsione”.
Tutto rimane ancora oggi affidato alla discrezionalità dei commissari straordinari, quindi dei prefetti, e poi ancora dell’autorità di polizia, liberi di adottare tutte le “necessarie misure” nei confronti delle persone da identificare “che risultino o possano essere destinatarie di provvedimenti amministrativi o giudiziari di allontanamento o di espulsione”. Alle procedure di identificazione, seguono puntualmente provvedimenti di sgombero e decreti di allontanamento forzato. Altro che tutela dei minori e dei soggetti più vulnerabili!
Al decreto ed alle ordinanze presidenziali del 30 maggio 2008 si collegano dunque i poteri straordinari attribuiti ai prefetti, ancora oggi in base alla proroga fino al 31 dicembre 2010 dello “stato di emergenza” che nelle stesse regioni, ed in altre ancora in seguito, come il Piemonte, ha costituito il presupposto per le operazioni di “censimento”. Operazioni di censimento che sono state disposte nei campi rom di tutta Italia, con l’accertamento di numerose situazioni di irregolarità, tanto per i rom comunitari che per quelli non appartenenti all’Unione Europea, non solo per quanto concerne lo status di soggiorno, ma anche per le condizioni di degrado dei campi “abusivi” nei quali gli stessi rom, spesso a seguito di ripetuti sgomberi, avevano trovato rifugio. In particolare, per quanto riguarda i minori rom, le operazioni di censimento, spesso seguite dagli sgomberi degli insediamenti abusivi nei quali si riscontravano gravi situazioni di insalubrità pericolose per la salute degli stessi occupanti, non sono state seguite da interventi socio-assistenziali rivolti alle famiglie che ovunque, di fronte all’alternativa tra la separazione degli uomini dalle donne e dai minori, hanno preferito la ricerca di un altro luogo nel quale trasferirsi, magari a piedi, e tentare di costruire un nuovo insediamento abusivo.
Si può così rilevare come, al di là delle stesse intenzioni dichiarate delle amministrazioni procedenti, ad ogni sgombero forzato, le condizioni di vita dei rom, ed in particolare dei minori, siano peggiorate, anche per effetto dell’allontanamento dai servizi socio-assistenziali e dalle scuole, ma soprattutto con la moltiplicazione di incendi dovuti a stufe improvvisate o a candele, e quindi con l’aumento delle vittime, spesso bambini in tenera età.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione I, con la sentenza del 24 giugno 2009, n. 6352, pur dichiarando legittima la proclamazione di uno “stato di emergenza” e la legittimità del monitoraggio da effettuare nei “campi nomadi”, aveva accolto parzialmente il ricorso presentato dall’European Roma Rights Center contro il D.P.C.M. del 21.05.2008 e le relative ordinanze, con riferimento all’identificazione ed al censimento delle persone.
Il TAR Lazio, in particolare, aveva accolto le censure proposte dai ricorrenti riguardo alla parte delle ordinanze presidenziali che ha previsto l’identificazione ed il censimento delle persone, anche minori d’età, e dei nuclei familiari presenti nei campi nomadi, attraverso rilievi segnaletici. Le ordinanze del Presidente del Consiglio del 30 maggio 2008 sarebbero dunque illegittime nella parte in cui prevedono che si debba comunque procedere all’identificazione mediante rilievi segnaletici anche quando gli interessati siano in grado altrimenti di provare la propria identità e nei confronti dei minori di età, “in assenza di una norma di legge che autorizzi il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici ovvero di una specifica autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali”.
Successivamente però il Consiglio di Stato, sezione quarta, con ordinanza 25 agosto 2009, n. 6400 (Reg. Ric) e n. 4233 (Reg. Ord. Sosp.), depositata il 26 agosto 2009 ha sospeso in via cautelare l’efficacia della sentenza del TAR Lazio che aveva annullato per illegittimità la dichiarazione dello stato di emergenza in relazione all’insediamento di comunità nomadi ed ha ritenuto “nella valutazione dei contrapposti interessi tipica della sola fase cautelare, allo stato prevalente quello delle Amministrazioni appellanti principali, ferma la necessità di un’approfondita valutazione nel merito tanto dell’appello principale quanto di quello incidentale laddove sollevano complesse e delicate questioni inerenti all’imprescindibile rispetto dei diritti fondamentali e della dignità della persona in uno con il divieto, che pervade l’ordinamento nazionale ed internazionale, di qualsivoglia discriminazione razziale ed etnica”.
Dopo queste decisioni della giurisprudenza amministrative le operazioni di censimento si sono moltiplicate in tutta Italia, costituendo una fase prodromica alla esecuzione degli sgomberi forzati, e proseguono ancora oggi con cadenza quotidiana anche contro i cd. “microcampi”, meglio definibili come alloggi di fortuna, spesso sotto i ponti o a ridosso di aree industriali dismesse, nei quali trovano rifugio coloro che vengono allontanati dai luoghi più centrali nei quali si effettuano gli sgomberi e, in assenza di altre soluzioni abitative che rispettino l’unità dei nuclei familiari, trovano poi rifugio in luoghi sempre più degradati.
3. Rimane in particolare un aspetto assai controverso il censimento rivolto nei confronti dei rom minori con il rilevamento delle impronte digitali e talvolta anche con rilievi fotografici. Le iniziali perplessità del Garante per la Privacy e la stessa decisione del TAR Lazio non sembrano abbiano sortito effetto ed anzi sembrerebbero superate dopo le Linee guida del 17 luglio 2008 emanate dal ministro dell’interno per l’attuazione delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri concernenti gli insediamenti delle comunità “nomadi” nelle regioni Campania, Lazio e Lombardia. Nelle linee guida sarebbero contenute previsioni più specifiche che eliminerebbero i vizi di legittimità delle ordinanze del Presidente del Consiglio del 30 maggio 2008. In particolare, per quanto riguarda i minori, le linee guida consentirebbero il rilievo delle impronte digitali solo quando non sia possibile con altri mezzi procedere alla loro identificazione.
Secondo le Linee guida emanate dal ministro dell’interno, per garantire la necessaria identificazione – a tutela del diritto all’identità della persona, si afferma – le ordinanze prevedono che si possa procedere, anche nei confronti dei minori e in relazione alle esigenze sopra richiamate, a rilievi segnaletici. Tale modalità comprende, com’è noto, diverse forme di riconoscimento (descrittive, fotografiche, dattiloscopiche e antropometriche) che potranno essere decise volta per volta.
Pur restando nella discrezionalità dei Commissari determinare quale forma di riconoscimento sia da adottare, in relazione alla finalità di rendere certa l’identificazione, va aggiunto che i rilievi dattiloscopici devono essere effettuati, secondo le ordinarie procedure previste dalla legislazione vigente, soltanto nei casi in cui l’identificazione, che deve essere certa, non sia altrimenti possibile in base a documenti disponibili e circostanze attendibili, sulla base di quanto previsto dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e relativo regolamento di esecuzione.
Ancora una volta, si rammenta che tutte le procedure devono essere eseguite nel rispetto della persona e in condizioni di riservatezza.
Una specifica attenzione, attesa la delicatezza dell’operazione, deve accompagnare la identificazione dei minori, che sarà effettuata, attraverso tali rilievi, allorché necessaria per tutelarli, anche in rapporto ad abusi dei genitori o sedicenti tali. In particolare, l’acquisizione delle impronte digitali potrà riguardare i soggetti che siano maggiori di 14 anni, salvo che non sia possibile una identificazione in altro modo.
Secondo le linee guida del ministro dell’interno, “per i minori di tale età, ma maggiori di 6 anni, le impronte potranno essere acquisite solo ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, ove richiesto da coloro che ne esercitano la potestà, secondo quanto previsto dal regolamento Uè n. 380/2008 , ovvero, nei casi necessari, attraverso il raccordo con la competente Procura della Repubblica presso il Tribunale dei minori e a mezzo della Polizia giudiziaria.
Al di sotto di tale fascia di età, i rilievi dattiloscopici potranno essere disposti, d’intesa con la Procura della Repubblica presso il Tribunale dei minori, solamente in casi eccezionali, da parte della Polizia giudiziaria, nei confronti dei minori che versino in stato d’abbandono o si sospetta possano essere vittime di reato.
Tutti i rilievi effettuati non dovranno essere oggetto di alcuna raccolta autonoma, bensì saranno conservati negli archivi già previsti dall’ordinamento come, ad esempio, l’archivio stranieri della Questura e della Prefettura, per coloro che avviano la pratica perii permesso di soggiorno, o quello della cittadinanza per coloro che ne richiedono il riconoscimento.
Nonostante il rigore delle Linee guida, rimane però il rischio che, nella applicazione pratica delle ordinanze che stabiliscono lo stato di emergenza “nomadi”, le autorità amministrative ricadano in abusi che ancora il 7 settembre scorso il Parlamento europeo ha rilevato, contestando alla Commissione uno scarso esercizio dei poteri di controllo contro atti direttamente o indirettamente discriminatori. Le operazioni di identificazione e censimento vanno mantenute rigorosamente nei termini indicati dalle “Linee guida” ministeriali ed ove se ne discostassero le autorità amministrative che le hanno decise ed attuate possono essere denunciate in sede civile, penale ed amministrativa. I sindaci non possono sostituirsi ai prefetti nel ruolo di commissari straordinari, neppure di fatto, e la decisioni delle operazione di censimento e di identificazione deve avvenire nelle sedi e nei modi indicati dalla legge, dai regolamenti e dalle linee guida del ministero dell’interno.
4. Malgrado il diritto comunitario non contenesse alcuna previsione specifica che autorizzasse la schedatura e la fotosegnalazione di minori rom, e benchè gli organismi comunitari avessero avvertito in varie occasioni, a tale riguardo, il rischio di pratiche discriminatorie, nelle stesse “Linee guida” del ministro dell’interno si è invocato al riguardo il Regolamento CE 380 del 18 aprile 2008, che prevede l’obbligo di prendere le impronte digitali di cittadini di paesi terzi dall’età di sei anni quando si tratti di rilasciare un permesso di soggiorno. Una norma quindi che ha come finalità precisa il conseguimento di uno status legale e non l’attuazione di misure di stampo repressivo, di sottrazione dei minori alla potestà genitoriale o di allontanamento forzato.
In realtà il Regolamento dell’ Unione Europea n. 380 si limita a modificare il regolamento (CE) n. 1030/2002 che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi, e dunque riguarda esclusivamente cittadini di paesi terzi “ extracomunitari” ai quali si deve rilasciare un permesso di soggiorno. Si precisa che il “regolamento ha il solo obiettivo di stabilire gli elementi di sicurezza e gli identificatori biometrici che gli Stati membri devono utilizzare in un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi”, specificando che “l’inserimento di identificatori biometrici costituisce una tappa importante verso l’utilizzazione di nuovi elementi che consentano di creare un legame più sicuro tra il permesso di soggiorno e il suo titolare, fornendo in tal modo un notevole contributo alla protezione del permesso di soggiorno contro l’uso fraudolento”.
Lo stesso regolamento n. 380 del 2008 aggiunge poi che, “con riguardo al trattamento dei dati personali nell’ambito del modello uniforme per i permessi di soggiorno, si applica la direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati”.
Nelle premesse del regolamento comunitario 380 del 2008, relativo – è bene ricordare- alla istituzione di un modello uniforme di permesso di soggiorno per i cittadini non appartenenti all’Unione Europea- si precisa poi che, “in ottemperanza al principio di proporzionalità, per conseguire l’obiettivo fondamentale costituito dall’introduzione di identificatori biometrici in formato interoperativo, è necessario e opportuno fissare norme per tutti gli Stati membri che attuino la Convenzione di Schengen. conformemente all’articolo 5, terzo comma del trattato il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti”.
Secondo il regolamento “gli elementi biometrici contenuti nei permessi di soggiorno possono essere usati solo al fine di verificare:
a) l’autenticità del documento;
b) l’identità del titolare attraverso elementi comparativi direttamente disponibili quando la legislazione nazionale richiede la presentazione del permesso di soggiorno.»
Combinando questa disposizione con la normativa sulla privacy emerge chiaramente come il governo italiano, prevedendo il rilievo delle impronte digitali nei confronti di soggetti che come i minori non hanno, né possono avere, alcun permesso di soggiorno autonomamente da quello dei genitori, ed estendendo la previsione ai minori rom comunitari, abbia introdotto norme che, al di là delle precisazioni fornite con le “Linee guida”, possono violare non solo le norme contro la discriminazione, ma anche la disciplina interna e comunitaria sulla tutela dei dati personali.
5. Occorre poi ricordare la Risoluzione del Parlamento europeo europeo del 10 luglio 2008 sul censimento dei rom su base etnica in Italia, che contiene molte argomentazioni ribadite ancora con l’ultima Risoluzione adottata il 7 settembre scorso ( che si allega nel testo originale inglese) .
– esorta le autorità italiane ad astenersi dal procedere alla raccolta delle impronte digitali dei rom, inclusi i minori, e dall’utilizzare le impronte digitali già raccolte, in attesa dell’imminente valutazione delle misure previste annunciata dalla Commissione, in quanto ciò costituirebbe chiaramente un atto di discriminazione diretta fondata sulla razza e sull’origine etnica, vietato dall’articolo 14 della CEDU, e per di più un atto di discriminazione tra i cittadini dell’Unione Europea di origine rom e gli altri cittadini, ai quali non viene richiesto di sottoporsi a tali procedure;
– condivide le preoccupazioni dell’UNICEF e ritiene inammissibile che, con l’obiettivo di proteggere i bambini, questi ultimi vedano i propri diritti fondamentali violati e vengano criminalizzati, così come condivide le preoccupazioni espresse dal Consiglio d’Europa e da molte ONG e comunità religiose, e ritiene che il miglior modo per proteggere i diritti dei bambini rom sia garantire loro parità di accesso a un’istruzione, ad alloggi e a un’assistenza sanitaria di qualità, nel quadro di politiche di inclusione e di integrazione, e di proteggerli dallo sfruttamento;
– invita gli Stati membri a intervenire con decisione a tutela dei minori non accompagnati soggetti a sfruttamento, di qualunque etnia e nazionalità essi siano; laddove l’identificazione di tali minori sia utile al tal fine, invita gli Stati membri ad effettuarla attraverso procedure ordinarie e non discriminatorie, secondo il caso, nel pieno rispetto di ogni garanzia e tutela giuridica;4. condivide la posizione della Commissione secondo cui questi atti costituirebbero una violazione del divieto di discriminazione diretta e indiretta, previsto in particolare dalla direttiva 2000/43/CE, sancito dagli articoli 12, 13 e da 17 a 22 del trattato CE;
– esprime preoccupazione per il fatto che, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, i Prefetti, cui è stata delegata l’autorità dell’esecuzione di tutte le misure, inclusa la raccolta di impronte digitali, possano adottare misure straordinarie in deroga alle leggi, sulla base di una legge riguardante la protezione civile in caso di “calamità naturali, catastrofi o altri eventi”, che non è adeguata o proporzionata a questo caso specifico;
6. Successive posizioni della Commissione Europea, in particolare del Commissario Barrot, a seguito di una regolamentazione più precisa delle operazioni di censimento da parte delle autorità italiane contenuta nelle Linee guida del 2008, oggetto di successive comunicazioni alle autorità di Bruxelles, con particolare riferimento ai rigorosi limiti alla schedatura dei minori rom, hanno sostanzialmente consentito la prosecuzione delle operazioni di censimento ( e quindi di sgombero forzato) nei campi rom ricadenti nelle province per le quali era stato dichiarato lo stato di emergenza. Rimane tutta da verificare, però, la estensione di misure di emergenza a tutto il territorio nazionale, ben oltre l’originario ambito delle tre regioni (Lazio, Lombardia e Campania) individuato nei decreti e nelle ordinanze presidenziali del 2008.
E’ significativo osservare, in conclusione, come nell’ultima Risoluzione del Parlamento Europeo del 7 settembre 2009 vi sia una dura censura per gli stati che hanno continuato ad operare secondo criteri discriminatori nei confronti dei rom, anche con il ricorso ad operazioni di censimento arbitrario e di sgombero forzato senza alternative di alloggio, ed altre critiche sono ribadite per l’operato della Commissione. “Il Parlamento europeo – è scritto nel punto 10 della Risoluzione – deplora la tardiva e limitata risposta della Commissione in qualità di guardiana dei Trattati, nel dovere di verificare l’aderenza delle azioni degli stati membri alle leggi primarie della Ue, in particolare alle direttive sulla non-discriminazione della libertà di movimento e il diritto di protezione dei dati personali”.
Il giudice nazionale non potrà non tenere conto di queste importanti risoluzioni del Parlamento Europeo che, insieme alle decisioni della Corte di giustizia, costituiscono il più sicuro criterio di interpretazione della normativa comunitaria e delle leggi di attuazione sul piano del diritto interno, e dunque della legittimità dei provvedimenti amministrativi adottati su questa base.
Le dichiarazioni del ministro Maroni, in linea con quelle di Sarkozy in Francia, contro le Risoluzioni adottate dal Parlamento Europeo in materia di protezione e di integrazione dei rom, confermano quanto questi governanti ritengano di avere preso il potere per la loro parte politica e siano lontani dalla concezione della democrazia e dello stato di diritto fissata nella Costituzione repubblicana e nei documenti fondativi dell’Unione Europea.
Se a livello locale gli amministratori, che per anni sono stati responsabili di comportamenti autenticamente omissivi e quindi anche del degrado delle condizioni di vita dei rom, volessero strumentalizzare l’indubbia valenza elettorale che oggi, purtroppo, assume ogni politica di discriminazione nei confronti delle minoranze, di tutte le minoranze, procedendo a censimenti ed a sgomberi arbitrari, occorrerà rispondere con la mobilitazione e con le iniziative legali.
Esistono ancora giudici, in Italia e nelle giurisdizioni europee, che sapranno fare valere i diritti di chi viene discriminato e “trasformato” da persona in problema di emergenza di pubblica sicurezza. Dopo le importanti prese di posizione del Parlamento Europea, se non interverrà per tempo la Commissione Europea aprendo procedure di infrazione, toccherà alla Corte di Giustizia di Lussemburgo, alla Corte dei diritti dell’Uomo di Strasburgo ed ai giudici nazionali rendere effettivi i diritti di difesa dei rom e salvaguardare i principi fondanti dello stato di diritto, per i rom e per tutti i cittadini.
Bibliografia:
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P. Bonetti, Il diritto d’asilo in Italia dopo l’attuazione della direttiva comunitaria sulle qualifiche e sugli status di rifugiato e di protezione sussidiaria, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n.1/2008, p. 13
L.Miazzi, Interesse del minore straniero e controllo delle frontiere: la visione politica dell’autorizzazione ex art.31 co 3 TU n.286/1998 da parte della Cassazione, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 2/2010, p.110
A. Simoni, I decreti “emergenza nomadi”: il nuovo volto di un vecchio problema, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n.3-4, 2008, p. 44
A. Simoni, La qualificazione giuridica della mendicità dei minori rom tra diritto e politica, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 1/2009, p.99
A. Simoni, Appunti per una lettura “romanì” del pacchetto
sicurezza, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 4/2009, p. 217
F. Vassallo Paleologo, Rom: i diritti negati, in Sicurezza di chi? ( a cura di G,Naletto), p.42, Roma, 2008
N. Zorzella, I nuovi poteri dei sindaci nel “pacchetto sicurezza” e la loro ricaduta sugli stranieri, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 3-4, 2008, p. 57
International Labour Organization (ILO) , “Report of the Committee of Experts on the Application of Conventions and Recommendations” – Report III (Part 1A) General Report and observations concerning particular countries, pag. 644, 6 marzo 2009
Sentenza n. 6352 del T.A.R. del Lazio, 24 giugno 2009 sui decreti “emergenza nomadi”
Ordinanza del Consiglio di Stato n. 6400 del 25 agosto 2009 sui decreti “Emergenza nomadi”