Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

dal Messaggero Veneto del 28 novembre 2006

“Cancellati”, tappa in città prima di andare a Bruxelles

Monfalcone. Da Lubiana a Bruxelles per chiedere di essere nuovamente persone “vere”, persone che esistono e hanno dei diritti. È questo l’obiettivo della Caravana dei cancellati, circa 50 cittadini sloveni che, partiti ieri mattina da Lubiana, attraverseranno Italia e Francia, diretti al Parlamento europeo, per chiedere che i loro diritti e la loro stessa esistenza, cancellata nel 1992 dal nuovo governo sloveno, venga riconosciuta.
Prima tappa del lungo viaggio Monfalcone, il piazzale davanti allo stabilimento Fincantieri, dove i rappresentanti di oltre 20 mila sloveni hanno manifestato la loro protesta e hanno espresso le loro richieste davanti ai rappresentanti della Rsu di stabilimento (Fim, Fiom, Uilm) e all’assessore Cristina Morsolin, che ha portato la solidarietà del Comune. La Carovana dei cancellati ha raccolto l’invito degli eurodeputati che hanno chiesto di portare a Bruxelles «le nostre esperienze di esclusione e violazione dei diritti umani, per iscrivere la questione dei cancellati fra le priorità dell’agenda europea», ha spiegato Alexander Todorovic.
Ieri mattina, la carovana è stata accolta prima dal Consiglio Regionale a Trieste e si è poi fermata a Monfalcone. Oggi sarà a Parigi e sarà ricevuta nella sede dell’Assemblea Parlamentare, mentre nel pomeriggio manifesterà con i Sans Papiers. L’arrivo a Bruxelles è previsto per mercoledì mattina, quando si terrà un incontro al Parlamento Europeo e nel pomeriggio, una delegazione di cancellati sarà ricevuta dal vice-presidente della Commissione Europea, Franco Frattini chiedendo che l’istituzione europea prenda una posizione.
«Il 26 febbraio 1992, pochi mesi dopo che la Slovenia aveva proclamato la propria indipendenza dalla Repubblica Federativa Socialista Jugoslava, con un’operazione segreta il governo sloveno ha privato diverse decine di migliaia di persone dei loro diritti fondamentali. Ci era stato chiesto di registraci nei paesi d’origine, ma ci è stato dato un tempo strettissimo. Impossibile. Si è trattato di un intervento di “pulizia etnica” silenzioso, realizzato via computer, attraverso il quale ci hanno tolto la residenza permanente – spiegano – e quindi la chiave d’accesso ai diritti civili, sociali e politici. Hanno distrutto i nostri documenti e ci hanno trasformati, da cittadini come gli altri, in stranieri illegali».
Oltre alla cittadinanza hanno perso il lavoro, le pensioni, il diritto all’istruzione e all’assistenza sanitaria. La Corte Costituzionale slovena ha dichiarato più volte (in particolare nel 1999 e nel 2003) l’incostituzionalità e l’illegalità della “cancellazione”, esigendo l’immediata e totale reintegrazione dei diritti. Varie istituzioni internazionali hanno avanzato con forza le medesime richieste.
«Nonostante questo – proseguono – lo Stato sloveno si rifiuta di porre rimedio alle ingiustizie commesse». I cancellati sono in maggioranza lavoratori, che si erano trasferiti in Slovenia negli anni 60, 70 e 80, provenendo da altre repubbliche della federazione jugoslava. Migranti interni, che si spostavano nell’ambito del medesimo Stato per motivi diversi, soprattutto di carattere economico. La vicenda dei “cancellati” è da tempo all’attenzione dei Comitati Onu e nel 2006 è stata inaugurata la prima “Ambasciata dei cancellati”, a Topolò (località al confine italo-sloveno).