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Condizioni inumane nel CPT di Isola Capo Rizzuto

Intervista dopo la visita nel CPT a Elisabetta Della Corte, disobbediente e ricercatrice all'Università della Calabria

Risposta: La visita è finita da poco. All’interno ci sono 118 persone, di queste 27 sono donne provenienti dalla Bulgaria, dalla Romania, dal Marocco, alcune dall’Algeria e ci sono tre donne nigeriane che hanno la cittadinanza spagnola e che sono state prese a Roma e portate qui nel CPT.
Tra i reclusi ci sono 12 palestinesi richiedenti asilo che sono stati spostati direttamente dal CPA, il centro di prima accoglienza, che è comunque un carcere come voi sapete, al CPT vicino.
Le condizioni abitative sono pessime nel senso che ci sono sei persone in ogni stanza. Manca l’acqua calda, i bagni sono sporchi e tutt’intorno queste tre palazzine del CPT sono circondate da un muro e poi da grate di ferro.
Tra le altre cose abbiamo rilevato che manca l’assistenza legale, nel senso che c’è solo un avvocato segnalato dai gestori, che però non risponde al telefono. Insomma è veramente un inferno, è abominevole come situazione.

D: Tra l’altro tu sei anche ricercatrice all’Università della Calabria e hai fatto recentemente una ricerca sulle condizioni dei rifugiati, dei richiedenti asilo in Calabria…

R: Abbiamo condotto una ricerca su tre regioni. Abbiamo monitorato la Calabria, la Puglia e la Sicilia in relazione ai CPT, ai centri di prima accoglienza e all’inserimento lavorativo. Su tutti i fronti, in base ai dati che abbiamo raccolto, le cose vanno malissimo.
Questi CPT costano molti soldi, vi vengono rinchiuse delle persone che non hanno commesso reati o che hanno già scontato la loro pena in carcere poi trasferiti nei CPT , ci sono donne incinte in quasi tutti i CPT che abbiamo visitato. Le condizioni abitative sono indecenti. Manca tutto, tutti quei diritti che dovrebbero essere garantiti ai migranti in realtà non vengono assicurati per niente.

D: Voi avete potuto monitorare anche le condizioni nel CPT di Lamezia Terme?

R: Ti posso dire che alla luce delle visite che abbiamo fatto le cose stanno anche peggio rispetto al rapporto di Medici Senza Frontiere. C’è un sistema di video sorveglianza che controlla stanza per stanza, luogo per luogo, le condizioni igienico-sanitarie sono pessime. Anche il rapporto dei gestori con i reclusi è pessimo. Mancano traduttori, motivo per cui ci sono tre cinesi che non parlano nessuna lingua se non appunto la loro, che non possono comunicare con i gestori perché non c’è un traduttore di cinese, così come manca un traduttore di russo e di sloveno. L’unico traduttore che abbiamo incontrato è un traduttore arabo.