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Corte Costituzionale e prestazioni sociali agli stranieri: una rassegna pratica per il contrasto alle discriminazioni

Pubblichiamo una rassegna sintetica dell’ASGI delle pronunce della Corte Costituzionale in tema di prestazioni sociali agli stranieri che vorrebbe essere uno strumento per favorire il costante monitoraggio e il contrasto delle disposizioni locali o nazionali che vogliano apporre limitazioni nell’intervento sociale.

La rassegna è a cura di Alberto Guariso e Viola Rimondini, con il sostegno di Otto per Mille Chiesa Valdese e Fondazione Italiana Charlemagne ONLUS.

Quella che segue è una sintesi delle pronunce della Corte Costituzionale in materia di accesso alle prestazioni sociali dal 2005 in poi.
Il tema dell’accesso al welfare – già complesso quando si tratta di individuare la scala di priorità nel soddisfacimento di bisogni diversi (famiglie e single, anziani e giovani…) – diventa poi fonte di tensioni quando si prospetta un conflitto tra “padroni di casa” e “ospiti” , alimentato dall’utilizzo del criterio della cittadinanza come possibile criterio selettivo.
I ripetuti interventi della Corte Costituzionale sui questa materia dimostrano quanto il tema sia delicato, ma anche quanto sia importante il riferimento alla nostra Carta costituzionale di impronta personalistica e solidaristica, al fine di venire a capo dei conflitti.
Il quadro che esce da questi interventi – oggetto di innumerevoli studi – è tuttosommato abbastanza omogeneo, ma lascia aperti non pochi problemi.
Il primo è sicuramente quello di stilare un elenco il più possibile certo delle prestazioni “essenziali” volte a rispondere ai bisogni primari della persona, rispetto alle quali la Corte ribadisce non essere consentita alcuna differenziazione: non solo quella sulla base della cittadinanza, ma neppure quella sulla base della durata della residenza (sia essa riferita al territorio nazionale o alla regione che eroga la prestazione) dovendosi invece avere riguardo esclusivamente alla soddisfazione del
bisogno.
Il secondo è quello di individuare criteri omogenei per l’applicazione del parametro di
ragionevolezza riferito alle prestazioni che eccedono l’essenziale: ciò che emerge con chiarezza dalle pronunce è che un requisito di “radicamento territoriale” può essere previsto se riguarda l’insieme dei richiedenti e non soltanto gli stranieri e comunque se non eccede limiti ragionevoli (di fatto l’unico limite sinora passato al vaglio della Corte e, solo in alcune occasioni, è quello biennale). Come pure è sicuro (a dispetto di un unico accenno in senso contrario contenuto nella sentenza 222/13) che le prestazioni sociali non possono rispondere a principi di “corrispettività” e dunque non possono essere condizionate al contributo previamente fornito dal beneficiario alla collettività.
Il terzo problema aperto è quello del ruolo che continuerà a giocare in futuro il diritto comunitario su questa materia. Come si vedrà, solo la sentenza 168/14 configura il requisito del soggiorno prolungato nella regione come possibile violazione (se pure sotto il profilo della discriminazione indiretta) anche del principio di parità di trattamento del lungo soggiornante di cui all’art. 11 direttiva CE 109/2003: per il resto, il diritto comunitario appare assente dal contenzioso avanti la Corte. Questa assenza può essere letta come un invito della Corte (rivolto ai giudici ordinari) a fare applicazione diretta del diritto comunitario, ovvero come un semplice ritardo dei giudici rimettenti nell’individuare profili di incostituzionalità ai sensi dell’art. 117, 1^ comma, Cost.
Gli sviluppi futuri chiariranno meglio questo punto.

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Rassegna pratica per il contrasto alle discriminazioni degli stranieri nell’accesso alle prestazioni sociali