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Cpa di Elmas – La denuncia delle associazioni: il centro è una prigione

Intervista a Roberto Loddo, Associazione 5 novembre per i diritti civili

La rivolta più grossa era avvenuta nella notte tra il 17 e il 18 settembre scorso. Circa 80 immigrati, di origine algerina, avevano reso inagibile il secondo piano dello stabile distruggendo porte, finestre e tavoli.
Il CPA (Centro di prima accoglienza) è stato aperto nel mese di giugno e si trova all’interno della zona militare dell’aeroporto. Una vera e propria prigione dove gli immigrati, soprattutto algerini, che sbarcano sempre più numerosi sulle coste meridionali dell’isola, vengono rinchiusi.
“Un centro, quello di Elmas, di cui non si conosce la reale natura organizzativa e funzionale”, sottolinea Roberto Loddo dell’Ass.ne 5 novembre per i diritti civili, “le procedure di identificazione dovrebbero durare solamente pochi giorni e non dovrebbero essere effettuate all’interno di questi centri perché non esiste una garanzia esterna di verifica e di controllo che potrebbero svolgere le ONG”.
E’ del 16 novembre la notizia di un’altra rivolta ad Elmas. Questa volta 40 immigrati, ancora algerini, hanno distrutto alcuni locali e si sono scontrati con gli agenti addetti alla sicurezza.
Il gruppo è stato imbarcato su un volo charter e trasferito nel Cpt di Catanzaro.
In carcere con l’accusa di resistenza aggravata, lesioni a pubblico ufficiale e danneggiamento aggravato, è finito invece è finito Reda Zaid, 33 anni, che è stato bloccato mentre cercava di scavalcare la recinzione. Nel centro intanto gli altri immigrati lanciavano oggetti e cercavano di calarsi dalle finestre utlizzando coperte e lenzuola.
Il 10 dicembre all’alba l’aeroporto di Cagliari era rimasto chiuso per un’ora per le ricerche di un immigrato fuggito dal centro. La fuga era avvenuta durante una protesta di massa di una quarantina di “detenuti”.
Ennesima rivolta questa nelle strutture detentive, spesso mascherate da centri di accoglienza non pacificati e non pacificabili.

Sulla situazione nel Cpa di Elmas abbiamo intervistato Roberto Loddo dell’Associazione 5 novembre per i diritti civili.

Innanzitutto tengo a precisare che il Centro di prima Accoglienza è stato inaugurato in modo poco trasparente. Il centro dovrebbe essere funzionale al soccorso e all’accoglienza ma solo per un periodo di tempo limitato e cioè solo per il tempo necessario all’identificazione dei migranti sbarcati (come sancito dalla legge che prevede il successivo traferimento in centri di accoglienza per richiedenti asilo o in centri di identificazione e di espulsione).
Ad oggi, però, non si conosce la reale natura organizzativa e funzionale di questo centro nonostante un’interpellanza sia stata presentata anche in Consiglio regionale.

Questo centro di prima accoglienza è un centro così particolare che le condizioni precarie sono state denunciate anche dai sindacati della polizia che hanno parlato di costanti violazioni sulle norme della sicurezza; queste denunce sono state fatte a seguito di 4 casi di tubercolosi che a nostro avviso hanno aperto la strada a un rischioso pericolo di di malattie infettive e a una rivolta degli stessi migranti. A parte un sit-in organizzato il 10 dicembre dai movimenti antirazzisti e dal movimento studentesco, finora non c’è stata un’organizzazione non governativa ufficiale che abbia denunciato questa assenza di legalità.

D: Quindi un centro che è nato come CPA ma che in teoria è un vero e proprio centro di detenzione?

R: Sì è un vero e proprio centro di detenzione.

D: Voi come associazione avete avuto la possibilità di entrare in contatto con i migranti che vi sono rinchiusi, siete riusciti a raccogliere qualche testimonianza?

R: No, in nessun modo siamo riusciti a raccogliere testimonianze da parte dei richiedenti rinchiusi all’interno, non è ci è stata data la possibilità: un consigliere regionale ha presentato interpellanza per poter accedere all’interno del centro ma ora stiamo valutando anche se possa essere possibile l’arrivo di un Parlamentare o di un euro-parlamentare per una visita ispettiva. Su questo bisogna fare una premessa: c’è già stata una visita ispettiva da parte del gruppo dei parlamentari sardi del Partito Democratico ma questa visita ha portato a una relazione che di fatto promosso la funzionalità della struttura.

D: Frutto anche delle scelte di continuità del precedente governo. Volevo chiedere anche se avevate avuto modo di capire qual è il flusso di migranti verso la Sardegna?

R: Dall’ultimo sit-in che è stato fatto di fronte alla Prefettura il 10 dicembre 2008 (sit-in che ha avuto come risposta della Prefettura una carica da parte della polizia nei confronti dei militanti antirazzisti e cittadini immigrati che protestavano per il permesso di soggiorno) si è cominciato ad avere contatti con cittadini detenuti però noi non abbiamo ancora dati o statistiche sulle etnie rinchiuse dentro il centro.

D: Voi come intendete proseguire l’attività di denuncia di quanto succede dentro il centro?

R: Noi vorremo creare una mobilitazione più profonda e più ampia con i movimenti e le realtà antirazziste e sensibili alla tutela e alla difesa dei diritti umani. Volevo anche rispondere a una considerazione che facevi prima sul governo di centro sinistra: al di là dei governi, in Italia, c’è una cultura razzista e xenofoba che fa leva sui sentimenti più barbari e incivili del cittadino medio italiano: indistintamente dal colore politico dei governi, sono stati attuati dei provvedimenti punitivi nei confronti dei fenomeni migratori, e questi provvedimenti sono partiti anche dal centro sinistra come per esempio il pacchetto sicurezza emesso dal governo Prodi dopo l’omicidio Reggiani, provvedimento razzista fuori anche dalle elementari norme in materia di diritti umani dell’Unione Europea.

D: Ce ne ricordiamo perfettamente. Questo diede origine anche a una serie di proteste che hanno riguardato anche una composizione prettamente femminile stando dentro un ragionamento che parte dal dire: non siamo noi che vogliamo questo tipo di sicurezza, non vogliamo sicurezza che si basi sulla violazione e la negazione dei diritti umani…

R: Questo è per altro anche un percorso illogico e poco razionale: se infatti facciamo un’analisi laica dei dati degli ultimi vent’anni, tratti dai dossier statistici della Caritas, emerge come, ad esempio, se si parla di espulsioni, come questo provvedimento non ha senso perché ogni anno meno di un quarto dei migranti irregolari presenti in Italia è sottoposto a tale provvedimento e di questi ne vengono allontanati circa il 15%: in pratica si cerca di svuotare l’oceano con un cucchiaino, emerge quindi come l’espulsione sia uno strumento esageratamente rigido, costoso e inapplicabile nella realtà sociale italiana.
Per non parlare dei costi legati ai CPT: costano 30 milioni di euro all’anno, che, sommati ai 30 milioni della gestione e ad altri 30 milioni della sorveglianza esterna (che dipende dal ministero dell’Interno), arrivano a costare 90 milioni di euro l’anno.
Il governo italiano spende, nel tentativo di contrastare l’immigrazione fuori dai flussi, ben 80% delle risorse pubbliche destinate alle politiche migratorie: questo è certo un dato che dovrebbe destare quanto meno preoccupazione e indignazione, perché comunque esistono delle proposte concrete di accoglienza per i migranti, proposte fatte anche a livello di Parlamento europeo dal gruppo della sinistra verde, proposte che in maniera molto laica ripensano interamente la politica europea sull’immigrazione patendo dal rispetto della dignità dei migranti.
Le procedure di identificazione dovrebbero durare solamente pochi giorni e non dovrebbero essere effettuate all’interno di questi centri perché non esiste una garanzia esterna di verifica e di controllo (ad esempio si veda la recente vicenda di Medici senza Frontiere a cui non è stato rinnovato il permesso di controllo e di verifica in alcuni centri di permanenza), non esiste quindi una situazione di trasparenza e di controllo da parte delle organizzazioni non governative, e non possiamo ritenere la Croce Rossa un interlocutore che possa garantirlo.
Inoltre parlare di apertura nuovi canali per l’immigrazione legale in Italia diventa difficile per ogni formazione politica in quanto si rischierebbe l’impopolarità: questo fa si che ci si trovi lontani anni luce da una concezione politica laica lontana dagli imbarbarimenti incivili che fanno leva sui sentimenti più profondi dei cittadini italiani.
Dovrebbe essere nell’interesse dei migranti essere identificati dalle autorità se esistesse la possibilità poi di istituire un permesso di soggiorno e di lavoro; non dico certo che questa sia la soluzione definitiva al fenomeno migratorio in Italia ma come Associazione 5 novembre per i diritti civili riteniamo che possa essere un primo passo in avanti.

Vedi anche:
L’inferno di Elmas in Sardegna, il Cpt della rabbia
di Costantino Cossu

Link
associazione5novembre.blogspot.com