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Cpt Bari, gli immigrati condannati perché rinchiusi ingiustamente

Non si può restare indifferenti di fronte alle condanne a cinque anni e sei mesi di reclusione per Mosadk Amran, cinque anni e quattro mesi per Mahoud Ghassan e Mohamed Mohamed, un anno e quattro mesi, invece, per Harbi Hamdi, Jamel Haykel, Hicham Hilal, Mohamed Larbi, Farid Tarik.
Queste pene sono state inflitte dal Tribunale di Bari, agli otto immigrati responsabili dei disordini verificatisi lo scorso luglio all’interno del Cpt della nostra città.

Non era certamente questo il sogno che li animava quando avevano lasciato le loro terre. Pensavano alla libertà, al pane, al lavoro, alla pace, primari diritti degli esseri umani, negati con violenza nei loro Paesi. Per conseguirli si erano staccati con dolore dai loro cari, avevano affrontato tremendi sacrifici, disumane privazioni.
Erano giunti finalmente in una città del tanto agognato Paese, dal dolce nome Italia.
Il sogno era svanito brutalmente.

Anche nel tanto desiderato paese, di fatto, non c’era alcun diritto per loro. Una legge, dai molti tratti fascisti, li negava. Da innocenti venivano sbattuti in un Cpt, un “ carcere post-moderno”. La violenza esercitata dalle istituzioni non è da meno di quella prodotta dai delinquenti.
Una iniqua condanna, senza aver commesso alcun reato, da scontare in un tetro luogo di detenzione.
Un luogo che diventa, giorno dopo giorno, sempre più un inferno.

Dall’interno del Cpt più volte erano pervenute voci di una insostenibile situazione, trasmessi segni di intollerabile malessere. Gli immigrati volevano giustamente uscire dall’immeritata prigione, reclamavano gli inalienabili diritti, per i quali avevano tanto pagato. Vivevano sulla loro pelle il tradimento subito: l’agognato Paese della libertà, per il quale si erano staccati con dolore dai loro parenti e dall’amata terra, dava loro come premio un’orrenda struttura di detenzione. La rabbia cresceva ai continui dinieghi.
Tentarono la fuga. Ci furono dolorosi incidenti.

L’altro giorno da parte del Tribunale di Bari la condanna. Non è umano tutto ciò che è accaduto a Mosadk, Mahoud, Mohamed, Harbi, Jamel, Hichman, Mohamed, Farid.
Accade, purtroppo, a tante e tanti immigrati. Costituisce un palese segno di una nuova barbarie che si aggira nel mondo, anche da noi. Tutte e tutti i veri “innamorati dei diritti umani” sono chiamati a bloccare questa oscena invereconda deriva. Ad iniziare da quelli della nostra città. Gli otto immigrati, ingiustamente condannati, non devono essere lasciati soli, abbandonati, così come tutte le immigrate e gli immigrati.

Le istituzioni, che pur nel recente passato hanno dato positivi segnali di solidarietà, riprendano il loro lavoro che, in materia, è finalizzato alla giustizia e alla civiltà. Tutti i soggetti sociali, nessuno escluso, devono fare la loro parte, non possono essere assenti.
La città di Bari non può essere “finestra aperta sul mediterraneo”, disponibile all’incontro e al dialogo con tutte le persone e le genti, costruttrice di pace continuando ad avere nel suo seno il bubbone del Cpt.

Altro è richiesto perché sia una bella, armonica città, dal volto più umano.