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Cpt Ragusa – Ancora una morte nel lager siciliano

Comunicato stampa del Collettivo Migranti di Catania e Ragusa

Il Collettivo Migranti di Catania e Ragusa ha presentato un esposto presso la Procura della Repubblica di Ragusa al fine di accertare eventuali responsabilità relative al decesso di Christiana Amankwa rinchiusa nel CPT di Ragusa dal 20 luglio fino al 18 settembre; data della sua liberazione.

Christiana, di nazionalità liberiana, apparteneva al gruppo di ragazze che si trovavano rinchiuse nel Centro di Permanenza Temporanea di Ragusa nonostante avessero diritto all’ asilo politico, ottenuto solo per l’intervento degli attivisti antirazzisti il giorno 1 agosto 2005.
Dal momento dello sbarco, avvenuto il 18 Luglio a Randello, Christiana non sentiva più e accusava forti dolori all’orecchio: per questo era stato richiesto dal suo legale il ricovero in ospedale, ma per tutto il tempo della sua detenzione, durata sino al 18 settembre, è stata curata con semplici gocce come se si trattasse di una otite.
Il 1 Dicembre Christiana è morta per una meningite, dopo aver passato 2 giorni in coma in un letto del nuovo Ospedale Garibaldi di Catania.

Non sappiamo se una diagnosi tempestiva avrebbe potuto salvarle la vita, ma il suo caso ripropone il gravissimo problema della carenza dell’assistenza sanitaria e dell’impenetrabilità dei CPT, a Ragusa come negli altri sparsi in Italia, ed altri sono in fase di apertura.

Abbiamo incontrato,inoltre, attraverso le reti del cpt di Ragusa, una giovane donna rumena che è stata separata dalla figlia di pochi mesi cui viene impedito di allattarla, nonostante il suo stato di allattamento sia stato dimostrato con referti medici e lei stessa l’abbia più volte portato alla conoscenza delle autorità preposte ed il suo avvocato abbia presentato un’istanza per farle ottenere un permesso per evidenti motivi umanitari. Le storie che continuiamo a raccogliere ci raccontano di tante donne che non vengono assistite anche quando lamentano gravi problemi fisici e di giovani madri a cui viene impedito anche il diritto naturale di allattare la propria figlioletta di pochi mesi.
Per tutto questo e per gli altri gravi fatti su cui sono in corso le indagini della Magistratura: dai fatti denunziati da Fethia al pestaggio dell’immigrata cinese della scorsa estate, confermato dal presidente della Croce Rossa Berretta,e successivamente scomparsa, a quelli dell’esposto, a tanti altri in fase di acquisizione continueremo a chiedere a gran voce, indignati per la continua e perdurante assoluta mancanza di rispetto per i più elementari diritti umani, che sia fatta piena luce, e a chiedere con determinazione la chiusura del Cpt, vero e proprio carcere su base etnica e luogo contrario alla dignità umana, incompatibile con uno Stato di diritto e con il dovere di accoglienza che abbiamo con chi ha per unica colpa quella di fuggire da fame , miseria e guerre. Chi è rinchiuso nel CPT non ha commesso alcun reato e spesso lavora contribuendo in modo rilevante all’economia del nostro Paese oppure è vittima del racket sulla prostituzione, ma anziché avere tutele e diritti viene imprigionato come se fosse un criminale.