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Cpt via Corelli – Rivolte e sciopero della fame

La voce dei migranti dall'interno della struttura: trattenuti ciclicamente e poi rilasciati

E’ cominciato nella mattinata di sabato 5 luglio lo sciopero della fame in tutti i settori del Cpt di via Corelli a Milano per protestare contro le condizioni intollerabili di detenzione nel centro.
La protesta è stata innescata dalle violenze da parte della polizia nei confronti di un cittadino egiziano cui è seguita una piccola rivolta.
Lo scorso lunedì, lo stesso cittadino egiziano aveva protestato per il rinvio della sua espulsione, non più disposto ad accettare la restrizione della sua libertà. Alle proteste, ma questa cosa avviene pressoché quotidianamente, sono seguite le percosse degli agenti di polizia in servizio nella struttura.

Molti gli apolidi presenti nella struttura per i quali è impossibile essere rimpatriati. Non avendo ottenuto il riconoscimento di questo status, vengono trattenuti nel centro per un paio di mesi, periodo che la Direttiva Europea recentemente approvata a Strasburgo ed il “pacchetto sicurezza” targato Maroni vorrebbero prolungare a diciotto mesi.
A dare la sua testimonianza è un cittadino della ex Jugoslavia, che insieme ad altri 4 connazionali, 3 uomini ed una donna, si trova nel Cpt di Milano. Per lui è la terza volta all’interno di un Cpt ed ogni volta, alla fine, viene rimesso in libertà senza poter essere rimpatriato anche se, dice, le sue generalità sono note e certe, ma non vengono riconosciute dalle autorità bosniache perché manca dal suo paese da troppo tempo.
“La settimana scorsa è venuto il Prefetto, non siamo riusciti a vedere nessun altro che non fosse in divisa, gli abbiamo detto che le condizioni in cui si vive qui sono disumane, ma soprattutto che vogliamo essere liberi”.

Oltre a lui ci sono più di cento altri detenuti all’interno del Cpt di via Corelli. Le storie sono tante e diverse, alcune hanno anche trovato conclusioni positive, come quella di un ragazzo Pakistano che, dopo essere stato trattenuto all’interno del centro, è riuscito ad ottenere la protezione internazionale. Per la maggior parte degli stranieri trattenuti però, la vita nel centro è molto dura, spesso insostenibile: cibo scarso e scadente, cure mediche inesistenti, provocazioni ed intimidazioni, condizioni sanitarie pessime.
Molti di loro sono trattenuti senza alcuna convalida da parte dell’autorità giudiziaria, altri, sono stati prelevati direttamente sul posto di lavoro, dovo erano impiegati irregolarmente.

La situazione nel centro di Milano è tenuta sotto controllo dal personale della Croce Rossa che, come spesso accade, è inerte, o complice delle violenze ai migranti.
Nella giornata di sabato la polizia, in tenuta anti sommossa, era pronta ad intervenire, ma fortunatamente non si è verificato alcun episodio che potesse “legittimare” una sua azione. Purtroppo basta poco per autorizzare intimidazioni ed azioni violente da parte del personale di polizia; come ci viene raccontato “ogni volta che si ha a che fare con la polizia succede che qualcuno venga malmenato”, anche in assenza di aggressioni da parte dei detenuti.
Lo sciopero di Milano non è un caso isolato, in altri centri spesso i detenuti si sono resi protagonisti di proteste e rivolte, ultimi in ordine cronologico solo Bari e Torino.
Intanto nella serata di lunedì è stato lanciato un presidio delle associazioni e dei movimenti a sostegno delle iniziative dei migranti dentro al centro.