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Cronaca di (stra)ordinaria repressione a Ventimiglia

di Progetto 20K

L’altra sera, verso mezzanotte, abbiamo notato parecchio movimento attorno alla zona del cavalcavia delle Gianchette. Infatti, più di 300 migranti sono usciti dal centro della Croce Rossa per poter respirare aria di libertà e si sono ritrovati in assemblea. In questa riunione hanno deciso di cercare un altro posto vicino alla frontiera – in alternativa all’ex-campo informale sgomberato circa una settimana fa – oppure di provare a varcarla direttamente.
Queste intenzioni sono dipese da:
1) il forte desiderio di attraversare una linea immaginaria che non fa altro che imprigionare le persone;
2) l’odio nei confronti del repressivo “centro di accoglienza” della Croce Rossa.

I/le solidali europei/e con loro erano pochi/e, e non hanno in alcun modo tentato di sovra-determinare le decisioni prese in autonomia dai migranti, come invece molti giornali vogliono far credere in questi giorni. I ragazzi hanno decretato che la strategia migliore fosse partire a piccoli gruppi di 30-60 persone alla volta del confine, seguendo il percorso dei binari del treno, e sono così arrivati nella zona dei Balzi Rossi (quasi a 8 km di distanza dalle Gianchette). Lì si sono accampati sotto ad un vecchio ponte della ferrovia.

Sono arrivati altri/e solidali che hanno fornito loro le coperte e i vestiti necessari per la fredda notte piovosa che c’è stata. Abbiamo dormito con i migranti fino al mattino presto, quando, verso le 6:30, due camionette della polizia hanno cominciato ad avvicinarsi. I ragazzi si sono subito alzati dai loro giacigli, compattandosi di fronte allo schieramento della polizia, che è parsa evidentemente sorpresa dal numero di persone presenti.

In risposta alla scarsa disponibilità della digos a cercare il confronto, i migranti hanno deciso di sedersi tutti per terra, bloccando temporaneamente la strada che va dal parcheggio alla frontiera. In seguito il blocco del traffico è stato attenuato e i ragazzi hanno deciso di lasciar passare le auto.

Alcuni solidali italiani hanno provato ad uscire dal campo improvvisato per andare a comprare dell’acqua, ma sono subito stati bloccati e portati in commissariato. Per loro è scattato il foglio di via da 16 comuni di Imperia. Procurare l’acqua ai migranti è un reato, a Ventimiglia.

Anche il tentativo di introdurre del cibo al parcheggio è fallito: 4 persone solidali sono state fermate a bordo della loro auto all’ingresso e anche per loro è scattato il foglio di via, oltre a una denuncia per blocco del traffico. Procurare il cibo ai migranti è un reato, a Ventimiglia.

Il numero delle forze dell’ordine intanto è aumentato: gli agenti della digos sono diventati 6, mentre ai due reparti di celere s’è aggiunta una squadra di carabinieri. I migranti, riuniti in assemblea, hanno deciso di resistere ad oltranza senza cibo né acqua. Hanno scritto dei cartelli e si sono pitturati le magliette bianche con vari slogan: “Freedom”, “No italy, go to france!”, “Open the border”, ecc. Si è tentata una mediazione – richiesta sempre dagli stessi migranti – prima con il sindaco di Ventimiglia, che è giunto sul posto giusto per lavarsene le mani e dimostrare così tutta la sua incapacità politica, e poi con il direttore della Caritas, che ha palesato ancora una volta il becero ed interessato assistenzialismo di cui vuole ricoprire i migranti.

Sono arrivati anche questore e vice-questore, e un’altra squadra di carabinieri. Quest’ultima, oltre ad una squadra di polizia, si è disposta dall’altra parte dell’assembramento dei migranti, di fatto circondandolo e bloccando il passaggio posteriore.

Vicino al cordone di polizia all’ingresso del parcheggio è arrivato un anziano signore francese con un semplice cartello: “Humanity is lost”. Tutto questo ha scatenato per un attimo l’entusiasmo dei migranti, almeno finché il vecchietto non è stato allontanato dalla polizia.

Altr* 3 solidali europei/e hanno cercato di uscire dal campo improvvisato, ma la loro auto è stata bloccata dagli agenti della digos che le/li hanno trasportati in commissariato per appioppar loro le ennesime misure restrittive.

Siamo stati/e testimoni di parecchi abusi: un migrante che stava dormendo è stato calpestato volutamente dai carabinieri durante un cambio turno; i celerini prendevano in giro i migranti della prima linea imitando il verso della scimmia e le minacce verbali erano sempre più crescenti e costanti.

Dentro al campo siamo quindi rimasti in 13 solidali e, coordinandoci coi migranti, abbiamo tentato di capire quale fosse la soluzione migliore al problema con un’altra assemblea. E’ stato difficile e stancante, non mangiavamo da quasi 15 ore e non avevamo acqua. Gli shebab hanno confermato di voler restare a proteggere il nuovo posto, mentre noi solidali abbiamo condiviso la decisione di andarcene il quanto prima possibile per riuscire ad aumentare la copertura mediatica dall’esterno e riuscire a capire come introdurre del cibo.

Stavamo quasi per farlo quando sono accaduti due fatti molto importanti e correlati fra loro:
1) un quindicenne sudanese diabetico si è sentito male a causa della mancanza di cibo e la dottoressa che era con noi ha dovuto litigare con digos e poliziotti per potergli dare un pezzo di pane e una scatoletta di tonno rimastagli nella borsa;
2) alcuni solidali hanno preso un pacco di vestiti (precedentemente controllato dalla digos) e l’hanno portato in mezzo al parcheggio al servizio dei migranti: i celerini hanno raggiunto il punto di raccolta minacciando i migranti coi manganelli, pensando si trattasse di cibo.

Dopo questi gravissimi episodi, la rabbia è esplosa: i migranti si sono ammassati vicino agli scogli cantando cori e a quel punto è partita una carica violentissima e totalmente ingiustificata da parte delle forze del disordine contro l’assembramento.

Un attivista è stato manganellato più volte da 5 poliziotti ed è stato sottoposto a cure mediche con una prognosi di 8 giorni, a causa della gravità di lividi ed ematomi (avrete già visto le foto). La dottoressa è stata colpita alla testa e al collo mentre proteggeva dai manganelli il ragazzino quindicenne di cui si era occupata poco prima. Un altro ragazzo è stato colpito alle ginocchia, una solidale alle braccia.

E’ partita una raffica di fermi: in tutta la giornata 27 persone sono state portate al commissariato di Ventimiglia o alla questura di Imperia; a 24 di loro è stato notificato il foglio di via da 16 comuni di Imperia oltre ad una sfilza incredibile di denunce per occupazione/invasione di suolo pubblico, resistenza, oltraggio e violenza a pubblico ufficiale. Ai/alle restanti 3, cittadini/e europei/e, è stato notificato il decreto di espulsione dall’Italia per 5 anni. Una donna francese è stata raggiunta da questo provvedimento solo perché ha osato scattare alcune foto per documentare ciò che stava accadendo: è separata ma ha i figli in Italia e ora non sa come fare. Molti/e sono rimasti/e in questura fino alle 2.30.

La maggioranza dei migranti si è dispersa per la città, mentre in circa 120 hanno provato comunque ad attraversare il confine. Questi ultimi sono incappati nei controlli della gendarmerie francese, la quale non ha esitato a sparare un numero imprecisato di lacrimogeni (che ironicamente hanno intossicato i carabinieri italiani sprovvisti di maschere anti-gas). Alcuni shebab hanno raggiunto Menton, cittadina francese poco distante dal confine, ma poi sono stati riportati in Italia dalla polizia francese. Nella città di Ventimiglia, intanto, si scatenava la caccia all’uomo.

Ancora una volta lo Stato sceglie la repressione, e la cosa non ci stupisce e non ci spaventa, dato che ormai il territorio lo stiamo tastando da tempo. Nonostante alcun* di noi debbano “abbandonare” temporaneamente l’impegno assunto a Ventimiglia per tornare nelle proprie città a sbrigare le pratiche burocratiche relative alle denunce, ve lo diciamo forte e chiaro: da qui non ce ne andiamo!!

La solidarietà è una delle armi più potenti e i fatti di questi giorni sono serviti solo a confermarcelo.

Se volete unirvi al Progetto20k non esitate a contattarci, serve gente fresca e volenterosa. Vi invitiamo infine a continuare le raccolte di cibo e medicinali partite in questi giorni, le staffette non si fermeranno.