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da Il Manifesto del 26 luglio 2003

Dal campeggio ai campi. Al via un’inchiesta europea sul lavoro reale dei migranti di Cinzia Gubbini

Frassanito – Nel No border camp del Salento si lavora a un progetto che potrebbe rappresentare il primo tentativo di inchiesta coordinata a livello europeo sul lavoro migrante.

Il discorso sul lavoro, soprattutto in agricoltura – perché è il luogo in cui i meccanismi di sfruttamento sono più spinti e quindi più leggibili – ha preso piede in modo significativo tra i partecipanti al campo, soprattutto i tedeschi, ed è un tema centrale nelle discussioni delle reti antirazziste italiane, in particolare nel Tavolo migranti. Le analisi sono confortate dal fatto che la legge Bossi-Fini mira dritta a una modifica strutturale dei rapporti di lavoro; ma anche dal fatto che la visione dell’immigrato come risorsa è ormai chiara nelle forze (partiti e confindustrie) che si orientano verso una gestione controllata dei flussi migratori. “Nell’incontro di Genova 2002, da cui è partita l’idea di lanciare un No border camp in Italia, sono state due le questioni nevralgiche: le frontiere e il lavoro”, spiega Fabio Raimondi del Tavolo migranti, tra gli organizzatori del famoso “sciopero dei migranti” di Vicenza. L’analisi italiana sul lavoro è guardata con molta attenzione dalle reti europee che si battono al fianco dei migranti: “Per noi è importante iniziare a ragionare su questi aspetti, mettendo in piedi i lavori concreti”, dice ad esempio Hagen Kopp di “Kein Mensch ist illegal”. In questi giorni partono macchine di campeggiatori dirette nelle campagne pugliesi – Terlizzi, Martano, Foggia, dove c’è la raccolta di angurie, di pomodori, o la floricoltura.

“L’idea è nata durante la giornata di preparazione del campo” – racconta Gigi Roggero, più volte impegnato in inchieste di movimento. “Troppe volte l’inchiesta all’interno delle realtà di movimento è stata intesa come verifica di ipotesi precostituite o come lustro teorico separato dall’agire politico”: ben diversa l’intenzione dei gruppi che lavorano sull’inchiesta del No border camp. Si va nelle campagne muniti di registratori e si fa una chiacchierata con i lavoratori migranti sulla base di una traccia di intervista preparata durante lunghi scambi di email. Obiettivo principale, indagare non solo le condizioni di partenza ma soprattutto le aspettative concentrate nell’attraversamento delle frontiere e il desiderio di accedere a nuovi modi di vita.

“Dalle interviste sta emergendo una figura del migrante lontana dallo stereotipo della vittima» – spiega ancora Roggero. “Il migrante si dimostra soggetto capace di critica, nei confronti del paese di provenienza come di quello di arrivo. Non una persona passiva e `pacificata’ dai meccanismi di repressione, bensì elemento conflittuale all’interno di un contesto che sperimenta forme di repressione più generali”. “Un altro elemento che emerge – dice Michele Di Palma, attivista di Bari – è la volontà di queste persone di organizzarsi politicamente al di fuori della comunità di riferimento”.

Sull’inchiesta si sta cercando di organizzare un workshop per il Forum sociale europeo, con l’obiettivo di stimolare proposte politiche, in una prospettiva europea capace di scavalcare le recinzioni in cui spesso il movimento si impantana.