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Dalle isole greche al confine con la Macedonia. Il viaggio dei “dimenticati”

Non torneremo indietro. We are not going back.

Il traghetto Eleftherios Venizelos è passato anche da qui, Mitilene, Isola di Lesbo, prima di raggiungere il porto del Pireo il 20 agosto poco dopo le 9.00 di mattina.

L’imbarcazione era partita da Kos, nell’Egeo orientale, con a bordo almeno 1.700 migranti, soprattutto siriani. Sono diventati 2.450, dopo le tappe sulle isole di Kalymnos, Leros e Lesbo. Arrivati al Pireo vengono trasferiti su dei bus verso Idomeni, vicino a Kilkis, al confine con l’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia dove la tensione è altissima.

La Macedonia ieri ha dichiarato lo stato di emergenza ai confini meridionali e settentrionali del paese, giustificando così la presenza dell’esercito a supporto delle forze di polizia. A Gevgelija, cittadina di 23.000 abitanti, al confine con la Grecia, in migliaia, da settimane, cercano di salire sui treni per raggiungere il nord Europa.
La presenza di poliziotti è stata rafforzata anche a Kumanovo e nella stazione ferroviaria di Tabanovce, entrambe nel nord del paese.
La notte scorsa a Gevgelija erano in tremila, donne, uomini e bambini che non ricevono nessun tipo di assistenza.

La mattina del 21 agosto, l’uso di lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo e granate assordanti per tentare di bloccare il flusso di migranti e rifugiati, ha provocato il ferimento di otto persone.

La situazione ormai è fuori controllo, la pressione di migliaia di persone, che non ha altre alternative, costringe le autorità a modificare i piani e dal pomeriggio di oggi consente il passaggio di gruppi di persone. L’allentamento della chiusura del flusso e l’ingresso di alcune centinaia di persone, attorno alle 17.00, ha provocato nuove tensioni. In 1.000 spingono per entrare.

Secondo quanto riferisce la Reuters, circa dieci persone sono svenute nella calca.
Da oggi sarà consentito l’ingresso in Macedonia di 300 migranti ogni due ore.

Non torneremo indietro, dicono i rifugiati a Gevgelija. E’ lo stesso messaggio che arriva anche più vicino a noi, dal Presidio No Border di Ventimiglia.

Eserciti e polizie potranno fermare il desiderio di libertà?

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Siamo arrivati sull’isola di Lesbo grazie a Miriam, una ragazza tedesca, che dopo essere stata in vacanza per diversi anni a Kos ha deciso di tornarci per fare qualcosa di concreto.
In Germania, a Karlsruhe, Miriam si occupa di immigrazione e antirazzismo.

Il blog, spiega, “nasce per catturare le mie esperienze e dargli una struttura. Ma soprattutto nasce dopo aver ascoltato quello che mi ha detto un rifugiato il primo giorno:
“Per quanto tempo dobbiamo rimanere in questo campo? Per quanto tempo ancora devo stare qui? Soffriamo di tutto. Non possiamo procurarci cibo, non ci sono medici, non c’è nessuno a cui chiedere … Davvero. Penso che siamo i dimenticati”.

Il mese scorso, riferisce l’UNHCR, sono arrivati ​​in Grecia più rifugiati e migranti che durante tutto il 2014.

Nel mese di luglio“, scrive in una nota l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, “sono arrivate in Grecia 50.242 persone, molte di loro in fuga dal conflitto in Siria, rispetto alle 43.500 dell’intero 2014. Questo drammatico aumento ha ormai portato a quota 160.000 il numero totale di rifugiati e migranti arrivati in Grecia”.

Il numero di arrivi via mare dal 1° gennaio al 14 agosto 2015 è pari a 158.456. Nello stesso periodo, sono entrati in Grecia anche 1.716 rifugiati e migranti attraverso la sua frontiera terrestre con la Turchia, portando il numero totale di arrivi (via mare e via terra) a quota 160.172.

Kara Tepe, 7th/8th August
Kara Tepe, 7th/8th August

La situazione a Lesbo, scrive Miriam, ora è leggermente migliorata.

Fonti ufficiali riferiscono la presenza di circa 8.000 rifugiati a Mitilene dei quali quasi un migliaio di nuovi arrivati, oltre 3.000 ospitati nei centri di prima accoglienza e 4.000 accampati per le strade.

Riportiamo i report e le fotografie di Miriam pubblicate sul suo blog lesvosrefugees.wordpress.com che documentano la situazione nell’Isola di Lesbo in Grecia l’8 e il 15 agosto.
Traduzione a cura di Ilaria Rossi, che ringraziamo.

Isola di Lesbo – 15 Agosto 2015

Ieri abbiamo distribuito cibo a Moria dopo che è arrivata la “cucina della solidarietà”.
Il gruppo ha distribuito cibo, per qualche giorno, prima a Kara Tepe e vuole continuare a farlo fino alla fine di settembre.
In questi giorni sono arrivati molti altri rifugiati. I campi profughi sono nuovamente stipati di persone. L’atmosfera è particolarmente accesa.

Quelli che sono arrivati da nord hanno ricominciato il loro cammino. I bus non possono portarli tutti. Ancora una volta vagano sotto al sole. È un casino.

Vedere persone grate per una bottiglia di acqua è un’esperienza deprimente.

Ieri notte molta gente al porto (principalmente rifugiati siriani) non è stata identificata. La polizia ha sospeso le procedure di identificazione attorno alle 23.

Siamo stati informati che con la fine delle operazioni di registrazione la gente ha iniziato a disperarsi e a comportarsi aggressivamente, e quando la polizia ha incontrato problemi nel contenerla, anch’essa ha reagito in maniera aggressiva. Quando siamo arrivati la situazione era di nuovo calma. Ma i dintorni del porto erano terribili. È incredibilmente sporco e c’è una puzza tremenda ovunque. Non c’è alcun tipo di struttura e le condizioni igieniche sono allarmanti.

Kara Tepe, 7th/8th August
Kara Tepe, 7th/8th August

Dopo un lungo periodo in cui non ho aggiornato il mio blog, fornirò una breve panoramica della situazione nell’area di Mitilene e dintorni.

Per ora il sindaco ha deciso di non chiudere il campo di Kara Tepe. Rimane il campo in cui vivono esclusivamente rifugiati siriani che aspettano di ottenere la carta di trasferimento. Il primo punto di registrazione dei dati dei rifugiati rimane principalmente il porto.

Moria è tuttora usata come un centro di detenzione ed è diventata (secondo me) uno dei posti più vulnerabili. C’è gente che aspetta ancora al di fuori della struttura, come durante il mio secondo giorno qui. L’unica differenza è che ora viene usata solamente per i rifugiati non siriani (principalmente afghani, pakistani, iracheni e, ovviamente, anche altre nazionalità) perché vi sono delle procedure diverse da seguire (come la registrazione delle impronte digitali) e perché, rispetto al sistema di accoglienza per i siriani, le procedure sono più lunghe.

Pikpa, in quanto campo non gestito dallo Stato, non ha dovuto affrontare questo tipo di problemi, ovviamente, e non è cambiata molto negli ultimi giorni e settimane. La gente va e viene, mentre altri rimangono.

Non parlerò di Pikpa, è gestita dall’associazione del villaggio e, rispetto a ciò che succede sull’isola, non si tratta della stessa cosa e non verrà quindi riportata qui.

Kara Tepe è stata attrezzata con docce e terreno fresco ed ospita ora molte meno persone. È finalmente stata dotata di un supporto medico e di altri servizi quali la distribuzione di pannolini, scarpe, assorbenti, sapone e così via.

Kara Tepe, 7th/8th August
Kara Tepe, 7th/8th August

C’è però da dire che MDM (Médecins du Monde, ndr) e MSF (Mèdecins Sans Frontiéres, ndr) hanno cominciato ad operare appena una settimana fa, quindi attorno all’1 agosto. Lunedì 3 agosto più di 15 tra dottori ed infermieri greci sono arrivati sul posto e hanno allestito una tenda che ospita una clinica di solidarietà. Quindi, negli ultimi cinque giorni c’è stato un supporto medico più che sufficiente. I medici di solidarietà hanno comunque fornito molto più che una semplice assistenza medica: hanno distribuito cose (beni di prima necessità, ndr), giocato e colorato con i bambini e, cosa più importante, erano presenti! Erano lì. Hanno dato a Kara Tepe un nuovo volto, perché c’era qualcuno a cui rivolgersi, e, pur non essendo parte delle autorità o degli effettivi responsabili, hanno comunque costituito, almeno per me, qualcosa di prezioso.

I medici ripartiranno domani. Sono stati fantastici! Sono così contenta che siano stati qui. Lasceranno anche le tende e hanno organizzato un incontro con i dottori locali perché ci sia un’effettiva continuazione del loro prezioso operato.

Quindi, molte cose sono migliorate a Kara Tepe, anche se i nuovi arrivati rimangono comunque scioccati quando scoprono Kara Tepe e quando devono affrontare l’incertezza di non sapere quanto a lungo dovranno rimanere. Fortunatamente, per quello che posso dire per ora, chi arriva deve aspettare le carte per un tempo approssimativo di due notti o meno.

Si può dire che Kara Tepe sia migliorata? Decisamente sì. Ma per quanto riguarda i bagni? La disponibilità di tende? Il cibo? No. Niente. Non sappiamo cosa abbiano in mente le ONG e quali siano i prossimi passi da intraprendere. E, inoltre, l’autunno sta arrivando. Non potrà continuare così a lungo.

Kara Tepe 5th August 2015
Kara Tepe 5th August 2015

(Mi accorgo solo ora – e magari anche voi, cari lettori – che non mi ha neanche nemmeno sfiorato l’idea di possibili aiuti o miglioramenti da parte dell’UE che possano arrivare dal sindaco o dal comune. Beh, la situazione è questa. Non passa nemmeno per la testa.)

E anche se mi piacerebbe pensare che l’orrore delle ultime settimane a Kara Tepe si è potuto evitare, mi sento che si sia solamente stato rinviato. Kara Tepe, così come l’ho vista la prima volta, non è finita. Ha solamente un altro nome, e si chiama Moria.

Con Moria sono emersi un sacco di altri problemi: prima di tutto, non si saprà mai quello che succede al suo interno. In secondo luogo, quando parlo di Moria mi riferisco a coloro che aspettano al di fuori della struttura, per quanto riguarda il suo interno, ancora una volta, non si sa nulla. E terzo: poiché non è nemmeno un’area ufficialmente esistente, e forse proprio perché la gente si trova già qui, non è facile reperire alcun tipo di aiuti dato che nessuno sa bene chi siano i responsabili (la polizia? Il sindaco?) e perché è facile dimenticarsi di queste persone.

Esattamente. Dimenticarsi delle persone. Che cosa fottutamente disgustosa.

Didascalia:
Immagini da Moria, 3 agosto. Cos’è un campo di detenzione? È quando nessuno può uscire o entrare e, quindi, nessuno può aiutare, né può essere autorizzato a scattare delle foto o a documentare ciò che vi accade. È esattamente quello che sembra: una prigione.

Moria camp and outside, 3rd August
Moria camp and outside, 3rd August
Moria camp and outside, 3rd August: people´s “tents”
Moria camp and outside, 3rd August: people´s “tents”
Moria camp and outside, 3rd August: a prison
Moria camp and outside, 3rd August: a prison