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Diario dalle mura della fortezza Europa

Resoconto da Idomeni (Grecia) della staffetta #overthefortress

Sabato 5 dicembre

Nel primo pomeriggio di sabato la staffetta #overthefortress è arrivata al campo di Idomeni, a nord della Grecia al confine con la Macedonia. Il campo è diviso in due parti: il Campo A gestito alle ONG istituzionali e il Campo B, dove si trovano le cucine autogestite di volontari e attivisti internazionali. Provengono da: Germania, Italia, Repubblica Ceca, Serbia, Regno Unito, Olanda, Brasile, Australia.

La frontiera ora è chiusa. Apre a intermittenza su decisione dell’esercito macedone.

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Chi è autorizzato a passare è in attesa che il cancello macedone venga riaperto: bambini di qualsiasi età, donne, neonati, uomini sono tutti seduti a terra e sono stremati. Sono siriani, iracheni e afghani: tutti devono presentare ai militari macedoni il foglio attestante la provenienza consegnatogli a Lesbo. Sono divisi in due gruppi molto numerosi per controllarne il flusso: appena scendono dagli autobus la polizia greca li dirige lungo i binari del treno dove vengono fermati dalle transenne; il secondo punto di arresto è lungo la rete e il filo spinato che divide i due paesi. Aspettano ore e ore.

UNHCR e MSF sono presenti, ma il loro sostegno ai transitanti non è evidente, il numero degli operatori è esiguo rispetto al numero di persone che attraversa il campo.

I binari delle ferrovie costeggiano i due campi e nella piccola stazione ferroviaria di Idomeni è stato occupato un treno merci dove si dorme e si cucina. Lungo la ferrovia e negli spazi che costeggiano i due campi sono piantate le piccole tende da campeggio donate da chi sostiene la Balcan Route.

Tantissime persone vivono al freddo nelle tendopoli improvvisate, impossibile fare una stima.

Sono curdi, iraniani, somali, palestinesi, libanesi, pakistani, marocchini ai quali non è permesso attraversare il confine. Anche se possono accedere allo status di rifugiati per loro vale Dublino e devono fare richiesta d’asilo qui in Grecia, ma non a Idomeni devono tornare ad Atene. Per loro la frontiera rimane chiusa e la rotta balcanica finisce qui.

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Domenica 6 dicembre

Lungo la statale E75 che da Salonicco porta a Idomeni, all’altezza della cittadina di Polykastro, c’è la stazione di servizio dove vengono fatti fermare i pullman che da Atene portano i migranti sul confine. Oggi sono tantissimi ne contiamo più di trenta alle 9.00 della mattina.

La situazione è surreale: tutti sono convinti di andare direttamente in Macedonia, non gli è stato detto che resteranno fermi per ore e ore a Idomeni, né che attraverseranno il confine a piedi. Alcuni non sono a conoscenza che potranno passare solo siriani, iracheni e afghani.

Intanto all’autogrill tutti fanno spesa. C’è chi aspetta qui nella piazzola da sei ore e la stanchezza è tanta.

“Il flusso non è così elevato tutti i giorni” dicono i gestori del punto di ristoro, mentre incassano migliaia e migliaia di euro. Un biglietto di viaggio da Atene a Idomeni è stato pagato dai 20 ai 35 euro. Dipende dalla compagnia. Una volta entrati in Macedonia i transitanti pagando 25 euro potranno prendere il treno direzione Serbia.….almeno la Macedonia ha deciso un prezzo uguale per tutti.

Ecco la sintesi della mattinata: facendo due semplici conti viene fuori che sulla rotta Balcanica si guadagna sulle spalle di chi chiede di passare i confini. Sarà mica che l’Europa ha deciso di far passare siriani, iracheni e afghani perché forse da loro si riesce a prendere qualche soldo? Con questa domanda ci incolonniamo in mezzo ai pullman che partono scaglionati, direzione Idomeni.

Le voci sullo sgombero non sono state confermate. Al campo sono fermi tantissimi pullman e anche se la frontiera è aperta il passaggio è molto lento, solita attesa a terra, solita fila lungo la rete.

Ci sono due manifestazioni oggi in contemporanea. Da una parte la comunità iraniana dall’altra quella marocchina, entrambi i presidi chiedono all’Europa di aprire i confini, ma di fronte a loro nessuna autorità con cui parlare c’è solo la polizia in tenuta antisommossa che deve evitare che percorrano quei 30 metri che li separa dalla frontiera.

La polizia è entrata nel campo B e un loro furgone è stato parcheggiato all’ingresso del campo. La strategia greca per liberare il campo sembra uno sgombero soft fatto di annunci, riduzione del cibo e acqua poca e fredda per lavarsi. Così si costringono le persone ad andarsene “spontaneamente” con i pullman, questa volta gratis, diretti ad Atene. Il compito della comunicazione spetta agli operatori dell’UNHCR.

La distribuzione del cibo è molto complica: nel campo A per pranzo forniscono panini e per cena arriva un camioncino del catering. Le file sono lunghissime e meno della metà delle persone riesce a prendere qualcosa da mangiare. Allora tutti si riversano sulle tre cucine autogestite del campo B che non solo danno da mangiare, ma distribuiscono anche la merenda e delle bevande calde. Tutto a spese degli attivisti e delle donazioni che ricevono. Nelle cucine autogestite c’è una bella atmosfera e anche i migranti bloccati ad Idomeni danno una mano.

Quando cala il buio arrivano subito freddo ed umidità, si accendono ovunque falò per scaldarsi. Oggi fortunatamente sono arrivati i ciocchi di legno. E a quell’ora che gli attivisti internazionali cominciano a fare il giro tra le tende dei campi autogestiti e a distribuire vestiti, coperte e sacchi a pelo.

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Lunedì 7 dicembre

Anche oggi ci fermiamo alla stazione di servizio di Polykastro e decidiamo di distribuire l’ultima sacca di vestiti portata dalle Marche a chi è in pullman e passerà il confine. Ci sono neonati in braccio a mamme infreddolite e spaventate, ma anche bambini che corrono qua e là felicissimi per aver ricevuto un nuovo giubbetto contro il freddo.

A Idomeni c’è una strana calma oggi. Sembra che molte persone abbiano lasciato il campo per tornare ad Atene, sono soprattutto famiglie sfinite per la vita nel campo. Oggi c’è anche molta più polizia, diversi ufficiali in alta uniforme e molti giornalisti. Il container di Frontex, posizionato tra il campo A e il campo B, è sempre chiuso.

A metà mattina tutti gli internazionali vanno al campo B dove entrano i poliziotti chiamati dalla Caritas Hellas che su ordini ricevuti da Atene, manda via chi, sta vivendo per ripararsi dal freddo, dentro i due container Caritas.

Alle 11,30 sui binari che portano alla frontiera con la Macedonia inizia il presidio di chi è discriminato perché non proviene dai “paesi giusti”: le donne somale con la loro dignità sono in prima fila nelle proteste, vicino a loro le famiglie iraniane e libanesi. Al presidio si unisce anche chi proviene dal magreb. “Open the border”, “we are one”, “help us” sono gli slogan che tutti insieme gridano per chiedere l’apertura della frontiera. Inascoltati anche oggi.

Poco dopo, dalle tende della comunità marocchina è iniziato un altro presidio.

Tutti i migranti che non possono attraversare il confine a causa della loro nazionalità sono accomunati da uno status contraddistinto dall’assenza di diritti in cui sono costretti a vivere, rimangono in uno stato di limbo, non possono andare oltre ma di certo non possono tornare indietro, perché un posto dove tornare non c’è.

Quello che sta accadendo nella piccola cittadina greca di Idomeni al confine con la Macedonia è emblematico. Ci sono dei luoghi in Europa dove tutto precipita dove si può toccare con mano l’ipocrisia, il razzismo e la paura. Calais, Ventimiglia, Melilla ed Idomeni sono solo alcuni dei luoghi dove si concretizzano le conseguenze del terrorismo dell’IS, il razzismo della destra europea e l’ipocrisia dei governi. Migliaia di persone bloccate ai confini, ognuno con la propria storia drammatica, famiglie intere costrette a patire il freddo e la miseria con l’unico conforto di attivisti internazionali indipendenti che fanno quello che possono. Le grandi ONG fanno giusto il minimo per dire che ci sono, ma da più parti si stanno levando denunce contro alcune di loro accusate di collaborazionismo con gli eserciti nazionali.

Ad Idomeni la polizia seleziona per etnie i migranti consentendo ad alcuni di passare mentre ne blocca altri, gli iracheni , i siriani e gli afghani possono passare gli altri no, moltissimi somali, bengalesi, nepalesi, marocchini etc. Per tutti un’accoglienza indegna costretti a lunghe file, a camminare a piedi sotto la minaccia delle armi. Siamo tutti esseri umani ha scritto qualcuno in un cartello, a ricordare l’universalità dei diritti e la fratellanza degli uomini. La politica ed i media se ne fregano di queste persone nessuna notizia da Idomeni nessun aiuto, i media si riempiono di commenti sulla vittoria del FN francese che fondamentalmente ben rappresenta la strada dove ci sta portando l’odio ed il fascismo predicato dalla Lega, dal Is, dal Fn e da buona parte di politica europea.

Valentina, Eleonora, Michela, Annapaola staffetta #overthefortress

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