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Diario di viaggio Idomeni 3

Terzo contributo Macao: diario di viaggio Idomeni

La burocrazia è una di quelle cose con cui nessuno vorrebbe avere a che fare. La frustrazione generata dalle procedure macchinose è sempre altissima, per chiunque. Figuriamoci quando si tratta di procedure dalle quali dipende il futuro di una famiglia che sta viaggiando da mesi attraverso l’Europa in balia delle intemperie, della violenza e del rifiuto…

La Grecia è tenuta a fornire un dispositivo per permettere ai rifugiati di chiedere asilo, una rilocazione o un ricongiungimento familiare. Inizialmente questo avveniva direttamente negli uffici immigrazione, magari con qualche difficoltà dovuta a barriere linguistiche o poca conoscenza della materia, ma il funzionamento era discretamente chiaro. Al momento purtroppo, nessuna domanda è più accettata direttamente dagli uffici competenti ma è necessario passare attraverso una tortuosa procedura, talmente poco chiara e non funzionante, che sta rendendo impossibile alle persone l’accesso ai dispositivi di accoglienza e protezione ai quali avrebbero diritto.

Di per se i passaggi da seguire non sono complessi: i richiedenti devono videochiamare, tramite skype, un contatto messo a disposizione delle autorità e fissare, con l’aiuto dell’operatore che parla la stessa lingua, un appuntamento presso l’ufficio di competenza ed espletare le pratiche necessarie.

La prima osservazione che viene spontanea riguarda i limiti tecnici di questa soluzione. Si chiede a persone che sono in viaggio da mesi, in condizioni disperate e spesso senza denaro, di avere a disposizione un mezzo tecnologico e una connessione a internet sufficientemente potente per effettuare una videochiamata e presentare la domanda. Come è possibile immaginare, sono ben poche le persone in grado di effettuare tale operazione sia per competenza che per assenza di mezzi.

Oltretutto, potrà sembrar strano, ma questo è il minore dei problemi. Infatti l’accesso stesso alla procedura, pur possedendo tutti i mezzi necessari, risulta praticamente impossibile a causa dell’estrema disorganizzazione delle autorità e alla scarsità di risorse dedicate.

Infatti, queste fantomatiche chiamate si possono effettuare solo in determinati orari il cui calendario cambia continuamente ed è disponibile solamente online; l’account skype da contattare varia in base alla lingua e al tipo di necessità, generando una gran confusione; infine, nella remota ipotesi di avere i mezzi, indovinare l’orario e contattare il giusto account, dall’altra parte non risponderà nessuno perché, a detta delle autorità, le linee sono congestionate.

Quello che quotidianamente si fa alla infotend, è proprio assistenza circa questa procedura. Dalla mattina alla sera i volontari accolgono le persone in cerca di spiegazioni. Quotidianamente, ogni aggiornamento, calendario e notizia, vengono stampati e appesi nella grande bacheca. I volontari passano le giornate a spiegare alle persone la procedura e assisterle nella richiesta e, grazie alla connessione wifi e ai pc a disposizione, anche nell’infruttuoso tentativo di chiamare.

In questi 3 giorni, diverse decine di persone hanno tentato di mettersi in contatto con gli operatori negli orari corretti, ma nessuno è mai riuscito a prendere la linea.

Come se non bastasse, sta iniziando a diventare complesso mantenere attiva la infotend dalla mattina alla sera. La corrente elettrica non c’è e, per garantire connessione e computer, si fa affidamento su generatori a benzina. Dopo gli scontri della settimana scorsa però, la polizia greca sembra essersi accanita particolarmente con gli attivisti al punto di arrivare ad arrestarne alcuni con dei semplici pretesti, come il possesso di coltellini multiuso. Una conseguenza di questo giro di vite è il divieto di portare benzina all’interno del campo, ad esclusione dei trasporti autorizzati per le grandi ong, pena il sequestro e un bel viaggio in questura.

Certo qualche soluzione empirica l’abbiamo trovata e infatti riusciamo a tenere accesi i generatori anche 6-7 ore al giorno per permettere agli abitanti di Idomeni di ricaricare i cellulari e continuare a lavorare, ma al momento non si intravede nessuna soluzione a lungo termine.

Non voglio mettere in discussione l’operato delle ong, anzi, i mezzi di cui dispongono vanno spesso oltre l’immaginabile. Però i gruppi di attivisti indipendenti sono fondamentali perché arrivano dove le grandi organizzazioni non riescono o non possono. La scuola, la infotend, il centro medico dei bomberos spagnoli sono esempi di piccole realtà che riescono a raggiungere capillarmente aree di campo remote e non gestite, e garantire una continuità di assistenza e servizi a chi non rientra nei conteggi ufficiali. E le politiche atte a scoraggiare questo tipo di realtà sono dannose e pericolose. Invece che favorire la collaborazione e la creazione di reti di assistenza e servizi, cercano di portarti alla divisione delegittimando alcuni piuttosto che altri, perquisendo alcuni piuttosto che altri, rendendoti la vita così complicata da costringerti a fermarti completamente.

Per fortuna, qua nessuno si ferma. Siamo forti, motivati, e bellissimi con le nostre diversità, i nostri metodi non ufficiali e alle volte poco ortodossi e la necessità di proseguire in questo percorso spesso così dissestato e in salita.

Ogni “grazie” ricevuto, ogni sorriso, ogni cosa fatta per qualcuno, è li a ricordarci che questa strada, così impegnativa, è quella giusta.

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