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Dietro la maschera dell’accoglienza: dedizione, competenza e coraggio

Intervista a Sabrina Yousfi (Coop. Alternata S.I.Lo.S onlus) di Paolo Galante Auriemma, vurpblog - 13 agosto 2016

Il dibattito europeo, ed extraeuropeo, su terrorismo e immigrazione si è fatto sempre più accesso nell’arco dell’ultimo anno. Nonostante l’appello di esperti sociologi, come Bauman, che hanno ribadito più volte di non sovrapporre i due fenomeni, rappresentanti politici e media stanno contribuendo alla diffusione di una visione distorta degli eventi che genera l’unico risultato di amplificare l’onda emotiva e populista che sta ricoprendo i Paesi “occidentali”.

Fin troppo spesso si è data la parola a chi si limita agli slogan politici e alla retorica da talk show, escludendo chi d’immigrazione si occupa realmente ogni giorno:
attivisti, volontari e lavoratori.
La loro presenza sul territorio italiano è ben distribuita tramite associazioni e cooperative che collaborano con i vari CAS 1, CARA 2 e SPRAR 3.

In questo panorama si distingue il comune di Itri (LT); uno dei pochi che ha preso in gestione diretta questo tipo di progetto, in cui di recente degli attivisti di Casapound del luogo hanno appeso uno striscione con scritto “Dietro la maschera dell’accoglienza, l’immigrazione è solo business“ sui muri del municipio che gestisce un progetto SPRAR della cooperativa “Alternata S.I.Lo.S onlus”.

Cooperativa di cui Sabrina Yousfi è socia ed impegnata come insegnante di italiano L2 4.

Sabrina nasce 29 anni fa in Svizzera da madre italiana e padre di origini algerine e siriane, si laurea in studi linguistici ed antropologici, da 3 anni lavora come insegnante e mediatrice linguistico culturale presso le cooperative “Alternata SILos onlus” e “Arte Insieme” (quest’ultima a gestione CAS).
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L’ultimo episodio dello striscione del comune di Itri, come quello dell’aggressione da te subito, rispecchia perfettamente il clima che si sta creando intorno al tema dell’immigrazione in Italia.
La gestione del CARA di Mineo, dei confini di Francia, Svizzera e Austria e della famose ‘’coop rosse’’ di Mafia Capitale ha contribuito a mettere in risalto solo l’aspetto negativo del sistema dell’accoglienza e dei suoi fondi. Cosa rispondi a chi vi accusa di aver trasformato l’immigrazione in un business?

Non ci sono dubbi che nel sistema ci siano delle falle o chi cerca di approfittarne, ma – qui ad Itri – abbiamo sempre cercato di fare un lavoro responsabile, senza buttarci a capofitto nel tentativo di fare e richiedere progetti per la primissima accoglienza – purtroppo spesso forniti senza un’attenta selezione – ma valutando meticolosamente l’impatto sul territorio che potrebbero avere le persone che accogliamo: l’obiettivo è quello di creare un’integrazione a 360° che abbracci sia i migranti che i cittadini autoctoni.
Per esempio su un territorio dove ci sono 9.000 abitanti pensare di ospitare in un albergo, come prima accoglienza, 200 persone non è un buon impatto sul territorio e non si crea nessun tipo di integrazione.

Ma soprattutto questo non è un lavoro che si può fare esclusivamente per soldi.

Queste persone arrivano nei nostri centri di prima accoglienza, quando non passano per hotspot, dopo 8 o 10 ore dallo sbarco, con la tutina bianca con loro nome scritto sopra, spesso malati di scabbia, tubercolosi o varicella.

In me trovano una persona preparata per quanto riguarda le loro storie, il tipo di viaggio che affrontano, la permanenza in Libia. Per loro questo è molto importante, perché semplicemente hanno bisogno di essere totalmente compresi.

Insegnare italiano a questi ragazzi, o come li chiamo io ‘’i miei ragazzi’’ anche se spesso sono più grandi di me, è un’esperienza molto forte, ma molto bella.

Si prova una grandissima soddisfazione ad insegnare a leggere e scrivere a delle persone che non hanno mai tenuto una penna in mano e di metterle nelle condizioni di riuscire a farsi comprendere e quindi di comunicare.

Al di là della soddisfazione professionale c’è anche quella personale; perché probabilmente l’insegnante in questo tipo di contesti è quello che passa più tempo assieme a loro, per almeno 2 – 3 ore al giorno, e quando bisogna esprimere dei concetti o dei pensieri, loro, di solito, fanno sempre riferimento alle loro storie o alla loro vita nei Paesi di origine o addirittura al loro viaggio.

In qualche modo, l’insegnamento è anche qualcosa di terapeutico, perché riescono a tirar fuori, spontaneamente e non in maniera costrittiva – come succederebbe con uno psicoterapeuta che li fa domande personali, direttamente o indirettamente – le loro paure, le loro emozioni e il dolore che hanno provato.

Come si può ben capire, non è un lavoro che può essere fatto con leggerezza o per i soldi.
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Il sistema d’accoglienza italiano è considerato il migliore in Europa, ma nonostante ciò le problematiche sono diverse. Quali sono le principali?
Il sistema d’accoglienza italiano è considerato il migliore fra quelli europei probabilmente perché è l’unico.
Ci sono tantissime problematiche, legate soprattutto alla solita lentezza e disorganizzazione della burocrazia italiana.
Quando un migrante arriva in un hotspot, si prendono le impronte digitali e si fa il foto-segnalamento, dopodiché viene trasferito in un centro di prima accoglienza (CAS), dove il tempo di permanenza previsto dovrebbe essere di massimo 2 mesi, al termine dei quali il migrante dovrebbe essere trasferito in un centro di seconda accoglienza (SPAR). Le problematiche principali nascono proprio in queste due ultime fasi, perché, nonostante siano gestiti entrambi dal Ministero dell’Interno, Cas e Spar non comunicano e collaborano fra di loro.
Ad esempio, se tu sei un semplice albergatore che ha delle camere libere, ti metti in contatto con una cooperativa locale e la prefettura facendo richiesta per accogliere gli immigrati e la richiesta ti viene subito accettata. La Prefettura ha solo l’interesse di trovare vitto e alloggio al migrante, formalmente si preoccupa della presenza di un insegnante, di un avvocato e/o di un mediatore ma in realtà la loro assenza non pregiudicherà l’accettazione della richiesta.

Mentre per gli SPRAR la procedura è molto rigorosa e selettiva:
esperienza pluridecennale, équipe multidisciplinare, ecc..
Quest’ultimo si potrebbe considerare un aspetto più che legittimo se ci fosse comunicazione fra i due enti. Realmente ciò comporta che negli SPRAR, dove i migranti sono messi in condizioni di semi-autonomia, ci siano pochi posti disponibili e ci finiscano solo coloro che sono stati segnalati. Il più delle volte, in molti restano negli alberghi per tantissimo tempo senza che siano messi in condizione per rendersi autonomi.

Cosa succede ai migranti che restano a lungo in centro di prima accoglienza?
A coloro che restano a lungo nei CAS non viene fornita nessun tipo di preparazione e la maggior parte delle volte la loro richiesta d’asilo viene rifiutata; rifiuto a cui segue un ricorso in tribunale che si stagna nei tempi lenti della giustizia. Questo comporta che la domanda di richiedente asilo resti in sospeso e di conseguenza l’impossibilità di trovare un lavoro.
Non potendo lavorare con un contratto molti di loro diventano vittime del caporalato nelle campagne del sud Italia o ancora peggio pedine al servizio della criminalità organizzata.

A dimostrazione di ciò c’è stata una forte denuncia da parte dei ragazzi di “WelcomeTaranto” a proposito dell’hotspot di quella città: a tutti i migranti provenienti dal Gambia è stato fatto firmare un documento – che ovviamente loro non comprendono e senza la presenza di un mediatore linguistico culturale – in cui dichiarano di rifiutare di presentare la domanda di richiesta d’asilo e/o di protezione internazionale; di conseguenza vengono allontanati dall’hotspot con una dichiarazione di respingimento secondo la quale dovrebbero lasciare entro 10 giorni l’Italia. Una volta fuori si ritrovano senza soldi, documenti, passaporti ed impossibilitati a prendere un aereo per ritornare nel loro Paese d’origine. Considerando che l’Italia non effettua rimpatri coatti, sono praticamente clandestini sul nostro territorio, reato che viene punito con la reclusione se recidivo.
Come si può ben immaginare vengono assorbiti dal sistema del capolarato e come spesso è successo muoiono sotto al sole senza che nessuno sappia neanche il loro nome.

Sabrina con alcuni studenti
Sabrina con alcuni studenti

Il tuo è un lavoro delicato non solo dal punto di vista professionale ma anche da quello personale. Infatti, non a caso solo pochi mesi fa sei stata vittima di un’aggressione. Considerando che i dati dimostrano che l’emergenza migranti è più percepita che reale, quali aspetti credi che stiano contribuendo alla diffusione di episodi come quello che hai subito?
Per quanto riguarda l’aggressione che ho subito, non voglio scendere troppo nei dettagli, considerando che le indagini a riguardo sono ancora in corso. In ogni caso, per quanto riguarda il comune di Itri, va fatta una premessa: nella nostra zona non ci sono grosse realtà sociali, sia per quanto riguarda un centro sociale che possa essere un po’ più di sinistra che di gruppi nazi o di neofascisti, ci sono delle sedi di FN e Casapound ma tendenzialmente sono abbastanza innocue. Anche se questa zona è a prevalenza fascista – dopotutto la provincia di Latina è nata sotto il dominio di Mussolini – non credo che bisogni cercare in questo aspetto le motivazioni.
Credo che le motivazioni risiedano nella politica distorta, alimentata dai media, che in TV fa vedere solo ed esclusivamente che il problema dell’Italia siano i migranti. I migranti sono cattivi e quelli che li aiutano sono molto peggio. Cioè, come si può pensare di aiutare un immigrato e non un italiano?! Quando viene dato tantissimo spazio a personaggi pubblici come Salvini e Meloni che contribuiscono a diffondere enormi falsità su questo tema nei vari talk show – in cui non sono quasi mai invitate persone preparate e rispondere, che hanno i dati, conoscono le leggi e tutti i fenomeni legati alla migrazione – l’italiano medio che gli ascolta, che ovviamente non è un esperto del settore, viene facilmente condizionato e veicolato verso una percezione distorta del fenomeno immigratorio. Perché fondamentalmente non c’è nessun tipo di emergenza neanche quest’anno. Quindi io credo sia stato questo, hanno così tanto esasperato le persone sull’argomento che alla fine un tizio qualsiasi si sente giustificato a compiere gesti come quello che ho subito io.

Ma alla fine tutto questo fa parte di una disinformazione controllata e voluta da politica e media, perché è davvero ridicolo parlare di immigrazione come se fosse un fenomeno che ti crea problemi, ti toglie soldi, ecc.. quando ci sono tantissime altri problemi che prosciugano molte più risorse. Non si parla mai di immigrazione per quanto riguarda i diritti umani, nonostante molte ONG come “Lasciateci Entrare” e “Adf” (Associazione Diritti e Frontiere) non fanno altro che denunciare gli abusi che donne e bambini subiscono negli hotspot oppure dei 7 tentativi di suicido di quest’anno al CARA di Mineo.
Di questo non si parla mai, perché il migrante non è un essere umano, il migrante è solo un problema. Quindi è molto probabile che una persona un po’ più destabilizzata, prenda una mazza e te la spacchi in testa perché tu sei un infame che aiuta i migranti.

  1. I CAS sono Centri di Accoglienza Straordinaria, creati per sopperire alla mancanza di posti nelle strutture ordinarie di accoglienza. Tali strutture sono individuate dalle prefetture, in convenzione con cooperative,associazioni e strutture alberghiere. La permanenza nella struttura dovrebbe essere limitata al tempo necessario per trasferire il richiedente alle strutture di seconda accoglienza. Dovrebbero essere utilizzate in casi di estrema emergenza, ma ad oggi costituiscono una modalità ordinaria di accoglienza. Fonte: openmigration.org
  2. I Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA) sono stati istituiti nel 2002 con la denominazione di Centri di Identificazione (CDI). Tali centri sono chiamati ad ospitare i richiedenti asilo ammessi, o comunque presenti, sul territorio nazionale in attesa dell’esito della procedura di richiesta della protezione internazionale. Fonte: osservatoriomigranti.com
  3. Lo SPRAR, acronimo di Servizio di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati,è una rete di centri di seconda accoglienza, finalizzata ad offrire misure di assistenza e di protezione al singolo beneficiario e a favorirne il percorso di integrazione attraverso l’acquisizione di una ritrovata autonomia Fonte: osservatoriomigranti.com
  4. L’italiano L2 è una Modalità d’insegnamento ed apprendimento della lingua dedicata agli stranieri, caratterizzata da un insegnamento misto: in parte controllato e in parte spontaneo. Insegnare l’Italiano L2 richiede abilità e competenze specialistiche, che si acquisiscono tramite una formazione specifica e a una pratica professionale sul campo.
    Fonte: milano.italianostranieri.org