Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Tratto dalla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 19 luglio 2000

Direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 2000

Parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica

Il Consiglio dell’ Unione Europea

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare
l’articolo 13,

vista la proposta della Commissione (1),

visto il parere del Parlamento europeo (2),

visto il parere del Comitato economico e sociale (3),

visto il parere del Comitato delle regioni (4),

considerando quanto segue:
(1) Il trattato sull’Unione europea segna una nuova tappa
nel processo di creazione di un’unione sempre più
stretta tra i popoli dell’Europa.

(2) Conformemente all’articolo 6 del trattato sull’Unione
europea, l’Unione europea si fonda sui principi di libertà,
democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà
fondamentali e dello Stato di diritto, principi che sono
comuni a tutti gli Stati membri e dovrebbe rispettare i
diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri, in
quanto principi generali del diritto comunitario.

(3) Il diritto all’uguaglianza dinanzi alla legge e alla protezione
di tutte le persone contro le discriminazioni costituisce
un diritto universale riconosciuto dalla Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo, dalla Convenzione
delle Nazioni Unite sull’eliminazione di ogni forma di
discriminazione nei confronti della donna, dalla Convenzione
internazionale sull’eliminazione di tutte le forme
di discriminazione razziale, dai Patti delle Nazioni Unite
relativi rispettivamente ai diritti civili e politici e ai diritti
economici, sociali e culturali e dalla Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, di cui tutti gli Stati membri sono
firmatari.

(4) È importante rispettare tali diritti e libertà fondamentali,
tra cui il diritto alla libertà di associazione.
È altresì
importante riguardo all’accesso ai beni e ai servizi e alla
fornitura degli stessi, rispettare la protezione della vita
privata e familiare e delle transazioni operate in tale
contesto.

(5) Il Parlamento europeo ha adottato numerose risoluzioni
sulla lotta contro il razzismo nell’Unione europea.

(6) L’Unione europea respinge le teorie che tentano di dimostrare
l’esistenza di razze umane distinte.
L’uso del
termine «razza» nella presente direttiva non implica l’accettazione
di siffatte teorie.

(7) Il Consiglio europeo riunitosi a Tempere il 15 e 16
ottobre 1999 ha invitato la Commissione a presentare
quanto prima proposte di attuazione dell’articolo 13 del
trattato CE per quanto riguarda la lotta contro il
razzismo e la xenofobia.

(8) Gli orientamenti in materia di occupazione per il 2000,
approvati dal Consiglio europeo di Helsinki del 10 e 11
dicembre 1999, ribadiscono la necessità di promuovere
le condizioni per una partecipazione più attiva sul
mercato del lavoro, formulando un insieme coerente di
politiche volte a combattere la discriminazione nei
confronti di gruppi quali le minoranze etniche.

(9) Le discriminazioni basate sulla razza o sull’origine etnica
possono pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del
trattato CE, in particolare il raggiungimento di un
elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il
miglioramento del tenore e della qualità della vita, la
coesione economica e sociale e la solidarietà. Esse
possono anche compromettere l’obiettivo di sviluppare
l’Unione europea in direzione di uno spazio di libertà,
sicurezza e giustizia.

(10) Nel dicembre del 1995 la Commissione ha presentato
una comunicazione intitolata «Contro il razzismo, la
xenofobia e l’antisemitismo».

(11) Il 15 luglio 1996 il Consiglio ha adottato un’azione
comune (96/443/GAI) nell’ambito dell’azione intesa a
combattere il razzismo e la xenofobia (5) in cui gli Stati
membri si impegnano ad assicurare un’effettiva cooperazione
giudiziaria per quanto riguarda i reati basati sui
comportamenti razzisti o xenofobi.

(12) Per assicurare lo sviluppo di società democratiche e
tolleranti che consentono la partecipazione di tutte le
persone a prescindere dalla razza o dall’origine etnica, le
azioni specifiche nel campo della lotta contro le discriminazioni
basate sulla razza o l’origine etnica dovrebbero
andare al di là dell’accesso alle attività di lavoro
dipendente e autonomo e coprire ambiti quali l’istruzione,
la protezione sociale, compresa la sicurezza
sociale e l’assistenza sanitaria, le prestazioni sociali, l’accesso
a beni e servizi e la loro fornitura.

(13) Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata sulla
razza o l’origine etnica nei settori di cui alla presente
direttiva dovrebbe pertanto essere proibita in tutta la
Comunità. Tale divieto di discriminazione dovrebbe
applicarsi anche nei confronti dei cittadini dei paesi
terzi, ma non comprende le differenze di trattamento
basate sulla nazionalità e lascia impregiudicate le disposizioni
che disciplinano l’ingresso e il soggiorno di cittadini
dei paesi terzi e il loro accesso all’occupazione e
all’impiego.

(14) Nell’attuazione del principio della parità di trattamento a
prescindere dalla razza e dall’origine etnica la Comunità
dovrebbe mirare, conformemente all’articolo 3, paragrafo
2, del trattato CE, ad eliminare le inuguaglianze,
nonché a promuovere la parità tra uomini e donne,
soprattutto in quanto le donne sono spesso vittime di
numerose discriminazioni.

(15) La valutazione dei fatti sulla base dei quali si può argomentare
che sussiste discriminazione diretta o indiretta è
una questione che spetta alle autorità giudiziarie nazionali
o ad altre autorità competenti conformemente alle
norme e alle prassi nazionali. Tali norme possono prevedere
in particolare che la discriminazione indiretta sia
stabilita con qualsiasi mezzo, compresa l’evidenza statistica.

(16) È importante proteggere tutte le persone fisiche contro
la discriminazione per motivi di razza o di origine
etnica. Gli Stati membri dovrebbero inoltre, se del caso e
conformemente alle rispettive tradizioni e prassi nazionali,
prevedere una protezione per le persone giuridiche
che possono essere discriminate per motivi di razza o
origine etnica dei loro membri.

(17) Il divieto di discriminazione non dovrebbe pregiudicare
il mantenimento o l’adozione di misure volte a prevenire
o compensare gli svantaggi incontrati da un gruppo di
persone di una determinata razza od origine etnica e tali
misure possono permettere le organizzazioni delle
persone in questione se il loro principale obiettivo è la
promozione di speciali necessità delle stesse.

(18) In casi strettamente limitati, una differenza di trattamento
può essere giustificata quando una caratteristica
collegata alla razza o all’origine etnica costituisce un
requisito essenziale e determinante per lo svolgimento
dell’attività lavorativa, la finalità è legittima e il requisito
è proporzionato. Tali casi dovrebbero essere indicati
nelle informazioni trasmesse dagli Stati membri alla
Commissione.

(19) Le vittime di discriminazione a causa della razza o dell’origine
etnica dovrebbe disporre di mezzi adeguati di
protezione legale. Al fine di assicurare un livello più
efficace di protezione, anche alle associazioni o alle
persone giuridiche dovrebbe essere conferito il potere di
avviare una procedura, secondo le modalità stabilite
dagli Stati membri, per conto o a sostegno delle vittime,
fatte salve norme procedurali nazionali relative a rappresentanza
e difesa in giustizia.

(20) L’efficace attuazione del principio di parità richiede un’adeguata
protezione giuridica in difesa delle vittime.

(21) Le norme in materia di onere della prova devono essere
adattate quando vi sia una presunzione di discriminazione
e, per l’effettiva applicazione del principio della
parità di trattamento, l’onere della prova debba essere
posto a carico del convenuto nel caso in cui siffatta
discriminazione sia dimostrata.

(22) Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare le norme
in materia di onere della prova ai procedimenti in cui
spetta al giudice o ad altro organo competente indagare
sui fatti. I procedimenti in questione sono pertanto quelli
in cui l’attore non deve dimostrare i fatti, sui quali spetta
al giudice o ad altro organo competente indagare.

(23) Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo tra
le parti sociali e con organizzazioni non governative ai
fini della lotta contro varie forme di discriminazione.

(24) La protezione contro le discriminazioni fondate sulla
razza o l’origine etnica sarà di per sé rafforzata dall’esistenza
in ciascuno Stato membro di un organismo o di
organismi incaricati di analizzare i problemi in
questione, studiare possibili soluzioni e fornire assistenza
concreta alle vittime.

(25) La presente direttiva fissa requisiti minimi, lasciando
liberi gli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni
più favorevoli. L’attuazione della presente direttiva
non dovrebbe servire da giustificazione per un regresso
rispetto alla situazione preesistente in ciascuno Stato
membro.

(26) Gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni efficaci,
proporzionate e dissuasive applicabili in caso di violazione
degli obblighi risultanti dalla presente direttiva.

(27) Per quanto concerne le disposizioni che rientrano nel
campo di applicazione di contratti collettivi, gli Stati
membri possono affidare alle parti sociali, a loro
richiesta congiunta, il compito di mettere in atto la
presente direttiva, fermo restando che gli Stati membri
devono prendere le misure necessarie che permettano
loro di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti
dalla direttiva.

(28) In base ai principi di sussidiarietà e proporzionalità
enunciati all’articolo 5 del trattato CE lo scopo della
presente direttiva, volta a garantire un elevato livello di
protezione contro la discriminazione in tutti gli Stati
membri, non può essere realizzato in misura sufficiente
dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni
e dell’impatto dell’azione proposta, essere meglio
realizzato a livello comunitario. La presente direttiva
non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento
di tale obiettivo,

ha adottato la presente direttiva:

Capo I

Disposizioni generali

Articolo 1

Obiettivo
La presente direttiva mira a stabilire un quadro per la lotta alle
discriminazioni fondate sulla razza o l’origine etnica, al fine di
rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di
trattamento.

Articolo 2

Nozione di discriminazione

1. Ai fini della presente direttiva, il principio della parità di
trattamento comporta che non sia praticata alcuna discriminazione
diretta o indiretta a causa della razza o dell’origine etnica.

2. Ai fini del paragrafo 1:
a) sussiste discriminazione diretta quando, a causa della sua
razza od origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente
di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra
in una situazione analoga;
b) sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione,
un criterio o una prassi apparentemente neutri possono
mettere persone di una determinata razza od origine etnica
in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre
persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi
siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i
mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati
e necessari.

3. Le molestie sono da considerarsi, ai sensi del paragrafo 1,
una discriminazione in caso di comportamento indesiderato
adottato per motivi di razza o di origine etnica e avente lo
scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare
un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.
In questo contesto, il concetto di molestia può essere
definito conformemente alle leggi e prassi nazionali degli Stati
membri.

4. L’ordine di discriminare persone a causa della razza o
dell’origine etnica è da considerarsi una discriminazione ai sensi
del paragrafo 1.

Articolo 3

Campo di applicazione

1. Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente
direttiva si applica a tutte le persone sia del settore pubblico
che del settore privato, compresi gli organismi di diritto
pubblico, per quanto attiene:
a) alle condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro sia
indipendente che autonomo, compresi i criteri di selezione e
le condizioni di assunzione, indipendentemente dal ramo
d’attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale,
nonché alla promozione;
b) all’accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione
professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale,
inclusi i tirocini professionali;
c) all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le
condizioni di licenziamento e la retribuzione;
d) all’affiliazione e all’attività in un’organizzazione di lavoratori
o di datori di lavoro o in qualunque organizzazione i cui
membri esercitino una particolare professione, nonché alle
prestazioni erogate da tali organizzazioni;
e) alla protezione sociale, comprese la sicurezza sociale e l’assistenza
sanitaria;
f) alle prestazioni sociali;
g) all’istruzione;
h) all’accesso a beni e servizi e alla loro fornitura, incluso
l’alloggio.

2. La presente direttiva non riguarda le differenze di trattamento
basate sulla nazionalità e non pregiudica le disposizioni
e le condizioni relative all’ingresso e alla residenza di cittadini
di paesi terzi e di apolidi nel territorio degli Stati membri, né
qualsiasi trattamento derivante dalla condizione giuridica dei
cittadini dei paesi terzi o degli apolidi interessati.

Articolo 4

Requisiti essenziali e determinanti per lo svolgimento
dell’attività lavorativa

In deroga all’articolo 2, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri
possono stabilire che una differenza di trattamento basata su
una caratteristica correlata alla razza o all’origine etnica non
costituisca discriminazione laddove, per la natura di un’attività
lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale
caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante
per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia
legittimo e il requisito proporzionato.

Articolo 5

Azione positiva
Allo scopo di assicurare l’effettiva e completa parità, il principio
della parità di trattamento non osta a che uno Stato
membro mantenga o adotti misure specifiche dirette a evitare o
compensare svantaggi connessi con una determinata razza o
origine etnica.

Articolo 6

Requisiti minimi

1. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere, per
quanto riguarda il principio della parità di trattamento, disposizioni
più favorevoli di quelle fissate nella presente direttiva.

2. L’attuazione della presente direttiva non può in alcun
caso costituire motivo di riduzione del livello di protezione
contro la discriminazione già predisposto dagli Stati membri
nei settori di applicazione della presente direttiva.

Capo II

Mezzi di ricorso ed esecuzione

Articolo 7

Difesa dei diritti

1. Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone
che si ritengono lese, in seguito alla mancata applicazione nei
loro confronti del principio della parità di trattamento, possano
accedere, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta
affetto da discriminazione, a procedure giurisdizionali e/o
amministrative, comprese, ove lo ritengono opportuno, le
procedure di conciliazione finalizzate al rispetto degli obblighi
derivanti dalla presente direttiva.

2. Gli Stati membri riconoscono alle associazioni, organizzazioni
o altre persone giuridiche che, conformemente ai criteri
stabiliti dalle rispettive legislazioni nazionali, abbiano un legittimo
interesse a garantire che le disposizioni della presente
direttiva siano rispettate, il diritto di avviare, in via giurisdizionale
o amministrativa, per conto o a sostegno della persona
che si ritiene lesa e con il suo consenso, una procedura finalizzata
all’esecuzione degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.

3. I paragrafi 1 e 2 lasciano impregiudicate le norme nazionali
relative ai termini per la proposta di azioni relative al
principio della parità di trattamento.

Articolo 8

Onere della prova

1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie, conformemente
ai loro sistemi giudiziari nazionali, per assicurare che,
allorché persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione
nei loro riguardi del principio della parità di trattamento
espongono, dinanzi a un tribunale o a un’altra autorità competente,
fatti dai quali si può presumere che vi sia stata una
discriminazione diretta o indiretta, incomba alla parte convenuta
provare che non vi è stata violazione del principio della
parità di trattamento.

2. Il paragrafo 1 si applica fatto salvo il diritto degli Stati
membri di prevedere disposizioni in materia di prova più favorevoli
alle parti attrici.

3. Il paragrafo 1 non si applica ai provvedimenti penali.

4. I paragrafi 1, 2 e 3 si applicano altresì alle azioni
promosse ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2.

5. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il paragrafo
1 ai procedimenti in cui spetta al giudice o all’organo
competente indagare sui fatti.

Articolo 9

Protezione delle vittime
Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici
le disposizioni necessarie per proteggere le persone da
trattamenti o conseguenze sfavorevoli, quale reazione a un
reclamo o a un’azione volta a ottenere il rispetto del principio
della parità di trattamento.

Articolo 10

Diffusione delle informazioni
Gli Stati membri fanno in modo che le disposizioni adottate in
virtù della presente direttiva, insieme alle pertinenti disposizioni
già in vigore, siano portate all’attenzione delle persone
interessate con qualsiasi mezzo appropriato, in tutto il loro
territorio.

Articolo 11

Dialogo sociale

1. Gli Stati membri, conformemente alle tradizioni e prassi
nazionali, prendono le misure adeguate per incoraggiare il
dialogo tra le parti sociali al fine di promuovere il principio
della parità di trattamento, fra l’altro attraverso il monitoraggio
delle prassi nei luoghi di lavoro, contratti collettivi, codici di
comportamento, ricerche o scambi di esperienze e di buone
pratiche.

2. Laddove ciò sia conforme alle tradizioni e prassi nazionali,
gli Stati membri incoraggiano le parti sociali, lasciando
impregiudicata la loro autonomia, a concludere al livello
appropriato accordi che fissino regole antidiscriminatorie negli
ambiti di cui all’articolo 3 che rientrano nella sfera della
contrattazione collettiva. Tali accordi devono rispettare i requisiti
minimi fissati dalla presente direttiva e dalle relative misure
nazionali di attuazione.

Articolo 12

Dialogo con le organizzazioni non governative
Al fine di promuovere il principio della parità di trattamento
gli Stati membri incoraggiano il dialogo con le competenti
organizzazioni non governative che, conformemente alle
rispettive legislazioni e prassi nazionali, hanno un interesse
legittimo a contribuire alla lotta contro la discriminazione
fondata sulla razza e l’origine etnica.

Capo III

Organismi per la promozione della parità di trattamento

Articolo 13

1. Gli Stati membri stabiliscono che siano istituiti uno o più
organismi per la promozione della parità di trattamento di
tutte le persone senza discriminazioni fondate sulla razza o
l’origine etnica.
Tali organismi fanno eventualmente parte di
agenzie incaricate, a livello nazionale, della difesa dei diritti
umani o della salvaguardia dei diritti individuali.

2. Gli Stati membri assicurano che tra le competenze di tali
organismi rientrino:
— l’assistenza indipendente alle vittime di discriminazioni nel
dare seguito alle denunce da essi inoltrate in materia di
discriminazione, fatto salvo il diritto delle vittime e delle
associazioni, organizzazioni o altre persone giuridiche di
cui all’articolo 7, paragrafo 2,
— lo svolgimento di inchieste indipendenti in materia di
discriminazione,
— la pubblicazione di relazioni indipendenti e la formulazione
di raccomandazioni su questioni connesse con tali discriminazioni.

Capo IV

Disposizioni finali

Articolo 14

Conformità alla direttiva
Gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare
che:
a) tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative
contrarie al principio della parità di trattamento
siano abrogate;
b) tutte le disposizioni contrarie al principio della parità di
trattamento contenute nei contratti collettivi, nei contratti di
lavoro individuali, nei regolamenti interni delle aziende,
nelle regole che disciplinano le associazioni con o senza fini
di lucro e in quelle che disciplinano il lavoro autonomo e le
organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro siano o
possano essere dichiarate nulle e prive di effetto, oppure
siano modificate.

Articolo 15

Sanzioni
Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di
violazione delle norme nazionali di attuazione della presente
direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro
applicazione. Le sanzioni che possono prevedere un risarcimento
dei danni devono essere effettive, proporzionate e
dissuasive.
Gli Stati membri notificano le relative disposizioni
alla Commissione entro 19 luglio 2003 e provvedono poi a
notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive.

Articolo 15

Attuazione
Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari
e amministrative necessarie per conformarsi alla
presente direttiva entro 19 luglio 2003 o possono affidare alle
parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in
atto la presente direttiva per quanto riguarda le disposizioni
che rientrano nella sfera dei contratti collettivi. In tal caso gli
Stati membri si assicurano che, al più tardi entro 19 luglio
2003 le parti sociali stabiliscano mediante accordo le necessarie
disposizioni, fermo restando che gli Stati membri devono prendere
le misure necessarie che permettano loro di garantire in
qualsiasi momento i risultati imposti dalla direttiva.
Essi ne
informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste
contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate
di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale.
Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati
membri.

Articolo 17

Relazione

1. Entro 19 luglio 2005 e successivamente ogni cinque anni,
gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni
necessarie per consentirle di redigere una relazione
destinata al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione
della presente direttiva.

2. La relazione della Commissione tiene conto, ove opportuno,
dei pareri dell’Osservatorio europeo dei fenomeni di
razzismo e xenofobia, nonché delle posizioni delle parti sociali
e delle organizzazioni non governative competenti. Conformemente
al principio dell’integrazione di genere, la relazione
fornisce altresì una valutazione dell’impatto delle disposizioni
adottate su donne e uomini.
Alla luce delle informazioni ricevute,
la relazione contiene all’occorrenza proposte volte a rivedere
e aggiornare la presente direttiva.

Articolo 18

Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione
nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Articolo 19

Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Lussemburgo, addì 29 giugno 2000.

Per il Consiglio
Il Presidente
M. ARCANJO

(1) Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale.
(2) Parere espresso il 18 maggio 2000 (non ancora pubblicato nella
Gazzetta ufficiale).
(3) Parere espresso il 12 aprile 2000 (non ancora pubblicato nella
Gazzetta ufficiale).
(4) Parere espresso il 31 maggio 2000 (non ancora pubblicato nella
Gazzetta ufficiale).
(5) GU L 185 del 24.7.1996, pag. 5.