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Discriminazione – Accolto ricorso proposto da ragazzo marocchino, calciatore amatoriale

Si tratta di un argomento già affrontato, avevamo infatti dato la notizia di un ricorso in materia di discriminazione promosso dai genitori di un minore di cittadinanza marocchina, presente in Italia da molti anni – arrivato con la normale procedura di ricongiunzione famigliare – che aveva richiesto l’iscrizione alla Federazione Italiana Gioco Calcio come giocatore dilettante di serie C.

Il ragazzo aveva ottenuto un rifiuto sulla base della nuova formulazione dell’art. 27 del T.U. sull’Immigrazione che prevede, anche per l’ingresso per lavoro sportivo, delle particolari quote che devono essere determinate su proposta della federazione sportiva di categoria. In ragione di questa norma la FIGC aveva respinto l’iscrizione del minore impedendo di fatto l’esercizio dell’attività di calciatore dilettante in Italia, sebbene l’interessato fosse da anni in possesso di un regolare permesso di soggiorno per ricongiunzione famigliare che gli dà il diritto di svolgere attività di studio e, nei casi consentiti dalla legge, anche normale attività di lavoro subordinato o autonomo.

Precisiamo che nel caso specifico il minore non sarebbe stato pagato perché ancora sotto il limite di età per svolgere un’attività retribuita e, quindi, si trattava di un’attività puramente da dilettante.

Si evidenzia che nel caso specifico la Federazione Italiana Gioco Calcio non aveva tenuto conto che il minore interessato aveva già un regolare permesso di soggiorno che lo abilitava a svolgere qualsiasi attività consentita di studio e di lavoro e, soprattutto, non aveva considerato il fatto che l’interessato non era un soggetto candidato all’ingresso dall’estero per motivi di lavoro, ma semplicemente una persona già regolarmente soggiornante che dovrebbe come tale vedere applicata nei suoi confronti quella norma fondamentale del T.U. sull’Immigrazione (art. 2) ove si prevede che il cittadino extracomunitario legalmente soggiornante gode degli stessi diritti in materia civile riconosciuti al cittadino salvo che non sia diversamente stabilito dal T.U. sull’immigrazione o da accordi internazionali.

I genitori del minore avevano quindi proposto ricorso al Tribunale di Bolzano denunciando la discriminazione del minore dovuta unicamente alla sua cittadinanza, da parte della Federazione Italiana Gioco Calcio.

Qualche giorno fa abbiamo avuto notizia dell’ordinanza che ha accolto il ricorso con un provvedimento di carattere urgente che ha ordinato alla Federazione Italiana Gioco Calcio di ammettere l’interessato, almeno in via provvisoria, all’iscrizione e, pertanto, allo svolgimento dell’attività sportiva. L’udienza per la prosecuzione del processo è stata fissata per il 6 maggio prossimo e possiamo presumere che, vista la natura del provvedimento già emanato in via provvisoria, anche la sentenza sarà dello stesso tenore. Come abbiamo già detto il caso appena esposto verte su una discriminazione particolare, “d’élite”; la maggior parte dei casi di discriminazione riguardano invece situazioni relative ad esigenze di sopravvivenza come l’accesso all’alloggio, al lavoro, ai servizi pubblici sociali di carattere essenziale. E’ però significativo il fatto che la normativa in materia di immigrazione trova diverse possibili applicazioni anche in ambiti di minore attenzione dal punto di vista dell’interesse generale.