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Disparità di trattamento processuale: rinnovo del permesso per motivi umanitari

Tribunale di Milano, ordinanza del 25 luglio 2018

L’ordinanza del Tribunale di Milano del 25 luglio 2018 insiste sugli sia sugli aspetti processuali che di merito sul tema della protezione umanitaria.
Sotto il primo profilo il Tribunale di Milano riconosce che, in caso di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, è corretta la competenza della sezioni specializzate istituite per effetto dell’art. 1 e 2 DL 13/17 in ragione di quanto previsto dal successivo art. 3 in tema di competenza per materia ma che non trova applicazione la forma del processo prevista dall’art. 35 bis Dlgs 25/08 bensì quella ordinaria, fra le diverse, quella prevista dall’art. 702 bis c.p.c..

La decisione, su questo punto, apre l’inevitabile confronto fra le tutele offerte al richiedente la protezione dal procedimento disciplinato dall’art. 35 bis Dlgs 25/08 (per il quale, fra tutti, è esclusa l’impugnabilità del decreto che definisce il primo grado di giudizio unicamente ricorribile per Cassazione) e quelle del rito ordinario (nel quale è garantita l’appellabilità del provvedimento conclusivo) che paiono essere difformi e quindi inconciliabili ai sensi dell’art. 3 e 24 Cost., oltre che la questione relativa all’applicabilità del rito ordinario, a discapito di quello speciale introdotto con il DL 13/17, in ipotesi d’impugnazione del provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale da parte della Commissione Territoriale ai soli fini dell’ottenimento della protezione statuale rinunciando alle ulteriori. Anche in tale ultimo caso, quindi, si pone la questione della disparità di trattamento processuale fra i richiedenti la sola protezione umanitaria e i richiedenti la protezione internazionale obbligati a ricorrere secondo le forme speciali dell’art. 35 bis Dlgs 25/08.

Peraltro verso, il provvedimento evidenzia come l’eventuale esistenza di pregiudizi penali non osta al rinnovo del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, ma che la valutazione complessiva debba in ogni caso considerare, da un lato il pregiudizio che il mancato rinnovo possa arrecare alla persona in caso di rimpatrio per le sue condizioni soggettive e quelle oggettive del paese di origine, dall’altro deve tenere conto del percorso d’integrazione sociale svolto dal titolare della protezione che, nell’ambito del percorso di MAP (messa alla prova) disposta dal Tribunale per i Minorenni, ha dimostrato chiari indici di resipiscenza, resilienza e volontà di riscatto. Da ciò il mero riscontro per tabulas di condotte antisociali e penalmente sanzionate non costituisce un limite per la Commissione Territoriale, e a maggior ragione per l’Autorità Giudiziaria, per la valutazione di altri indici di meritevolezza della protezione invocata.

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Tribunale di Milano, ordinanza del 25 luglio 2018