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Domanda di asilo – Precisazioni relative alla sua presentazione

Commento sull’applicazione del nuovo regolamento sull’asilo

Sono molti i dubbi e i quesiti relativi al funzionamento della nuova procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato come definita nel d.p.r. 16 settembre 2004, n. 303 – Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato (Gazzetta Ufficiale – Serie gen. -n. 299 del 22 dicembre 2004).
Le Commissioni territoriali che, in base alle nuove disposizioni, procederanno all’esame delle domande, hanno appena cominciato a funzionare, con qualche elemento di incertezza rispetto ai rappresentanti designati dagli amministratori locali. E’ noto che la Provincia di Gorizia ha dichiarato che non intende nominare un proprio rappresentante per la commissione territoriale, essendo contraria alla istituzione dei Centri di identificazione (Cdi), che fin d’ora appaiono come dei centri di permanenza temporanea per espellendi (CPT). I Cdi materialmente si troveranno all’interno dei CPT e saranno distinti da essi solamente da una divisione fisica tra un locale e l’altro. Di fatto questo è quello che si sta verificando, non solo a Gradisca (Go), ma anche in altri CPT, diventati nella pratica centri di identificazione mediante l’istituzione al loro interno di una sorta di “sezione speciale”.

Rispetto al funzionamento della nuova procedura, oltre alle incertezze relative alla operatività delle Commissioni territoriali, ve ne sono altre contenute nel regolamento stesso. Una di queste sembra sia stata chiarita attraverso una circolare del ministero dell’interno dell’11 maggio 2005 ed è relativa all’autorità competente nel territorio per la presentazione della domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato.
L’art. 2 del regolamento in oggetto (Istruttoria della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato) prevede che l’ufficio di polizia di frontiera del luogo d’ingresso sul territorio nazionale è competente per l’accoglimento della domanda di asilo; ciò ha fatto subito pensare che la domanda possa essere presentata – d’ora in avanti – solo ed esclusivamente alla frontiera e non più, come è sempre avvenuto finora, presso una questura all’interno del territorio italiano.
E’ noto che il richiedente asilo, nel momento in cui giunge alla frontiera di un paese in cui spera di ottenere “protezione”, è in una condizione di particolare debolezza e teme, per motivi di incomprensione e altro, di poter essere rimandato indietro ovvero tra le braccia dell’autorità o dell’organismo di potere che lo perseguitava. E’, quindi, chiaro che, spesso, il richiedente asilo tende a varcare la frontiera in condizione irregolare, per presentare la domanda in seguito, dopo avere ottenuto informazioni sulla procedura da seguire.
In queste ultime settimane avevamo seguito i casi di alcuni richiedenti asilo che erano letteralmente disorientati. Si trattava di persone che, come è accaduto per moltissimo tempo, sono arrivate con mezzi di fortuna all’interno del territorio, hanno evitato (comprensibilmente) di presentare domanda alla frontiera e, rivoltisi alla questura locale, si sono sentiti rispondere che non potevano presentare la domanda di asilo all’interno del territorio, ma dovevano ritornare alla frontiera dalla quale erano passati per ivi presentarla. Si pensi al fatto – per esempio – di dover partire da Padova e raggiungere la frontiera di Tarvisio!!!.Come si è già sottolineato, molte sono state le preoccupazioni dovute al timore che, nel momento in cui l’interessato si trova alla frontiera, possa essere spinto fuori dal territorio italiano anziché ammesso, come stabilito dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1958 relativa allo status dei rifugiati, che ne vieta il respingimento imponendo l’accoglimento della domanda.
La Convenzione citata, quindi, non affida alcun potere alla polizia di frontiera rispetto alla valutazione della fondatezza della domanda.
Ebbene, il fatto che si pensasse che la domanda potesse essere accettata solo se presentata al posto di frontiera, e non più all’interno del territorio nazionale, aveva giustamente suscitato numerose preoccupazioni e dubbi, che la circolare citata chiarisce.

Da una lato precisa (come l’art. 2 del regolamento in oggetto) che, nel caso in cui presso il posto di frontiera in cui si approda non vi sia un ufficio di polizia di frontiera, bisogna rivolgersi alla questura più vicina; dall’altro lato si sottolinea che, qualora la domanda sia presentata presso un altra questura, coincidente con il luogo di domicilio (luogo all’interno del territorio nazionale dove lo straniero abbia trovato provvisorio rifugio), sarà quest’ultima ad attivare la procedura dello status di rifugiato ai sensi dell’art. 3, comma 1, del regolamento CE n. 343/2003 del 18 febbraio 2003 (Regolamento del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri dal cittadino di un paese terzo).
In effetti la circolare del Ministero dell’Interno precisa che tale disposizione prevede l’obbligo per gli Stati membri di esaminare la domanda di asilo di un cittadino di un paese terzo presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio . Si chiarisce quindi che, in base alla normativa comunitaria sopra richiamata, la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato non deve essere presentata in via esclusiva alla frontiera, ma può essere presentata all’interno del territorio; in questo caso la questura competente è quella del luogo ove lo straniero ha eletto domicilio. In base a questa competenza territoriale, si individua poi la competenza territoriale della Commissione che dovrà esaminare la domanda.

Esempio pratico – Se uno straniero arriva in Italia (non importa attraverso quale valico di frontiera) e trova un alloggio precario e accoglienza a Padova, si presenterà nella questura della città, dichiarando domicilio, per avviare la procedura dello status di rifugiato. In questo caso è individuata la competenza della Commissione territoriale di Gorizia.

Infine, sempre la circolare che stiamo commentando, chiarisce che nei casi di rintraccio del cittadino straniero in posizione irregolare sul territorio nazionale, che avanza richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, trovano applicazione le disposizioni dell’art. 1 bis (Casi di trattenimento), comma 2, lettera a) del decreto legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato – G.U. Serie gen. – n. 303 del 30 dicembre 1989), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39 (G.U. Serie Gen. – n. 49 del 28 febbraio 1990). L’articolo in oggetto dispone che il trattenimento deve essere sempre disposto a seguito della presentazione di una domanda di asilo presentata dallo straniero fermato per avere eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo, o, comunque in condizioni di soggiorno irregolare.
In altre parole, nel caso di uno straniero irregolare, torna il problema – che non viene chiarito dalla circolare – del trattenimento presso i centri di permanenza temporanea per espellendi.
La distinzione quindi tra trattenimento presso i CPT e il trattenimento obbligatorio o facoltativo presso i Cdi, diventa assolutamente labile. È fin troppo ovvio che nel momento in cui un richiedente asilo si trova all’interno del territorio, se non è legalmente soggiornante ad altro titolo (evenienza assolutamente rara), potrà essere considerato sempre in condizione irregolare. In altre parole, se un richiedente asilo ha diritto di accesso al territorio – come stabilito dal diritto internazionale – è chiaro che a quel punto si tratta di una questione “finta” il chiedersi se sia in condizione irregolare o regolare.

Torniamo sempre all’esempio emblematico della Cap Anamur. In quel caso i richiedenti asilo, pur avendo già preannunciato in alto mare l’intenzione di chiedere asilo in Italia, non appena giunti sul bagnasciuga italiano sono stati considerati irregolari, colpiti da provvedimento di respingimento, trattenuti con provvedimento di convalida del magistrato all’interno dei centri di detenzione e, solo successivamente, in qualità di clandestini trattenuti, è stato possibile esaminare la loro domanda.
In sostanza si tratta del concetto ribadito dalla circolare del ministero dell’interno.
Facciamo veramente fatica a immaginare che vi possano essere dei casi in cui il richiedente che si presenta presso una questura – per eleggere il domicilio e presentare domanda di asilo – non corra il rischio di essere trattato, prima come un clandestino e, solo successivamente, esaminato come richiedente asilo. Quindi dovremmo immaginare che siano alquanto rari i casi di persone che riescono ad arrivare in condizioni di libertà all’esame della loro domanda.

L’art. 10 della Costituzione
Questo – a maggior ragione – ha fatto pensare ad operatori e giuristi che forse non vale nemmeno la pena accedere alla procedura di riconoscimento dello status di rifugiato se questo comporta, come minimo e fin da subito, il rischio della libertà personale. Addirittura, vi è chi ipotizza che sia molto più conveniente – non essendo precluso da nessuna norma di legge – accantonare momentaneamente la presentazione della domanda di asilo alla questura e rivolgersi direttamente al tribunale competente per territorio per proporre la richiesta del riconoscimento del diritto di asilo come previsto dall’art. 10 della Costituzione che al comma 3 recita: Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge .
Giova precisare che il concetto di asilo previsto dalla Costituzione e il concetto di rifugiato previsto dalla Convenzione di Ginevra sopra citata sono diversi; si tratta di due ambiti che però, in alcuni casi, possono coincidere per la stessa persona, e che, comunque, trovano la loro fonte regolatrice in norme diverse.
Per quanto riguarda il diritto di asilo previsto dalla Costituzione, una storica sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione sancisce il principio per cui, non essendovi norme regolatrici dell’esercizio del diritto d’asilo, l’interessato può direttamente rivolgersi al Tribunale ordinario per accertare il diritto di ottenere protezione nel territorio italiano quando l’esercizio dei fondamentali diritti di democrazia riconosciuti dalla Costituzione italiana siano impediti nel proprio paese. In questo caso quindi non è necessario rivolgersi a nessuna autorità amministrativa, ma direttamente all’autorità giudiziaria che può adottare, su richiesta, anche provvedimenti urgenti inerenti il permesso di soggiorno, scavalcando l’esercizio di poteri discrezionali in materia di trattenimento facoltativo o obbligatorio.
Questa è una ipotesi che, a fronte del nuovo quadro normativo come sopra descritto, potrà essere sperimentata.