Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 29 gennaio 2006

E il permesso di soggiorno diventa a pagamento

di Cinzia Gubbini

Il tutto devoluto dagli immigrati italiani alle Poste, che si aggiudicano così l’ennesimo regalo dell’era Sarmi, amministratore delegato e – si dice – uomo molto vicino al ministro Fini.

Il Protocollo d’intesa che sta per essere firmato tra Poste italiane, Anci e Viminale rivoluzionerà le procedure per ottenere il rinnovo dei permessi. La firma dovrebbe essere apposta a giorni, dopodiché il ministero emanerà un decreto. La sperimentazione dovrebbe durare tre anni. Il problema esiste ed è serio: la Bossi-Fini ha complicato le procedure per il rinnovo. Da allora le Questure sono intasate e gli immigrati devono aspettare mesi e mesi per avere un documento valido. Dopo le proteste, alcuni Comuni hanno avviato delle sperimentazioni, in collaborazione con le Questure, riuscendo a ridurre notevolmente i tempi di attesa.

Si pensava, quindi, di estendere il modello a livello nazionale. Ma le resistenze sono molte: i Comuni non vogliono essere dei semplici passacarte, e rivendicano il diritto ad essere titolari e responsabili del rilascio dei permessi. E poi ci sono molti interessi in gioco: la regolarizzazione del 2002, affidata in parte alle Poste, ha fatto entrare soldi nelle casse dell’azienda, che oltretutto ha seri problemi di esubero e sta chiudendo numerosi centri tecnici, soppiantati dalle nuove tecnologie. Ma aggiudicarsi l’«appalto» costa, perché in base alla legge 271 del 2004, il Viminale può stipulare convenzioni per semplificare le procedure amministrative a patto che sia «senza oneri per lo Stato». Ed ecco che Poste ha stabilito un ticket che dovrebbe aggirarsi tra i 28 e i 30 euro.

I sindacati non sono affatto d’accordo, e lo ribadisce Piero Soldini, Cgil: «Secondo noi la cosa più giusta è riconoscere la titolarità degli enti locali e critichiamo l’ipotesi di appaltare tutto alle Poste. In subordine diciamo questo: visto che per ottenere il rinnovo è necessario avere un contratto, che sia il datore di lavoro a pagare i trenta euro». Anche i patronati hanno di recente firmato un Protocollo con il Viminale, in cui viene riconosciuta la loro titolarità a sbrigare le pratiche per il rinnovo: «Il che è un passo avanti, perché le istituzioni dovranno rispondere a noi dei loro errori e dei loro ritardi. E poi lo facciamo gratis».

In questo turbinio di Protocolli rientrano anche i Comuni: saranno individuate una decina di città (probabilmente quelle che già oggi hanno attivato servizi di questo tipo, come Prato, Ancona, Ravenna, Brescia, Ravenna) che attiveranno servizi per cercare di accorciare i tempi del rinnovo. «Stiamo aspettando di firmare il Protocollo da due mesi – dice Fabio Sturani, sindaco di Ancona e responsabile immigrazione per l’Associazione dei Comuni italiani – Continuiamo a ritenere che gli enti locali siano i più adatti ad occuparsi di rilasciare documenti, come per le carte d’identità. Ma qui il problema c’è: ed è il fatto che non ci è permesso di intrecciare i dati in nostro possesso con quelli delle Questure. Rischiamo di svolgere soltanto un ruolo di raccolta documenti. Questo è un bel dibattito politico: qual è il ruolo dei Comuni, e quale la loro funzione?». Perfettamente d’accordo Andrea Frattani, assessore all’immigrazione del Comune di Prato punta avanzata degli sportelli per semplificare le procedure: «Il Comune qui ha un ruolo centrale. Innanzitutto abbiamo riorganizzato l’assessorato in modo da qualificare il personale e collaborare con diversi mediatori linguistici. Fondamentali per instaurare un rapporto con l’immigrato: la comunicazione, infatti, è essenziale. Mi chiedo, le Poste metteranno mediatori linguistici in tutti gli sportelli? Non credo proprio. Per non parlare del fatto che il Comune, entrando in contatto con il cittadino immigrato, impara a conoscerlo, a individuare le sue difficoltà così da potergli offrire soluzioni. Se tutto verrà lasciato in mano al mercato, l’immigrato non avrà più alcun rapporto con l’istituzione. E questo sarebbe disastroso».