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da Il Manifesto dell'8 luglio 2003

Espulsi a tradimento Così è la nuova legge di Cinzia Gubbini

Il Viminale aveva garantito: niente espulsione in attesa del ricorso contro il diniego dello status di rifugiato. Invece, per quaranta pakistani provenienti dal Kashmir, non c’è stato nulla da fare. Ma prima del rimpatrio hanno assaggiato qualche anticipazione della Bossi-Fini: sono stati rinchiusi nei centri di permanenza ed è stato violato il loro diritto alla difesa.

Roma – I quaranta uomini di origine pakistana, provenienti dal Kashmir, e rinchiusi dal 24 giugno del centro di permanenza temporanea (cpt) di via Corelli a Milano, sono stati rimpatriati. Numerosi parlamentari, associazioni e avvocati si sono interessati della loro vicenda, tanto che dal Viminale erano arrivate precise rassicurazioni: non sarebbero stati rispediti in Kashmir. Le osservazioni rilevate dai parlamentari circa le innumerevoli violazioni operate nei confronti dei quaranta richiedenti asilo hanno fondamenti molto forti. Sabato, invece, sono stati espulsi verso il Pakistan. Sulla loro pelle si è giocato l’ennesimo braccio di ferro interno al governo, ma il loro rimpatrio – operato persino in violazione della legge Bossi-Fini, qualora fosse stato emanato il regolamento che la renderà operativa – anticipa lo scenario della negazione del diritto d’asilo per legge in Italia. Arrivati insieme a un folto gruppo di pakistani (174) e altri migranti il 2 giugno a Lampedusa, le prime sbarre conosciute dai quaranta profughi sono state quelle del centro di permanenza di Bari Palese. Sono stati assistiti da associazioni locali, come l’Arci Puglia, Finis Terrae e il Gruppo lavoro rifugiati, che hanno avuto modo di denunciare l’entrata nel centro, il 13 giugno, del console pakistano, nonostante i 174 migranti avessero presentato domanda di asilo raccontando di essere oppositori del governo.

La commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato arriva a Bari Palese il 16 giugno. Dall’anno scorso, infatti, viene anticipata una parte della Bossi-Fini: è la commissione a spostarsi nel luogo di arrivo dei profughi, dove in seguito all’approvazione del regolamento verranno formate commissioni territoriali. Così si accorciano i tempi. Ma la Bossi-Fini viene attuata anche in altre parti: non si dà più in mano ai richiedenti asilo un permesso di soggiorno temporaneo che gli permetta di fare ricorso in caso di rigetto della domanda, come prevede la legge Martelli tuttora in vigore. Al contrario: i profughi vengono ammassati nei centri chiusi in attesa della commissione. Quando arriva, la commissione valuta le richieste velocemente e decide in poco tempo. Tra il 17 e il 21 giugno, a Bari Palese, i commissari hanno ascoltato 400 persone: più o meno 4 minuti a testa è stato il tempo concesso ai profughi per un colloquio.

E’ in questo modo che viene deciso il diniego per ottanta pakistani. Il 24 giugno vengono messi su un aereo e trasferiti. Chi nel cpt romano di Ponte Galeria, chi in quello di Milano. In mano non hanno nulla. «Solo il 27 giugno, giorno della convalida del trattenimento, ho capito: la commissione aveva rigettato la domanda il 19 giugno, ma nessuno si era preoccupato di notificarlo agli interessati. Anzi, è arrivata prima la notifica del decreto di espulsione a firma del prefetto di Bari, e solo dopo la notifica del rigetto», racconta Massimiliano D’Alessio, l’avvocato milanese che ha seguito la vicenda. Su questo punto, gli avvocati di Medici senza frontiere sottolineano anche altre violazioni, per esempio che il giudice competente della convalida del trattenimento avrebbe dovuto essere quello di Bari, dove è stato emesso il decreto (articolo 25 della costituzione) e non certo quello di Milano.

Comunque il giudice di Milano convalida il trattenimento, nonostante manchino gli interpreti necessari. Quattro parlamentari, Marco Fumagalli e Alba Sasso (Ds), Giovanni Russo Spena e Graziella Mascia (Rifondazione) non solo visitano i centri in cui sono stati rinchiusi i profughi – rilevando che molti di loro presentano pesanti cicatrici – ma attivano contatti con le prefetture e con il Viminale. Per l’avvocato D’Alessio si apre un dilemma: per scongiurare l’espulsione in attesa della sentenza sul ricorso, cosa fare? Anche la nuova legge prevede la possibilità, per il prefetto, di sospendere l’espulsione. Ma la Bossi-Fini era stata anticipata illegalmente. Per non sbagliare, D’Alessio procede secondo la Bossi-Fini e presenta un’istanza al prefetto. Anzi, ai prefetti: la invia a quello di Milano e a quello di Bari. Sempre per stare sicuri. Nel frattempo i parlamentari attivano contatti con il Viminale «Dal ministero degli interni – racconta Fumagalli – ci sono arrivate rassicurazioni esplicite. Questo, il venerdì». Il sabato, i pakistani erano su un aereo.