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Gambia – Protezione umanitaria al richiedente per precarietà economica nel paese di origine e buona integrazione in Italia

Tribunale di Perugia, ordinanza del 3 giugno 2016

Pubblichiamo l’ordinanza del 3 giugno 2016 del Tribunale di Perugia nella quale si riconosce la protezione umanitaria a cittadino gambiano.
Riportiamo di seguito il passaggio più rilevante della motivazione.
La situazione del ricorrente merita, invece, di essere specificamente considerata per quanto concerne il riconoscimento della protezione umanitaria, risultando nel caso di specie seri motivi di carattere umanitario afferenti alla vulnerabilità personale e sociale del ricorrente nella ipotesi di ritorno nel proprio paese (Cass. 3347/2015). Il ricorrente ha, infatti, abbandonato il proprio paese, dove già si trovava in una situazione di precarietà economica e sociale avendo perso l’unico riferimento familiare ed economico costituito dallo zio dopo che lo aveva ritenuto responsabile della perdita del camion. Il ricorrente è altresì fuggito dal proprio paese temendo di essere sottoposto a carcerazione, dovendosi a tale proposito considerare le numerose denunce a livello internazionale circa le torture ed i maltrattamenti posti in essere dalle forze governative e delle condizioni inumane delle carceri in Gambia.
Il rimpatrio porrebbe, pertanto, il ricorrente in una situazione di estrema difficoltà economica e sociale e per tali ragioni essendovi una probabile compromissione anche alle sole scelte di vita quotidiana, considerato la situazione dei diritti civili attualmente esistente in Gambia, possono ritenersi sussistenti le ragioni di carattere umanitario di cui all’art. 5, 6° comma del D.Lgs 286/1998 per la concessione della protezione umanitaria.
Il ricorrente inoltre ha dimostrato di impegnarsi fattivamente e positivamente nelle attività di integrazione per l’apprendimento della lingua e di alcune competenze lavorative […] consentendo di esprimere un giudizio prognostico positivo sulla integrazione ed inserimento sociale in itinere del ricorrente
“.

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Tribunale di Perugia, ordinanza del 3 giugno 2016