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Gomorra Rosarno e quelle bestie che non ci stanno più

Immigrati presi a pallettoni scatenano la loro rabbia sulla statale 18 per Gioia Tauro. E scatta la caccia la negro.

E’ trascorso poco più di un anno da quella strage di Castelvolturno,la strage in cui persero la vita sei nigeriani clandestini caduti sotto i colpi del gruppo di fuoco della camorra scissionista dei casalesi. Furono fatte molte ipotesi un anno fa, ma dalle indagini è emerso che nessuno di quegli immigrati era legato o aveva lavorato al servizio della criminalità organizzata. Anche se su una popolazione di 11.000 immigrati, di cui solo 2000 regolari e con una disoccupazione record non è difficile immaginare che molti di essi si dedichino all’ illecito con il beneplacito dei boss locali. Il giorno dopo la strage, per la prima volta in Italia, vi fu una sommossa della comunità di extracomunitari. Chiedevano protezione, rispetto, giustizia. Distruggevano tutto e gridavano “Noi non siamo bestie!”

CACCIA AL NEGRO – Due giorni fa un episodio analogo, cambia la latitudine, ci spostiamo nel profondo sud, sparano da un’auto in corsa su un gruppo di lavoratori stagionali. Ne feriscono due, un rifugiato politico con permesso di soggiorno e un clandestino. Urlano i feriti: “Noi non siamo bestie!”. Scoppia la protesta, la comunità africana si mette in marcia sulla via Nazionale, la strada principale di Rosarno e distrugge tutto quello che le capita a tiro. Feriscono una donna mettono a ferro e fuoco la città, si scontrano con i residenti che reagiscono alle violenze, nascono sassaiole, la caccia all’ immigrato, i tentativi di metterli sotto con le auto. L’ultimo bilancio è di 37 feriti, 19 fra gli extracomunitari e 18 fra le forze dell’ ordine.

INTIMIDAZIONE ? – E fa quasi impressione che il Paese si risvegli come da un torpore e scopra che esiste la Piana di Gioia Tauro come più di un anno fa scoprì la Domitiana. Scoprì che esisteva un universo di baracche dove vivevano ammassati i regolari e gli irregolari, quelli che un lavoro ce l’hanno e quelli che invece mendicano, o peggio, vengono assoldati dalle mafie per gestire l’illecito. Condizioni disumane a Castelvolturno, condizioni disumane per gli stagionali che si spostano più volte l’anno per raccogliere pomodori, arance, olive. Per fare quello che gli italiani ormai non fanno più. E fa quasi impressione che sia una parte del Pil di questo Paese intorpidito. E non è difficile immaginare che in una regione stretta nella morsa della ‘ndrangheta, dove pure per lavorare nei campi devi avere il “permesso”, si sia trattato di un regolamento di conti tra clan rivali e che dietro la guerriglia degli immigrati si nasconda la longa manus dei boss.

NIENTE INTEGRAZIONE – La cosa più semplice da fare ora sarebbe quella di punire solo i più deboli, del resto abbiamo già leggi molto feroci da questo punto di vista. Leggi che non favoriscono l’integrazione, ma che al contrario esasperano l’apartheid. Altro è, invece, stanare chi sfrutta il lavoro nero per arricchirsi, chi soffia sul fuoco della disperazione, della paura. Rosarno come Castelvolturno non sono città razziste, così come quelli che vanno a sbarcare il lunario per i campi non sono dei criminali. E soprattutto non sono bestie.