Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

I Cpt vanno chiusi non gestiti

Lettera del Laboratorio Zeta di Palermo in risposta alla Legacoop

Abbiamo seguito sul Manifesto lo scambio di lettere tra Loris Campetti e Giuliano Poletti (presidente di Legacoop), successivo all’assegnazione della gestione del cpt di Lampedusa a due Cooperative aderenti a Legacoop. Ci sembra necessario che noi, che tanto abbiamo investito, insieme alla Rete Antirazzista Siciliana, nella lotta per la chiusura dei cpt, a partire da quello di Lampedusa, diciamo oggi la nostra.

Basterebbe in realtà fare riferimento alla Banalità del male di Hannah Arendt per mettere a nudo tutto il ragionamento di Poletti che vuole che “finché i cpt esistono è chiaro che debbono essere gestiti”.
Il problema, infatti, non è chi gestisce meglio questi luoghi e non è neanche la loro qualità. Non è se sono puliti o sporchi, belli o brutti. Per inciso, il problema non è neanche il nome di queste strutture, quindi apprezziamo l’onestà con cui Poletti continua a chiamare “cpt” la struttura di Lampedusa, che resta sempre una struttura detentiva, nonostante sia stata declassata a Centro di Soccorso e Prima Accoglienza.

Per noi il problema continua a restare l’esistenza dei cpt. Il permanere, cioè, di strutture di detenzione amministrativa, strutture in cui sono recluse persone che, è sempre bene ricordarlo, non hanno commesso alcun reato.
Ed è proprio su tale punto che l’ipocrisia di Legacoop emerge in modo lampante, quando insiste sulla mistificazione di queste strutture come luoghi in cui “garantire ai clandestini che arrivano nel nostro paese un’accoglienza degna di questo nome”.

Ma che “accoglienza” è quella in cui l’accolto viene privato della propria libertà personale? Che “accoglienza” è quella da cui non si può uscire a proprio piacimento? Questa, chiamiamola col suo nome, si chiama detenzione. Altro che “metter al centro delle proprie attività la persona e le sue esigenze”.
Poletti aspira a “dare il miglior sostegno possibile a persone in condizioni di estrema debolezza e difficoltà”, facendo così confusione tra causa ed effetto di queste condizioni, prodotte proprio dalla “clandestinizzazione” dei migranti di cui i cpt sono strumento cardine.
Che almeno si dica esplicitamente che il tabù sui cpt è stato tolto e che con il governo di centro-sinistra non è più uno scandalo gestirli.

Anzi, è anche troppo facile leggere la contiguità tra la scelta di Legacoop e la strategia complessiva di legittimazione di questi luoghi, quella del “superamento”, messa in atto dal governo Prodi che, tramite la Commissione De Mistura, ha improvvisato una catena di voli pindarici, per decretare l’inutilità dei cpt e contemporaneamente il loro mantenimento.
Nessuno parla bene di questi luoghi, nessuno li vorrebbe, nessuno sa giustificarne l’esistenza, ma va a finire che tutti li accettano.

Poletti afferma di conoscere bene “le polemiche che da tempo investono il cpt di Lampedusa”; intanto bisogna dire che le “polemiche” hanno investito i cpt in tutta Italia indistintamente da Trapani a Milano, da Bari fino a Gradisca (quest’ultimo, gestito tra l’altro dalla cooperativa Minerva anch’essa aderente a Legacoop, oggetto di ripetute contestazioni).
Ma soprattutto, le “polemiche” non hanno riguardato semplicemente il loro funzionamento, ma hanno attaccato la loro natura profonda.

Quando siamo stati a manifestare a Lampedusa e davanti agli altri cpt, quando abbiamo manifestato contro le Misericordie, quando abbiamo denunciato e documentato le deportazioni verso la Libia e le violazioni anche dei diritti più elementari, il punto centrale delle nostre proteste è sempre stato che si tratta di luoghi di “sospensione del diritto”. Luoghi in cui tutto trova una giustificazione nella “straordinarietà” del momento che fonda l’ “ordinarietà” di questi luoghi.

Poletti conclude addirittura parlando della “necessità di combattere il ‘pensiero unico’: l’idea cioè di un’economia retta soltanto dal profitto e dalla competizione; di un mercato dove c’è spazio solo per l’impresa capitalistica”.
Poletti allora non coglie che il cpt rappresenta, parafrasando Agamben, il Nomos dell’impresa capitalistica, il luogo in cui si istituisce giuridicamente il dominio del “pensiero unico” e in cui si pongono le basi per il profitto e lo sfruttamento.
Così, a chi afferma che “finché esistono questi posti vanno gestiti”, noi rispondiamo che finché esistono questi posti continueremo a lottare per la loro chiusura.