Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

I figli che non vogliamo

Adisa Raljevic, Arvultùra - 3 ottobre 2017

Buongiorno Italia. Ben alzata nel secolo scorso.

Questa mattina ci siamo svegliati e l’Italia si è trovata grazie al manipolo di opportunisti che la governano a rimandare di nuovo, sin die, la legge concernente lo ius soli, ritenendola una legge non praticabile in quanto “giusta ma al momento sbagliato” secondo le parole dell’illuminatissimo Angelino Alfano.

Forse ha senso partire dal principio e illustrare a tratti brevi che cosa prevede – a questo punto prevedeva – la proposta di legge.

Lo ius soli prevede che venga riconosciuta la cittadinanza ad un bambino nato in Italia da genitori immigrati, di cui almeno uno dei due in possesso del permesso di soggiorno europeo per soggiornanti di lungo periodo.

Lo ius culturae, sempre parte dello stesso disegno di legge, prevede invece che venga riconosciuta la cittadinanza ai bambini arrivati in Italia non oltre il dodicesimo anno di età e che abbiano compiuto almeno un ciclo di studi di cinque anni, o abbiano una formazione di tipo professionale triennale o quadriennale.

Queste in breve le fondamentali perché un bambino nato in Italia possa presentare domanda per la concessione della cittadinanza.

Per tale ragione a questo punto forse ha senso anche decostruire tutto il castello di bugie, malintesi, mala informazione e propaganda che si é creato attorno alla proposta di legge che con la sua ennesima posposizione rimette l’Italia nel più basso dei ranking che valutano la garanzia dei diritti ai propri cittadini.

Iniziamo dicendo che è una menzogna quella della cittadinanza garantita a chi arrivava nel barcone in uno dei viaggi massivi che vedono centinaia di persone morire durante l’anno; ammesso e non concesso che sia più o meno giusto garantire dei diritti a queste persone, lo ius soli riguarda solo i bambini nati in Italia figli di almeno uno dei genitori in possesso di permesso di soggiorno europeo per soggiornanti di lungo periodo. Tale permesso si concede a patto che la persona che lo richiede abbia un lavoro o un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (per semplificare quest’anno era sui 470,00€ al mese); deve essere in possesso di regolare contratto di locazione, deve sostenere un test di lingua e conoscenza della cultura italiana, deve essere in grado di dimostrare di non aver commesso reati, non avere condanne di nessun tipo e non avere carichi pendenti. Per semplificare di nuovo, una multa per eccesso di velocità talvolta può’ rappresentare un carico pendente.

Per lo ius culturea come segnalavo sopra, la concessione della cittadinanza prevede una residenza in Italia da già diversi anni quindi decisamente poco probabile nel caso dei tanto temuti sbarchi.

Da qui risulta chiaro che l’elenco di bugie riguardanti clandestini che all’improvviso diventerebbero tutti italiani, gente da galera che domani avrebbe gli stessi diritti dell’italica persona, cittadinanza concessa a “quelli che poi diventano dell’Isis, vedi come succede in Francia” – per citare solo alcune delle sciocchezze che la mass mediaticità hanno partorito in seguito alla formulazione e discussione della proposta di legge – siano parte di un meccanismo di costruzioni atte a favorire l’ignoranza delle persone e la propaganda di varie destre e varie sinistre che di sinistra non hanno proprio più niente.

Forse vanno messi alcuni puntini sulle i al fine di poter capire per quale motivo in Italia è così grave immaginare di riconoscere la cittadinanza a più di seicentomila bambini nati e cresciuti in dal ’98 ad oggi o ai duecentomila arrivati da bambini e cresciuti nel nostro paese, studiando, lavorando, partecipando attivamente alla vita sociale, pagando tasse, molte tasse.

Forse va anzitutto sottolineato che anche così come si presenta questa legge è profondamente discriminatoria e utilizza il termine ius soli in forma illusoria; lo ius soli considera il diritto di nascita come diritto inalienabile mentre la legge proposta nel nostro parlamento non parte affatto da questo presupposto. Questo perché tale concessione è anzitutto possibile laddove la la condizione economica del genitore sia accettabile secondo criteri prescelti.

Sempre per portare esempi, esclude i figli delle decine di migliaia di lavoratori in nero che operano nel nostro paese; le file di badanti che accudiscono i nostri anziani nelle case spesso e volentieri senza nessun tipo di garanzia e diritto lavorativo assicurato; le enormi quantità di raccoglitori di frutta e verdura varia che popolano le campagne del sud Italia e che ci permettono di mangiare pomodori e arance a 0,70 € al chilo. Non tiene in considerazione i figli di uomini e donne che pur di sopravvivere in Italia fanno molteplici lavori senza alcun diritto garantito, in attesa di una regolarizzazione sul territorio italiano che potrà consentirne poi quella lavorativa. La legge dello ius soli così come oggi disegnata tiene in considerazione quella piccola fetta di migranti che sono riusciti – malgrado la Bossi-Fini, una legge sull’immigrazione che stringe l’esistenza di uno straniero in Italia con un cappio al collo – a far sì che la loro presenza sia regolare, e quindi a poter far entrare i loro figli nella grande gara del premio del lotto della cittadinanza.

Altro livello sono poi i perché della tanta difficoltà nel fare qualcosa che negli altri paesi europei è molto più agile che nel nostro : per iniziare potremmo dire che la mancata garanza dei diritti e del riconoscimento della cittadinanza a bambini nati e cresciuti nel nostro paese favorisce il contenimento del livello della formazione dei cittadini migranti. La possibilità di accedere ad un grado di formazione alto è strettamente connessa con la possibilità di rinnovare il permesso del genitore che si fa da garante del figlio. In questo modo si entra in una profonda spirale di lavori sottopagati e manodopera sfruttata per il sogno di “garantire ai figli un futuro migliore”.

Potremmo anche considerare il fatto che ci fa comodo avere persone che sono nate qui, che si sono formate qui, che molte volte nonostante tutto riescono a raggiungere livelli di formazione alta, che spesso e volentieri sono bilingue o trilingue per esigenza e ne fanno una ricchezza non solo in termini culturali ma anche in termini di mercato e profitto e incastrate nei meccanismi del permesso di soggiorno costituiscono manodopera altamente qualificata e facilmente ricattabile da un punto di vista salariale.

Altre sì potremmo dire che partiti quali la Lega Nord e compagnia bella hanno l’esigenza e la necessità di costruire differenze in grado di scatenare una guerra tra poveri – anche quelli, sempre gli stessi – convincendo un ragazzino italiano figlio di italiani che il suo compagno di scuola che parla lo stesso suo dialetto e porta lo stesso grembiulino non sia italiano, e peggio ancora che non abbia diritto ad esserlo.

O potremmo infine aggiungere che la legge sullo ius soli che vaga da una parte ad un’altra del parlamento come fosse la pubblicità di un paio di calze, sia più o meno comoda da tirare fuori in vista di campagna elettorale; a seconda della posizione più o meno giocabile aiuta ad attirare l’elettorato pro cittadinanza e contro cittadinanza.

Però potremmo anche riflettere sul disastro sociale e culturale che si crea e si alimenta non riconoscendo questi nostri figli e queste future generazioni; un pugno di sale gettato su una ferita che brucia e che mina qualsiasi tipo di integrazione pensiamo di poter o voler costruire.

Potremmo riflettere sul fatto che l’inalienabile diritto del riconoscimento di appartenenza ad un luogo è qualcosa che ci ostiniamo a non vedere, attaccati ad una identità da proteggere che però non protegge noi. Difendere il diritto ad essere cittadino dello Stato italiano, per evitare di vedere che lo stato non difende il nostro diritto di essere cittadino.

Un paese che non riconosce nessuno dei propri figli.

Qualsiasi sia la ragione per la quale questi figli vogliano avere il diritto di essere riconosciuti cittadini italiani, una cosa è certa : se non sapremo cogliere questo momento a nostro favore rischieremo di costruire un terreno di differenziazione che non sarà solo d’origine, di religione o di cultura. Sarà pericolosamente di classe, di chiunque si sia figlio.