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Il Baobab, una luce che non può spegnersi

I volontari di fronte all'annuncio di sgombero del centro autogestito: noi da qui non ce ne andiamo

In transito. Foto June Rainbow

Il tempo a vostra disposizione è scaduto.

Quel tempo, dal mese di maggio a dicembre 2015, durante il quale 35.000 donne, uomini, minori e bambini, sono stati accolti e assistiti al Centro autogestito Baobab in Via Cupa a Roma, un’ex struttura di accoglienza in disuso, dietro la Stazione Tiburtina, mentre transitano dal nostro paese per raggiungere poi altre destinazioni europee.

Quel tempo impiegato a raccogliere vestiario, medicinali, generi di prima necessità generosamente donato da singoli cittadini, piccole e grandi associazioni. Gesti importanti e vitali in una società così arida ed egoista.

Quel tempo che i tantissimi operatori volontari hanno trascorso per fare i turni di guardianìa notturna, per fornire assistenza legale e sanitaria, per svolgere attività di mediazione culturale in arabo e in tigrino, per preparare colazioni, pranzi e cene agli ospiti.

Quel tempo che ha preceduto lo sgombero dell’accampamento di Ponte Mammolo l’11 maggio è stato di 12 minuti. Poi più di 400 persone in gran parte donne e bambini si sono ritrovati in mezzo ad una strada, senza che nessuno si sia preoccupato di trovare una soluzione alternativa. Quasi duecento di loro hanno bussato alla porta del Baobab per chiedere ospitalità.

Quel tempo durante il quale gli Amici del Baobab hanno saputo raccogliere attorno alle mure di Via Cupa la città solidale, la Roma che accoglie, sperimentando nuove forme di fare accoglienza, quella degna, proprio nella città di “Mafia Capitale”, quella che “con gli immigrati si fanno molti più soldi che con la droga”.

Quel tempo speso a condividere competenze e relazioni, a costruire un modello di organizzazione dal basso dell’accoglienza.
Quel tempo vissuto insieme ad organizzare i servizi o anche solo ad ascoltare.

Quel tempo, per l’amministrazione comunale, quindi è scaduto. Con una telefonata il Dipartimento delle politiche sociali martedì 1° dicembre ha comunicato che lo sgombero dello stabile sarà una questione di ore.

La prima convocazione da parte del Dipartimento è stata Il 20 novembre” racconta Roberto Viviani, volontario di Baobab durante la conferenza stampa che si è svolta il 3 dicembre presso il centro, “in questo primo incontro veniamo informati dello sgombero, la data ultima viene stabilita nel 31 dicembre”.
Per cause amministrative entro il 30 aprile 2016 lo stabile al centro di un contenzioso, risolto da una sentenza, tra il proprietario e il Comune di Roma, deve tornare al proprietario.

I volontari rispondono che non usciranno dallo stabile fino a che i migranti ospiti non verranno ricollocati in altri centri e fino a che non verrà trovata una soluzione stabile e concreta in grado di accogliere anche gli altri che stanno per arrivare, perché il flusso non si fermerà mai del tutto.
Ma per il Dipartimento una soluzione ora non c’è e non ci sarà nemmeno nel momento dello sgombero. Vogliono ricollocare i transitanti ospiti a Baobab in parte in una struttura gestita dalla Croce Rossa in via del Frantoio, che è stata aperta dopo lo sgombero della tendopoli a Tiburtina (ospitava circa 100 migranti), e in parte nelle strutture che stanno per allestire per l’emergenza freddo“. “Ad oggi” – continua Roberto – “di queste strutture ne sono state aperte solo alcune con capacità limitata. Non nascono per fare accoglienza ai migranti e hanno una durata limitata nel tempo”.

A qualche giorno da questo primo incontro con il Dipartimento il 24 novembre va poi in scena un blitz della polizia per fare un’identificazione di massa. “24 ospiti vengono portati all’Ufficio immigrazione, alcuni sono stati trasferiti nel Cie di Ponte Galeria, altri sono stati rilasciati con un foglio di via e un minore è stato trasferito in una struttura di prima accoglienza“, continua il volontario.

Baobab from Cinzia Gubbini on Vimeo.

“La maggior parte degli ospiti che transitano in Via Cupa sono di origine eritrea
in fuga dal regime dittatoriale di Isaias Aferwerki, è difficile spiegargli che il nostro paese è il primo partner commerciale in armi con quella stessa dittatura”, afferma Andrea Costa, ” al Baobab sono assistiti e aiutati esclusivamente da volontari e volontarie e dalla generosità di associazioni e cittadini”.

Andrea fornisce alcuni dati: sono circa 130.000 i migranti arrivati in Italia nel 2015.
L’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha stimato in 90.000 i posti disponibili per l’accoglienza nel nostro paese, considerati i 130.000 arrivati c’è una differenza che a noi non sembra così difficile da colmare, si tratta solo di spostare risorse.
Noi abbiamo provato non solo ad accogliere, ma anche a dare un senso diverso all’accoglienza, ci siamo accorti che può essere fatta in mille modi“. “Nel nostro piccolo” – continua Andrea – “abbiamo provato a far sentire gli ospiti a casa, abbiamo sperimentato nuove forme di accoglienza“.

I volontari colgono questa occasione anche per ringraziare tutti i volontari, le piccole e grandi ONG e organizzazioni come Medici senza frontiere, Save the Children, UNHCR, Amnesty, CIR, A Buon Diritto, Medici per i diritti umani. “Non pensavamo“, dicono, “che la solidarietà di associazioni laiche e religiose, singoli cittadini, sezioni di partito e anche della Chiesa di Roma potesse arrivare a tanto“.


“Il sapere è un tronco di Baobab.
Una sola persona non può abbracciarlo”
(antico proverbio senegalese)

I migranti che sono passati da qui venivano tutti dai campi della Libia con alle spalle viaggi durati anche sei mesi, non c’è migrante che sia passato di qui che non abbia avuto un lutto alle spalle durante questi viaggi“, racconta ancora Andrea, che denuncia anche la mancanza totale di un supporto psicologico a ragazzini che hanno 15, 14, 13, anche 11 anni, che da soli compiono questo viaggio per cercare di ricongiungersi con parenti o amici in qualche parte d’Europa.

Noi non lasceremo soli i migranti né qui, né altrove” – dice Marzia Di Mento, un’altra volontaria – “alla luce di quanto detto noi siamo molto preoccupati per quello che potrà succedere nel prossimo futuro. Nonostante i proclami e le dichiarazioni di intenti l’amministrazione comunale non è stata in grado di mettere in campo nulla che possa portare ad un’accoglienza idonea in tempi brevi”.
Ora gli arrivi sono diminuiti anche se l’emergenza freddo costituisce una criticità in più“.

Il Baobab“, spiega Marzia, “va al di là del luogo fisico, noi continueremo a monitorare la situazione in ogni modo possibile e a denunciare mancanze e incongruenze fino a quando la città di Roma non avrà messo a punto una soluzione concreta per un’accoglienza degna e rispettosa di tutti che preveda sinergie con il territorio, risorse maggiori e il coinvolgimento di figure professionalizzate perché ci rendiamo perfettamente conto che “un’emergenza” non può essere gestita solo da volontari, c’è bisogno di figure professionali che siano pronte ad affrontare le situazione più critiche“.

Ci sono due frasi che ci dicono in tigrino i nostri ospiti eritrei quando se ne vanno, una è Grazie, l’altra è Senza di voi si spegne il mondo. Ecco, noi non crediamo che senza di noi si spenga il mondo, però siamo convinti che se la “politica” facesse di più per aiutare i migranti sicuramente il mondo sarebbe migliore. Per questo noi da qua non usciamo, noi non molliamo, fino a quando ci sarà anche un solo migrante da aiutare“.

Links utili:
@centrobaobab Pagina FBBlog
Emergenza rifugiati a Roma – aiuto al Centro Baobab

Articoli e reportage su Baobab:
Cosa sgomberano al Baobab di Alessandro Gilioli, L’Espresso
Muffa e immondizia al posto del centro per migranti: il caso del Ferrhotel
#baobab – Gazebo del 29 novembre 2015
The 19 million Project team visits rome’s Baobab refugee center
La piattaforma Fortee sostiene Baobab. Acquista una maglia disegnata da Aka B
Il senso di Baobab di Alessandro Gilioli, L’Espresso / Reportage fotografico di Francesco Pistilli
Al Baobab, un pezzetto di mondo migliore
Le storie dei volontari del Baobab che aiutano i migranti a Roma, reportage di Alessia Marzi, Internazionale – settembre 2015
La street artist Alice Pasquini al #Baobab
– “In transito…” Un fotoracconto, realizzato da Gian Luca Bertarelli e Sofia Bertarelli

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