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Il CIE nuoce gravemente alla salute

Il Comitato Nazionale per la Biotetica: "nei CIE il diritto alla salute è soggetto a tali limitazioni da rendere dubbio l’uso del termine stesso di diritto”

Nel parere che il Comitato Nazionale per la Bioetica ha redatto per laPresidenza del Consiglio dei Ministri già lo scorso 11 ottobre intitolato “la salute dentro le mura”, si affronta il tema del diritto alla salute per la popolazione carceraria.
Un capitolo è interamente dedicato agli stranieri ed in particolare ai Centri di Identificazione ed Espulsione.
Sul tema il Comitato già un mese fa proponeva quindi un affondo contro il sistema della detenzione amministrativa.

Ed in particolare il Comitato Nazionale per la Bioetica metteva nero su bianco il fatto che nei CIE il diritto alla salute degli internati è soggetto a tali limitazioni da rendere dubbio l‟uso del termine stesso di “diritto”, spingendosi fino a ad affermare che “i CIE andrebbero chiusi”.

Di seguito il capitolo dedicato alla salute degli stranieri detenuti ed ai CIE. In allegato il parere completo :

Gli stranieri privi di documenti, che non sono stati identificati durante il periodo di carcerazione, vengono internati nei Centri di Identificazione ed Espulsione
.
In primo luogo, i centri sono ubicati in contenitori impropri, fortemente carenti dal punto di vista igienico. Vi sono concentrati soggetti di diversa ed eterogenea provenienza, molti di loro particolarmente vulnerabili: come le persone richiedenti lo status di rifugiato e le vittime della tratta, che rischiano di trovarsi rinchiuse insieme ai propri carnefici. L‟assistenza nei centri non è a carico del SSN, bensì è fornita dall‟ente gestore del Centro.
Nella generalità dei casi, si tratta di un‟assistenza sanitaria elementare, tarata sulla precedente normativa che permetteva il trattenimento non oltre i trenta giorni. Dopo che il periodo è stato prolungato a sei mesi, l‟assistenza sanitaria risulta del tutto
insufficiente e si registrano casi gravi di soggetti non curati a dovere. Inoltre, ci
sono grandi problemi per avere la documentazione clinica, nel passaggio dal carcere ai CIE.

A queste difficoltà, si aggiungano gli aspetti psicologici avversi: gli internati vivono questo periodo come una pena aggiuntiva a quella già scontata, per di più con minori garanzie (non si sa quanto tempo dovranno rimanere nel Centro) e con minori possibilità di svolgere una qualche attività.
Occorre agire prontamente, con alcune misure urgenti e immediate:
– i CIE andrebbero chiusi o quanto meno ricondotti alla loro funzione originaria di misura eccezionale, come previsto dalla direttiva UE, ristabilendo come misura ordinaria il rimpatrio volontario assistito (finanziato da apposito fondo europeo)
Il Servizio Sanitario Nazionale deve prendere in carico i CIE o quanto meno vanno immediatamente attivati accordi e convenzioni in tal senso. Non
solo vanno fornite prestazione adeguate, occorre anche controllare lo stato dei locali, l‟adeguamento dei servizi e lo stato igienico, l‟adeguamento del regime di vita a requisiti di rispetto della dignità delle persone;
– l‟identificazione deve avvenire durante il periodo della carcerazione;
– vanno protette le categorie vulnerabili, fra cui le vittime della tratta,regolarizzandole per motivi umanitari.

salute dentro le mura – Il Parere del Comitato Nazionale per la Bioetica