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tratto dal sito articolo21.com

Il Regina Pacis e l’arresto di Don Lodeserto. Quello che giornali e politica non vogliono dire

A cura di Stefano Mencherini

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Don Lodeserto, la stampa, le tivù, la politica & la curia leccese, ancora tutti insieme appassionatamente. Come se finalmente non stesse emergendo uno spicchio di verità sulle vicende leccesi, insieme al profilo di un uomo violento, certo dell’impunità (tanto, come scrivono i giudici, da spedirsi sms con minacce di morte per riottenere la scorta), e con coperture molto, molto alte. Tutto nato da un lavoro che la Procura sta portando avanti ormai da anni, fatto in questo caso di “prove certe, inconfutabili e concordanti”, che pochissimi hanno ancora oggi il “coraggio” di sotenere.

Come se il signore che sta subendo tre processi e un quarto che si aprirà e che gli è costato l’arresto, meriti tutta questa attenzione solo ora. E che attenzione: quasi sempre e soltanto per lodare gli slanci celestiali di quello che si sta svelando secondo i processi in corso come picchiatore e furfante in clergiman, difeso in primis da una chiesa che non fa i conti neppure col Vangelo e con le indicazioni del Papa. Se non avessi una certa esperienza e ne avessi viste ormai di tutti i colori, sarei rimasto di sasso alla visione dei tigì di sabato 12 marzo (se si esclude una versione notturna del Tg3) e alla lettura dei giornali del giorno dopo (escludiamo Corriere della sera e Manifesto) che danno quasi tutti in prima pagina la notizia dell’arresto e poi, a seguire, l’ “edulcorazione”.

Anzi, peggio: l’ennesima mistificazione della realtà. Che continua anche oggi con lo spettacolo tristissimo delle lenzuola che hanno fatto appendere là dove si gettavano i migranti per fuggire dal Cpt con un puntuale “Torna don Cesare”, ma questo è un altro discorso.Ne ho lette davvero di ogni genere ieri mattina -dicevo- sui giornali di regime e su quelli che si atteggiano a indipendenti, su quelli di partito e su quelli che pasturano i lidi della disinformazione locale. “In cella don Cesare l’angelo degli immigrati, la parabola di Muccioli” titola in prima il Giornale del fratello del premier.

E Avvenire, organo dei vescovi italiani, sempre in prima:”Don Lodeserto, un provvedimento che stupisce”, per seguire riempiendo la pagina 5 con rinnovate “Incredulità e stupore: vita a fianco dei poveri”. Repubblica regala metà della pagina 13 a Ruppi, che lancia l’ultimo anatema contro la Sua “chiesa perseguitata”, dopo aver titolato in prima “Arrestato il prete degli immigrati”, e far dimenticare al suo inviato Carlucci di aver iniziato un paio di anni fa sulla cronaca barese una buona inchiesta sul centro di Quistello (il luogo nel mirino del primo processo di Tramis, dove è stato arrestato lodeserto). Inchiesta giornalistica poi mai terminata, chissà perchè.

L’ Unità a Lecce (da dove scrivo) non arriva la domenica, mentre Liberazione mostra tutto il suo non essere un giornale vero, ma foglio di partito per di più fatto con quattro gatti, nonostante il buon pezzo della Deligia, che non conosce però tutti i retroscena del festival “Regina pacis”, i profili di attori e comprimari, ma che soprattutto deve ovviamente aver avuto lo stop dai vertici di Rifondazione che devono aver imposto di gettare acqua sul fuoco delle vicende solo apparentemente locali, per timore di nuocere alla candidatura Vendola vista la rinnovata solidarietà dei vertici regionali Ds al carcerato (vedremo nei prossimi giorni). E poi, per finire, i locali.

Il Quotidiano con una che ha fatto sì e no un viaggio di lavoro da “inviata” nella sua vita, e lo ha fatto a braccetto di Lodeserto in Moldavia (c’è da augurasi che le indagini arrivino anche là) e con Renato Moro che credevo un giornalista diciamo almeno più prudente, ma che oggi da la colpa alla politica di aver “corrotto” “Un prete e il suo destino…” e chiosa con il “deserto” che ora gli sta attorno. I due, e le pagine dedicate all’ “Eroe della carità”, non fanno che alimentare la solita favoletta ormai trita e ritrita, dimenticando di dire che le voci “contro” (quindi il “deserto”) si contano su una mano sola, una mano persino mutilata di qualche dito, e che i “no global” -per esempio- non esistono più da tempo. La Gazzetta del Mezzogiorno invece titola a tutta pagina con “La città sotto choc”.

Ebbene, quasi tutto di ciò che avete letto e sentito fino ad oggi sull’argomento è il “giornalismo” del Terzo millennio. No, lasciatemelo dire, si tratta di altro.

E’ qualcosa che fa ribrezzo al giornalismo e ai giornalisti ad esempio come la Sgrena, e disonora il sacrificio di tanti altri che hanno rischiato e, spesso, anche dato la vita dentro e fuori da questo Paese per raccontare delle verità scomode. Ma sono quasi sempre negli ultimi tempi, guarda un pò, le vere vittime a passare per carnefici. Come Giuliana appena tornata, ferita dal “fuoco amico”, col cadavere caldo di un uomo che davvero ha servito le istituzioni fino alla morte. Così i “clandestini” filmati dentro il mio film-inchiesta “Mare Nostrum” ( vedi www.stefanomencherini.org )che gridarono le torture e le sevizie che avrebbero subito quando ancora erano rinchiusi dietro alle grate della Guantanamo salentina, o colui che in pieno processo ha denunciato di aver avuto minacce di morte se avesse detto tutto quello che accadeva da tempo nel Cpt. Oggi le “ex prostitute ubriache” e domani chissà chi altro.

E chissenefrega se il ministro Pisanu da oltre due anni, e proprio nei giorni in cui scoppiò il “caso Regina pacis”, ha bloccato gli accessi ai Cpt a tutta l’informazione nazionale, tanto i giornalisti non reclamano e alle interrogazioni parlamentari si può non rispondere. Ma a parte un piccolo sfogo che credo mi sia dovuto come cronista, da questa ennesima puntata di una saga destinata a durare ancora a lungo, perchè vista l’esperienza qualcosa mi dice che devono uscire ancora tante altre vicende, forse anche più gravi -se possibile- delle attuali, ci sono un paio di brevi considerazioni da fare. La prima: ieri l’altro ero in piazza S. Oronzo per una diretta di Sky news sulla vicenda. Alcuni passanti, incuriositi dai riflettori, mi hanno chiesto di che si parlava e se potevano stare lì.

Gli ho risposto che si sarebbe affrontato un tema pesantuccio: l’arresto di don Cesare. Scuri in volto, con un lapidario “se lo meritava, dovevano rinchiuderlo prima!” hanno salutato educatamente e se ne sono andati. O erano alcuni “terroristi” travestiti da salentini normali o sono piccoli segnali che indicano, insieme a tanti altri e per l’ennesima volta, il totale scollamento della politica e dei media dalla realtà di tutti i giorni.

Come se il popolo non avesse occhi, orecchie, sensibilità e diritto a una giustizia uguale per tutti. Personalmente l’ho anche scritto all’Ansa ieri che però ha censurato le prime cinque parole del mio comunicato:” Mai gioire per un arresto”. Ma da questo a giocarsi la faccia nel difendere contro ogni decenza ed evidenza il solito “eroe”, come ha fatto ancora ieri gran parte dei soliti politici nazionali e locali, ce ne corre.

La seconda riguarda alcuni sacerdoti e la chiesa salentina. Nessuno dei giornali italiani, se non di striscio e senza minimamente far capire la portata senza precedenti nella storia della chiesa cattolica nel nostro Paese, nessuno -ripeto- per ora ha citato un’ iniziativa che anche in queste ore sta raccogliendo, sulla base di un severo documento, le firme di religiosi e laici, parlamentari e scout, poeti , comunisti, giornalisti e registi. In queste ore lo hanno firmato anche padre Alex Zanotelli e tanti altri sacerdoti sconosciuti, intere parrocchie, oltre ai don Cassano, ai padre Poletti, ai don Bizzotto… ma anche molti cittadini che non si piegano alle menzogne, che si battono con la non violenza a tutela dei diritti civili, che non chiedono vendetta ma giustizia, e sono convinti che tacere sia come essere conniventi.