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Il falso mito dell’invasione dello straniero in Italia

I dati parlano chiaro: senza immigrati problemi economici e demografici

Photo credit: Vanna D'Ambrosio

I falsi miti, i luoghi comuni, nella storia hanno ripetutamente e ciclicamente portato alla “caccia alle streghe“: cacciatori narcotizzati dal bombardamento di fake news rincorrono la fascia più debole di turno. Gli effetti sono più o meno devastanti.

E’ un periodo storico dove il PIL nominale si abbassa e il debito pubblico si alza, dove la ricchezza diventa una fetta di torta spartita da una fascia sempre più esigua di popolazione, dove il ceto medio ha la colonna dorsale schiacciata dal peso sempre più grande della povertà, dove il povero a suo volta fa il suo ingresso nel limbo della miseria.

In questo contesto si scatena la persecuzione verso il più debole tra i deboli.

Una sorta di paranoica fobia verso colui ritenuto “diverso“, che sfocia nella violenza verbale e fisica ingiustificata.

Tutte queste situazioni sono, metaforicamente parlando, come affluenti che sfociano nel fiume della psicosi dell'”invasione“.

Sfogliando il vocabolario Treccani, la definizione di invasione è:
– “ingresso nel territorio di uno Stato da parte delle forze armate di uno stato belligerante, per compiervi operazioni belliche, con o senza l’intenzione di occuparlo stabilmente“. Esempio: Germania nazista che entra in Polonia. Barbari che saccheggiano Roma.

Quindi, il migrante che arriva in Italia viene comparato a:
– un combattente/soldato. Impossibile, ed appare abbastanza logico, inserirlo in tale categoria: il migrante arriva senza niente, spesso senza neanche i documenti. Senza imbracciare fucili ma, anzi, con i fucili puntati addosso.

Il migrante non può, lingua italiana alla mano, entrare nella sfera dell'”invasione“.

Sembra che la psicosi possa annebbiare la vista e far utilizzare terminologie molto sbagliate: l’invasore e l’invasione sono ben altre cose.

Ma le parole non bastano perché strumentalizzabili, come purtroppo succede.

I numeri, invece, sono: insindacabili, indiscutibili, ineccepibili.

Nel 2017, la popolazione italiana era di 60.589.445

Gli stranieri, invece, 5.047.028.

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Gli stranieri in Italia sono, quindi, l’8,3 %.

Come se in un’aula universitaria di 100 persone, 8 sono straniere.

Come se in una classe di 20 alunni, 1 non è italiano.

Per quanto riguarda i paesi di provenienza, viene ancora di più smascherato il falso mito dell’invasione da parte degli africani:

– Romania: 1.168.552

– Albania: 448.407

– Marocco: 420.651

– Cina: 281.972

– Ucraina: 234.354

– Filippine: 166.459

– India: 151.430

– Moldavia: 135.661

– Bangladesh: 122.428

– Egitto: 112.7654

Solo due paesi africani tra i primi dieci: Marocco ed Egitto. Entrambi del Nord Africa.

Per trovare il primo paese dell’Africa occidentale o centrale o australe, bisogna scorrere fino alla 13a posizione: Senegal, 101.207.

In percentuale, i senegalesi presenti in Italia sono lo 0,16% della popolazione italiana.

Poi Tunisia (Nord Africa), 16a posizione, 94.064 (0,15%).

Nigeria (Africa occidentale), 88.533 (0,14%).

In sostanza, ogni 1.000 persone si trova una persona del Senegal: percentuale irrisoria. Come se, in uno stadio di 60000 persone, ci fossero 60 senegalesi.

E’ invasione forse?

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Per quanto riguarda i continenti da dove vengono gli stranieri residenti in Italia:
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L’Istat ha registrato che in Italia il tasso di natalità è in diminuzione.

Il tasso di natalità per mille abitanti fa emergere come la situazione non sia positiva: per mille abitanti, sempre meno nati.

In questo contesto, la presenza dello straniero in Italia risulta assai importante.

E’ un tampone per evitare:

– la diminuzione della popolazione;
– l’innalzamento dell’età media;
– la diminuzione della natalità.

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Crescita naturale per mille abitanti, invece:
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Proprio per questi allarmanti dati è fondamentale la presenza degli immigrati in Italia, che di fatto sono un tappo alle perdite presenti in Italia.

I bambini stranieri residenti in Italia (0-10 anni) sono ben 719.206, numero importantissimo che compensa la diminuzione della natalità in Italia.

L’Italia, in sostanza, non è un soggetto leso dall’invasione da parte di terzi.
Inoltre la nostra nazione, all’interno dello scacchiere mondiale, è l’undicesima al mondo come ospitalità.

Secondo il rapporto dell’UNHCR “Global trends forced displacement in 2016“, nell’anno 2016 il numero dei migranti è stato di 26 milioni, con la suddivisione così composta (prime sei posizioni):

– Turchia 2,9 milioni
– Pakistan 1,4 milioni
– Libano 1 milione
– Iran 979.400
– Uganda 940.800
– Etiopia 791.600

Germania primo Paese europeo con 478.600.

Il nostro Paese oltre a non essere nei primi posti per accoglienza, è anche quella con un ridotto numero d’incidenza dei rifugiati sulla popolazione totale: se in Italia la percentuale di immigrati è 8,3%, in Libano si arriva al 16,6%. Esattamente il doppio.

Sempre l’UNHCR, nel report del 27 Febbraio 2017, afferma:

The biggest contributors providing a safe haven to the world’s uprooted people are poorer communities.” (I maggiori collaboratori che forniscono un rifugio sicuro alle persone sradicate dal mondo sono le comunità più povere)

Sono proprio le nazioni più povere a farsi promotrici dei principi di accoglienza, solidarietà e del “non-refoulement“.

Ciò è certificato dal fatto che, in rapporto alle proprie dimensioni, Giordania e Libano sono le nazioni che più accolgono. In termini economici invece gli oneri più pesanti li affrontano il Sud del Sudan ed il Ciad.

Quanto emerge ad oggi nell’UE è una tendenziale chiusura della frontiere: questa pratica, però, in Europa e soprattutto nel nostro Paese non porterà benefici. Anche e soprattutto in termini economici.

Gli sbarchi stanno sensibilmente diminuendo, causa accordi assai discutibili con paesi extra-Ue.
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Questa situazione attuale, però, non è in linea con le problematiche ed aspettative dell’Italia:

– in termini economici, nel nostro Paese, “gli immigrati regolari versano ogni anno 8 miliardi contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e altre prestazioni sociali, con un saldo netto di circa 5 miliardi per le casse dell’Inps1. Hanno versato, ad oggi, circa 1 punto di PIL di contributi sociali.

– invece, in termini demografici, la chiusura delle frontiere porterà ad una notevole flessione della popolazione sul territorio italiano.

Le proiezioni sulla popolazione italiana, a differenza di quella europea, non sono incoraggianti.
E’ previsto, infatti, che nel 2030 la popolazione italiana sarà 60.350.475 e diminuirà con l’avanzare degli anni: 2040 (59.982.002), 2050 (58.968.137), 2060 (56.948.693), 2070 (54.935.591) e 2081 (53.693.963)
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In conclusione è un quadro poco roseo in cui emergono tre cose:

– parlare di “invasione” è fuorviante, i numeri parlano esattamente del contrario;

– economicamente, evitare l’ingresso degli immigrati potrebbe far saltare il sistema pensionistico italiano;

– demograficamente, senza la presenza straniera il nostro è un Paese che si avvia a svuotarsi rapidamente;

Sembra, oltre che ingiusto, assai inutile e sconveniente fare questa “caccia alle streghe“.

  1. http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2017/07/20/boeri-gli-immigrati-regalano-un-punto-pil-in-contributi_3af98eb6-3ee5-48e8-95e0-9bd9c6952742.html

Pietro Giovanni Panico

Consulente legale specializzato in protezione internazionale ed expert prevenzione sfruttamento lavorativo. Freelance con inchieste sui MSNA, rotte migratorie, accordi illegittimi tra Paesi europei ed extra UE e traffici di armi.
Nel 2022 ho vinto il "Premio giornalistico nazionale Marco Toresini" con l'inchiesta "La guerra dei portuali genovesi contro le armi saudite".