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Il mio equipaggio ha salvato 218 migranti dall’annegamento – perché siamo noi il nemico?

Lorenzo Tondo, The Guardian - 24 marzo 2018

Il Capitano Marc Reig con la sua nave di salvataggio, la Open Arms. Photo: Alessio Mamo

Pozzallo – Il capitano Marc Reig non sembra un uomo nel mezzo della tempesta. Ma è esattamente questo, nonostante la sua nave, l’imbarcazione per il salvataggio dei migranti Open Arms, sia ormeggiata al sicuro nel grazioso porto di Pozzallo nel sud della Sicilia. Una quiete disturbata solo dalle onde che lambiscono delicatamente lo scafo.

Sembrava un’operazione di routine quella della nave operata dall’organizzazione spagnola Proactiva Open Arms, quando la scorsa settimana ha tratto in salvo 218 migranti dalla zattera malconcia sulla quale stavano provando ad attraversare disperatamente le acque agitate del Mediterraneo. Negli ultimi tre anni, più di 5.000 migranti hanno attraversato il Mediterraneo a bordo della nave gestita dalla ONG, che perlustra un’area poco al di fuori delle acque libiche. Ma ciò che è successo subito dopo non è affatto la prassi. Una volta attraccata a Pozzallo la nave è stata avvicinata da decine di poliziotti.

Non appena sbarcato il carico umano, la nave è stata posta sotto sequestro e per tre membri dell’equipaggio si sono aperte le indagini. Il procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro, li ha accusati di aver rifiutato di consegnare i migranti alla guardia costiera libica e di favorire così l’immigrazione clandestina. La nave di 37 metri è rimasta attraccata a Pozzallo, nell’attesa che il giudice emani il verdetto sul suo destino, mentre gli italiani che non vogliono più che il loro paese sia un rifugio per i migranti ne celebrano il sequestro.

La nave di Proactiva sembra essere diventata un ostaggio politico in un paese in cui gli immigrati sono percepiti da molti come invasori e parassiti, e dove il tema della migrazione è diventato un elemento tossico sulla scia delle elezioni di questo mese che hanno visto un’impennata di supporto per i partiti anti-immigrazione.

Il 3 febbraio, un neo-fascista sparò e ferì sei africani nella città di Macerata, e pochi giorni dopo, i partiti di destra promisero, se eletti, di cacciare dal paese 600.000 migranti. In un tale contesto, chiunque fornisca aiuto ai migranti è considerato un nemico, colpevole di aiutare i trafficanti di esseri umani.

È questo infatti il reato di cui il capitano spagnolo della Open Arms è accusato. Dei 19 membri del suo equipaggio, più della metà è ritornato a casa. Reig, 42 anni, che ora trascorre la maggior parte del suo tempo chiuso nella sua cabina, è perseguitato dagli eventi di quella drammatica notte di una settimana fa, quando la sua nave ha raccolto i migranti dalla loro zattera per poi affrontare immediatamente la sfida della guardia costiera libica, che minacciava di uccidere l’equipaggio se non avesse ceduto i migranti.

È successo tutto nell’arco di pochi minuti. Avevamo appena portato in salvo 218 persone, quando abbiamo visto la guardia costiera libica arrivare”, ha raccontato all’Observer. “Hanno detto che dovevamo restituirgli i migranti, altrimenti ci avrebbero uccisi tutti.”

Le autorità italiane hanno chiamato l’equipaggio della Open Arms e gli hanno consigliato di lasciare i migranti ai libici, poiché Tripoli era incaricata della ricerca e del soccorso in quell’area del mare. Ma Reig dice che questo non è vero – che la zona di ricerca e soccorso libica è stata dichiarata unilateralmente dall’Italia e dalla Libia lo scorso Natale, ma che l’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) non ha mai rilasciato una notifica ufficiale.

Inoltre, il salvataggio ha avuto luogo in acque internazionali dove gli ordini della guardia costiera libica non sono vincolanti. La legge del mare è chiara: la responsabilità è di chiunque salvi la nave per primo. “In quel preciso momento ho pensato alle dozzine di navi vuote che abbiamo trovato nel mare nei mesi scorsi”, racconta Reig. “I migranti che erano a bordo sono stati catturati dai libici e deportati a Tripoli. I rifugiati che abbiamo salvato ci hanno detto di torture inimmaginabili. Dicono che preferirebbero morire piuttosto che tornare in Libia.”

Con i fucili dei libici ancora puntati sul suo equipaggio, Reig ha virato a nord, verso la Sicilia. “Se li avessimo abbandonati ai libici, non ce lo saremmo mai perdonati”, racconta Anabel Montes, coordinatrice della missione di soccorso.

Siamo stati vittime di un attacco armato, ma siamo gli unici sotto processo”, dice Riccardo Gatti, capo della missione Open Arms. “E tutto questo accade una settimana dopo le elezioni e il trionfo dei partiti di estrema destra in Italia. Non mi sembra una semplice coincidenza.”

La mattina dopo il sequestro, Matteo Salvini, leader del partito di estrema destra Lega Nord, ha twittato: “Finalmente un procuratore italiano sta fermando il traffico di esseri umani”.

Salvini, che ha condotto una campagna elettorale promettendo leggi più restrittive contro i migranti, ha vinto quasi il 18% dei voti, diventando il leader indiscusso del centro destra. Ma l’atteggiamento intollerante italiano è iniziato ben prima della sua ascesa.

In seguito al naufragio del 3 ottobre 2013, nel quale 368 persone morirono a causa di un incendio scoppiato a bordo della loro nave a poche miglia di distanza dall’isola di Lampedusa, l’Italia ha dichiarato guerra ai trafficanti di esseri umani. L’obiettivo era quello di catturare i trafficanti che organizzano gli attraversamenti e proteggere i migranti.

È così che è nata Mare Nostrum, un’operazione navale e aerea durata un anno. Durante la missione, 150.000 migranti arrivarono in modo sicuro in Italia, prima di dirigersi verso diverse destinazioni in Europa.

Sfortunatamente, l’operazione irritò alcuni paesi, soprattutto Francia, Austria e Svizzera, che cominciarono a respingere i migranti e a riconsegnarli alle autorità italiane. I rifugiati salvati in mare si trovarono bloccati in Italia, e i centri di accoglienza dal nord al sud cominciarono a collassare. Gli italiani cominciarono a lamentarsi delle migliaia di migranti intrappolati nelle loro città.

Nel 2015, l’approccio dell’Italia comincia a cambiare”, spiega Fulvio Vassallo, esperto di legge dell’asilo all’Università di Palermo. “L’operazione Mare Nostrum è stata rimpiazzata dal più autoritario Frontex, il cui obiettivo principale non è il salvataggio di vite ma il controllo dei confini. La caccia ai trafficanti di esseri umani ha cominciato a perdere il suo ruolo umanitario, rimpiazzato da sentimenti di intolleranza.”

In breve, i trafficanti di esseri umani dovevano essere catturati non per porre fine agli abusi perpetrati sui rifugiati ma per fermare il flusso di persone. Le navi delle ONG hanno continuato le loro operazioni di soccorso in mare, e hanno tratto in salvo più di un terzo del totale dei migranti portati a terra nel 2017, contro meno dell’1% nel 2014. Ma poi il Ministro dell’Interno italiano, Marco Minniti, temendo che le ONG stessero fomentando il traffico di esseri umani dal Nord Africa, ha proposto un codice di condotta delle ONG, che include l’impegno a prendere ufficiali armati della polizia a bordo, punto di cui molti contestano l’etica.

Il messaggio era chiaro”, dice Vassallo. “Le ONG erano diventate un problema per i paesi europei. Non solo continuavano a consegnare migranti, ma testimoniavano anche le ingiustizie perpetrate dalle autorità libiche. Collegare le ONG ai trafficanti era un pretesto per liberarsi di loro”.

Lo scorso agosto, la polizia italiana sequestrò la Iuventa, una nave gestita dalla ONG tedesca Jugend Rettet, e rimandò una pattuglia navale in Libia come parte di un tentativo di mettere fine alla crisi dei rifugiati. Secondo una dichiarazione della polizia “la Iuventa era usata per attività di facilitazione dell’immigrazione illegale”. Le indagini in corso non hanno trovato prove contro la ONG. Ma da allora, i tentativi delle ONG di salvare vite in mare sono diventati sempre più difficili. Cinque gruppi di soccorso che gestiscono navi per il salvataggio dei migranti nel Mediterraneo si sono rifiutati di firmare il codice di condotta per le ONG del governo italiano, ma altre tre hanno appoggiato le nuove regole. Tra queste tre c’è Proactiva Open Arms, che lo scorso anno ha visto un calo del 40% nelle donazioni.

Ma se una parte dell’Italia esulta per il sequestro della nave, un’altra celebra le azioni del capitano Reig, mandandogli messaggi di supporto. Lui però respinge chi lo descrive come un eroe. “I veri eroi sono quelli che attraversano il deserto per anni, sopravvivendo a torture e persecuzioni”, dice. “Coloro che, per raggiungere l’Europa e non tornare in Libia, si gettano in un mare in cui non sanno neanche nuotare.