Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Il nuovo Manifesto dell’ASGI

Un programma di riforma delle norme italiane in materia di diritto dell’immigrazione, asilo e cittadinanza

Photo credit: Yamine Madani (Sherwood Foto)

L’immigrazione è un fenomeno strutturale e ordinario che ha profondamente modificato il sistema sociale ed economico nazionale, ma che non è stato previsto e governato perché la maggioranza della popolazione, dei poteri pubblici e delle forze politiche non hanno saputo né voluto attuare una effettiva politica di governo della realtà, continuando a trattarla come un fenomeno momentaneo da gestire con provvedimenti di carattere episodico o emergenziale o con periodiche “sanatorie” degli ingressi irregolari (ma sempre ostacolando un regolare ingresso per lavoro), o come una minaccia alla sicurezza (con poche eccezioni dovute alla obbligatoria attuazione di direttive UE e alla libertà di circolazione e soggiorno spettante ai cittadini degli altri Stati membri dell’UE), in ogni caso negando adeguato finanziamento alle politiche di integrazione sociale dei cittadini stranieri.

La stessa disciplina organica della condizione dei cittadini stranieri non comunitari, disposta soltanto nel 1998 con il testo unico delle leggi sull’immigrazione, introdotto con il decreto legislativo n. 286, è stata attuata dai vari Governi in modo inadeguato, più volte modificata a partire dal 2002 al solo fine di reprimere gli ingressi e i soggiorni irregolari, ma senza meccanismi che consentano l’ingresso regolare dei migranti, essendo fondata sull’anacronistico sistema dell’incontro a distanza tra domanda e offerta di lavoro.

Nel contempo è mancata una serena e approfondita riflessione sociale e politica sulla realtà migratoria in Italia e sulle cause stesse delle migrazioni.

È indubbiamente lungo l’elenco delle ragioni, ulteriori o che si aggiungono al desiderio individuale, per cui le persone decidono di dare corso a un progetto migratorio muovendosi da un territorio. Tra esse ritroviamo certamente conflitti bellici, la grave destabilizzazione sociale in molti Paesi o Stati caratterizzati da regimi dittatoriali o fortemente repressivi o nei quali il sistema formalmente democratico non è in grado di garantire effettivamente le libertà primarie e sociali, le conseguenze delle politiche coloniali dei Paesi europei dei secoli scorsi, la spoliazione delle risorse naturali del continente africano, la crescita demografica, i fattori climatici e quelli ambientali.

In questo contesto è particolarmente difficile individuare “La causa” della scelta di migrare, perché sempre più spesso sono fattori multipli nella vita di un individuo o di un gruppo sociale a determinare tale scelta. È, per questo, impossibile oggi tracciare un confine netto tra migrazioni per motivi economici e migrazioni per motivi legati alla ricerca di una forma di protezione, perché molto spesso le cause della povertà individuale o sociale da cui si fugge si fondano a loro volta su forme di persecuzione in danno di individui o gruppi sociali.

È evidente, tuttavia, che sempre più marcata si fa la sproporzione tra lo sviluppo economico del mondo occidentale e l’aggravarsi della povertà in molte altre parti della terra, ciò che determina (come storicamente sempre avvenuto nella storia dell’essere umano) il movimento di persone da zone con minori prospettive di crescita individuale e sociale a zone ove può apparire possibile la realizzazione di una condizione migliorativa.

La globalizzazione delle merci e delle produzioni, che è tanto necessaria al sistema economico dei Paesi ricchi, in costante ricerca di mercati nei quali vendere i prodotti e nei quali creare consumatori, non va di pari passo con il diritto al movimento delle persone.

Alla libertà della migrazione delle merci non corrisponde il riconoscimento di un analogo diritto di movimento delle persone, neppure quando la guerra per il potere economico e/o politico in un dato territorio avviene nelle forme più tradizionali: con le armi.

A queste scelte, di natura politica, corrispondono chiari indirizzi legislativi e politiche del diritto in materia di immigrazione e asilo in Europa e in Italia.

Per questo non è assolutamente un caso se, all’interno dell’Unione europea, la questione dei movimenti migratori sia esplosa negli ultimi anni in maniera dirompente: i fattori causali che hanno comportato il dirigersi dei flussi migratori verso l’Europa sono stati accompagnati da una politica europea proibizionistica nei confronti degli ingressi regolari per lavoro.

È indispensabile aspirare a un modello basato sulla libera circolazione delle persone, che rappresenta la giusta risposta alle istanze democratiche egualitarie su cui si fondano tutte le moderne democrazie del mondo.

L’UE deve abbandonare l’attuale politica di chiusura nei confronti delle migrazioni economiche, così come da ultimo sintetizzata nella agenda europea del maggio 2015.

Al contempo, l’Unione europea e ogni singolo Stato devono interrompere le politiche di finanziamento di quei Paesi nei quali vi sono seri indizi di violazione delle libertà e dei diritti umani, secondo i principi costituzionali.

Il progressivo raggiungimento di un modello basato sulla libera circolazione consentirebbe, tra l’altro, la naturale contrazione della richiesta di protezione internazionale. Ma, soprattutto, gradualmente contribuirebbe in modo determinante all’affermazione di politiche economiche internazionali più eque che circoscrivano il perpetrarsi delle cause principali dei grandi flussi migratori: radicali impoverimenti di Paesi politicamente più fragili, conflitti nazionali e internazionali etero-determinati da forze economiche straniere e catastrofi ambientali conseguenti a uno sconsiderato sfruttamento delle risorse da parte di multinazionali.

L’Italia, nei limiti di autonomia consentiti dal diritto europeo, può e deve rappresentare uno stimolo per l’intera Unione europea nella direzione sopra descritta.

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