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da Il Giornale di Vicenza del 12 dicembre 2007

Il permesso gli arriva quando è già scaduto

Ha seguito tutto l’iter di legge, ma lo Stato è in maxi-ritardo

Operaio del Burkina Faso che è qui da anni ha paura: «E adesso sono un clandestino?»

Guebre Tobignale, operaio metalmeccanico del Burkina Faso, aspettava il permesso di soggiorno da febbraio. Lo Stato italiano glielo ha consegnato ieri, già scaduto da
due mesi e mezzo.
E ora lui non sa più che fare, ha paura, si sente all’improvviso “clandestino” dopo 11 anni di lavoro regolare.
Sembra una barzelletta e invece è un’amara realtà.
Tobignale ha 51 anni, è originario del Burkina Faso e vive in Italia dal 1996 Lasciò l’Africa per cercare miglior sorte, prima a Caserta e poi a Vicenza.
Per lavorare e sostenere la sua famiglia. Ora, la moglie e due dei quattro figli vivono in Italia con lui che, a fatica, anche per la barriera linguistica, come tanti immigrati si è adattato ai tanti adempimenti richiesti dalla burocrazia italiana. Ma si è mantenuto
in regola.
Mai avrebbe pensato di ritrovarsi di punto in bianco con un permesso di soggiorno scaduto e per giunta non per inadempienza. Il suo permesso scadeva il 27 febbraio 2007 e per questo, con anticipo, l’8 febbraio, aveva inviato la domanda di rinnovo, sulla base di un contratto di lavoro a tempo determinato. «Ho seguito l’iter della pratica sul sito Internet dedicato – racconta Tobignale -. L’ultima comunicazione, ancora visibile, è datata 29 giugno e diceva che potevo ritirare il permesso in questura a Vicenza. Ci sono andato una decina di volte, in questi mesi, ma mi hanno sempre risposto che non era ancora arrivato».
Fino a ieri mattina. Sono le 11.20 quando gli consegnano il documento tanto atteso. Il sollievo dura un attimo, il tempo di aprire la busta e vedere che quel permesso di
soggiorno è già scaduto. Da 75 giorni. «Vede – dice mostrando il tesserino – è scaduto il 27 settembre».
L’operaio, spaventato, si rivolge ad Alfredo Valpiana, consulente del lavoro, il quale non ci pensa due volte e gli dà una mano.
«La legge – afferma Valpiana – dice che l’immigrato ha 60 giorni di tempo, dopo la scadenza del permesso, per rimettersi in regola. Anche quel termine è scaduto».
Insieme, allora, consegnano una lettera di reclamo in questura. Poi si rivolgono all’Urp dove il funzionario spiega loro che la colpa non è della questura e che le buste vengono consegnate quando arrivano dal ministero.
Più che colpevoli, Tobignale cerca risposte. «Cosa devo fare? Sono clandestino? Come faccio con l’azienda che mi chiede da mesi il permesso e ora gliene porterò uno
già scaduto?».
A rispondergli è un funzionario allo sportello immigrazione. Gli dice di non preoccuparsi perché sui computer della questura è registrata la data di ieri, in cui l’operaio ha ritirato il permesso scaduto. Non è clandestino, gli dice.
Guebre se ne va con tanti dubbi. «In mano non ho nulla che testimoni il fatto che mi hanno consegnato il permesso già scaduto – dice – devo fidarmi di quello che mi
hanno detto qui. E se mi ferma la polizia e mi dice che non sono in regola?». Ora, in ogni caso, deve rifare tutta la domanda di rinnovo e aspettare.
Marco Scorzato