Qui [ …] non si discute di filantropia bensì del diritto, e in questo caso ospitalità significa il diritto di uno straniero a non essere trattato ostilmente da un altro causa del suo arrivo sul suo territorio […] lo straniero non può rivendicare un diritto a essere ospite, bensì un diritto di visita, che spetta a tutti gli esseri umani, cioè di proporsi alla società in virtù del diritto al possesso comunitario della superficie della terra […] e […] portare finalmente il genere umano sempre più vicino a una costituzione cosmopolitica.
Durante il corteo che ha attraversato Roma, alle immagini degli idranti, dei feriti, dei calci, delle manganellate, dei colpi, delle offese, dello sgombero forzato, delle lacrime e della disperazione, della violenza assordante, si sostituiscono, collettivamente, le voci, senza divise e costumi, di quanti hanno camminato insieme dignitosamente e con entusiasmo, oltre il potere repressivo e coercitivo degli avvenimenti di Piazza Indipendenza.
I bambini hanno fatto vedere che felicità e tristezza non appartengono a colori specifici, di occhi e di pelle; i grandi che diritti umani, senso della libertà e dignità hanno una sola radice, comune, che porta alla giustizia sociale, al rispetto per l’integrità morale e personale, oltre una carezza.
Il corteo di Roma, in seguito alla violazione dei diritti umani a Piazza Indipendenza, ha richiesto equilibrio tra i diversi interessi sociali e mai più fratture riguardo la sicurezza, la cura e la tutela della persona, restituendo all’azione umana la responsabilità rigenerativa di rielaborare la sofferenza.
Il popolo in corteo ha reso questa Roma un po’ più decorosa, sottraendo i suoi vicoli e le sue strade alla creazione del luogo criminogeno, un campo di battaglia ovunque del nuovo ordine globale, delle ragion di Stato, dell’apparato di potere decentrato e deterritorializzante che incorpora attori transnazionali e grandi istituzioni nazionali.
Quei passi si sono riappropriati di uno spazio pubblico, ridefinendolo di pace amore ed anche fantasia.
Questi volti si sostituiscono alle spiazzanti immagini degli eventi nudi e crudi di Piazza Indipendenza.
Il dolore o la gioia che l’altro vive deve essere colto in primo luogo attraverso una percezione legata agli organi della sensibilità, ma ciò che si scorge sul suo volto rimanda ad una profondità di vita tale che è impossibile assimilarlo a qualsiasi oggetto fisico, visto e toccato. La dimensione che viene così scoperta è il luogo degli affetti, delle pulsioni, delle emozioni, è quella che indichiamo con il termine psiche (Psiche).
Testo e foto: Vanna D’Ambrosio