Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

A cura di Giovanni Palombarini

Immigrati spremi e getta

In primo luogo, le dichiarazioni rese dagli esponenti dei partiti di governo:si tratterebbe di “un progetto che coniuga vigore e solidarietà”.
Una formula di stile già usata in occasione di precedenti leggi, per la verità. Si trattava però di provvedimenti che, accanto alle norme che ribadivano la tradizionale filosofia della chiusura adottata a partire dall’inizio degli anni Novanta, contenevano qualche misura, qualche diritto in favore almeno degli immigrati regolari. Rimane invece misterioso in che cosa consista la solidarietà espressa con questo intervento.

C’è poi un impegno programmatico, stando alle cronache (ne parla il quotidiano Avvenire), che davvero è un’espressione difficilmente eguagliabile da un lato dell’egoismo dei paesi del nord del mondo, dall’altro di un perdurante spirito colonialista. Nei programi di cooperazione bilaterale con paesi non dell’Ue il governo terrà conto del loro impegno contro le partenze dei propri clandestini, stornando eventuali aiuti dai già esigui fondi per lo sviluppo in dotazione alla Farnesina in danno dei paesi che non si adegueranno alle aspettative. Che questo vada bene per i vari Fini, Pisanu e Bossi non sorprende.

Ma cosa ne dice il ministro degli Esteri Ruggiero, generalmente considerato persona aperta e attenta ai problemi dei paesi poveri?
Per il resto, anche se i contenuti della proposta sembrano meno brutali di alcuni discorsi di agosto, tutto come previsto. Alla legge Turco-Napolitano, che già non era un gran che sotto il profilo dell’accoglienza, verranno apportati i correttivi promessi in campagna elettorale.

Così, in tutta coerenza con la logica dell’usa e getta e del nuovo criterio liberista, per cui tutti i lavori sono precari, si stabilisce che è il preventivo contratto di lavoro che consente l’ottenimento del permesso di soggiorno a durata variabile, alla cui scadenza si dovrà andare via; e che anche coloro che otterranno un lavoro stabile, dovranno ogni due anni dimostrare la permanenza del rapporto di lavoro. Secondo Il Sole-24 Ore l’unica vittoria di qualche ministro moderato è che chi perderà il lavoro non verrà espulso il giorno dopo, ma potrà avere sei mesi di tempo per trovare un nuovo impiego prima di doversene andare.

Intorno a questa previsione di base, una serie di conseguenze. Intanto nessuna sanatoria, neppure quella ipotizzata da qualcuno del Ccd per le colf e coloro che assistono anziani e malati (cioè per decine di migliaia di persone che sono in sostanza regolari, visto che già vivono nel proprio lecito lavoro), anche se entrati in Italia con un permesso poi scaduto; sono ben pochi gli italiani disposti a provvedere a questi lavori, ma il particolare è irrilevante per il governo. Inoltre, il periodo di detenzione nei cosiddetti centri di permanenza temporanea, già stracolmi di gente, viene raddoppiato: non più 20 giorni più eventualmente altri 10, ma 30 più eventualmente altri 30. Poi, un restringimento delle possibilità di ricongiungimento familiare: una scelta logica, tutto sommato, visto che la prospettiva non è quella della stabilizzazione e dell’integrazione, bensì quella del ritorno nei paesi di origine.

Quindi i reati: chi entrerà in Italia dopo essere stato allontanato, verrà arrestato, processato con rito direttissimo e condannato a una pena da sei mesi a un anno; se ci proverà una seconda volta, la reclusione sarà da uno a quattro anni.

Infine, del diritto di voto amministrativo per chi vive regolarmente in Italia da cinque o sei anni, nessuno parla più, nonostante appena in gennaio il Consiglio d’Europa abbia raccomandato il diritto di voto attivo e passivo per i regolari residenti da almeno tre anni.
«L’Italia sta diventando un paese serio, il popolo non vuole l’immigrazione, questa legge cambierà l’Europa», ha commentato Umberto Bossi, un ministro che vive il rapporto con il mondo arabo come uno scontro di civiltà. Stringe il cuore vedere dove sta arrivando appunto l’Europa, e con essa l’Italia, se solo si ricorda ciò che era scritto nella costituzione francese del 1793: «Ogni straniero d’età superiore a 21 anni che, domiciliato in Francia da un anno, viva del suo lavoro, o acquisti una proprietà, o sposi una cittadina francese, o adotti un bambino, o mantenga un vecchio, è ammesso all’esercizio dei diritti di cittadino».