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Iniziata la caccia del governo ai migranti nigeriani

Nei giorni del "Muslim ban" di Trump, l'Europa pensa ad un muro navale per chiudere la rotta del Mediterraneo centrale. In Italia un telegramma ha avviato i rastrellamenti dei cittadini nigeriani

Mentre gli occhi del mondo guardano con attenzione a quello che accade negli Stati Uniti, in Italia – pochi giorni prima del “Muslim ban” di Trump – è iniziata la caccia agli immigrati “irregolari”. Dopo la circolare del Capo della Polizia del 30 dicembre 2016, è un altro documento, questa volta del Viminale, ad impartire le disposizioni per mettere in atto il pugno di ferro voluto dal ministro Minniti e dal governo Gentiloni.
E venerdì 3 febbraio, al vertice maltese del Consiglio Europeo straordinario, è probabile che l’UE deciderà di innalzare un muro navale sulla rotta del Mediterraneo centrale usando la Guardia Costiera libica.

I primi della lista: i nigeriani

A leggere i dati degli approdi di questi ultimi mesi, la Nigeria si conferma il principale paese d’origine dal quale partono i migranti che giungono in Italia. Nel 2016 dei 181.146 richiedenti asilo arrivati il 21% è di nazionalità nigeriana. Spesso si sente dire che si tratta essenzialmente di “migranti economici”, senza considerare le cause molteplici della loro migrazione, i loro desideri ed il fatto che non esiste altro modo di rimanere in Italia se non quello della richiesta d’asilo. Ma dentro al generico calderone di “migrante economico”, che nel tritacarne burocratico delle commissioni territoriali equivale a migrante da respingere costi quel che costi, rischiano di essere inserite le vittime di tratta, le minoranze religiose, coloro che scappano da Boko Haram e dall’impossibilità di esercitare i diritti fondamentali. 1
Anche se il Ministero non fornisce i dati 2, non è un mistero che lo scorso anno una grossa fetta dei diniegati dalle Commissioni sono stati richiedenti asilo nigeriani, anche se per il solo fatto di essere passati dall’inferno libico o aver rischiato la vita su un gommone dovrebbero avere una protezione umanitaria. Inoltre c’è da considerare che molti dei richiedenti asilo arrivano inconsapevoli al colloquio con la Commissione perché in molti centri d’accoglienza è assente il servizio di orientamento legale, che invece dovrebbe esser loro garantito. Molti riusciranno comunque a vedersi riconosciuta una protezione dal tribunale, ma anche qui spesso dipende dal giudice e dalla bravura dell’avvocato.
Non crediamo sia casuale che la caccia al migrante “irregolare” parta dai cittadini nigeriani.
Nel telegramma firmato dal Prefetto Giovanni Pinto, direttore della Direzione Centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere ed inviato il 26 gennaio alle Questure di tutta Italia, si possono leggere i dettagli dell’operazione.
Attività di contrasto dell’immigrazione clandestina” è il titolo, scritto assieme al testo tutto in maiuscolo, forse per indicarne l’estrema urgenza ed importanza.
Il prefetto spiega inizialmente che “al fine di procedere d’intesa con l’ambasciata della Nigeria alle audizioni a fini identificativi di sedicenti cittadini nigeriani rintracciati in posizione irregolare sul territorio nazionale per il loro successivo rimpatrio“, dal 26 gennaio al 18 febbraio, nei 4 CIE attivi (Roma, Torino, Brindisi e Caltanissetta) dovranno essere riservati 95 posti.
L’urgenza per il Prefetto è tale che i posti dovranno rendersi disponibili “anche mediante eventuali dimissioni anticipate” e richiama le questure a darsi da fare in fretta nei rastrellamenti – definiti “servizi finalizzati al rintraccio” – per riempirli.
La priorità sbandierata ai quattro venti da Minniti e Gentiloni è quella di rispondere alle paure dell’opinione pubblica ed infatti, il giorno successivo al telegramma, sul sito del Ministero dell’Interno appare la notizia che un volo charter con a bordo 36 cittadini nigeriani e organizzato da Polizia di Stato e Agenzia Frontex è decollato da Roma Fiumicino diretto a Lagos. Le persone rimpatriate erano state rinchiuse presso i CIE di Caltanissetta e Torino e assieme a loro sono stati rimpatriati anche 2 cittadini nigeriani espulsi dalla Germania e dalla Polonia.
La nota prosegue spiegando che il rafforzamento della cooperazione (sic!) con alcuni Paesi terzi – Nigeria, Tunisia ed Egitto – consente da tempo alla Polizia di Stato di organizzare voli charter per il rimpatrio. Da inizio anno sono stati allontanati dal territorio nazionale 274 cittadini stranieri.

I pilastri dell’Europa a cui guarda l’Italia

I 140 caratteri di Gentiloni apparsi il 29 gennaio in risposta al “Muslim ban” di Trump dicono “l’Italia è ancorata ai propri valori. Società aperta, identità plurale, nessuna discriminazione. Sono i pilastri dell’Europa“.
Occorre capire quali sono questi pilastri, visto che l’UE, dopo aver siglato l’accordo con la Turchia il 18 marzo 2016 per esternalizzare le proprie frontiere e bloccare il flusso di migranti sulla rotta balcanica, si appresta a varare un piano per alzare un muro sulla rotta del Mediterraneo centrale. La realtà, differente da come viene descritta nei tweet di Gentiloni e dell’establishment europeo, è che la Commissione europea sta cercando di costruire un muro navale formato dalla Guardia Costiera libica, addestrata dalle marine militari (Italia compresa) per fermare i barconi già in acque libiche. Se gli effetti saranno poi quelli di lasciar marcire le persone nell’inferno libico, a quanto pare, poco importa. Il 3 febbraio il vertice del Consiglio Europeo straordinario a Malta sull’immigrazione dovrà decidere come sottoscrivere questo accordo e capire come allargarlo ad altri paesi di origine e transito (Tunisia, Egitto e Algeria) dei migranti. Non avrà le caratteristiche di disprezzo dei diritti fondamentali del “Muslin Ban” dell’inguardabile presidente americano, ma questo piano si situa in quel solco perché pone al centro del discorso politico quale sia la modalità più efficace per ostacolare la migrazione, senza considerare gli effetti che potrà generare sulle vite delle persone e sui flussi migratori.
Quegli stessi pilastri ai quali si riferiva Gentiloni, per Minniti sono rappresentati dai CIE attivi in ogni regione e dal “contrasto dell’immigrazione irregolare con il rafforzamento delle politiche di rimpatrio“.

Solidarietà diffusa contro CIE e rimpatri

Minniti e Pinto dimenticano che l’azione di espulsione collettiva è vietata dalla legge e l’Italia per questo è stata già condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Altre condanne sono state inflitte per trattenimenti illegittimi nei CIE e per l’assenza di tutela legale.
Nonostante ciò, operazioni di questo genere difficilmente si pongono la questione di fare valutazioni sul singolo caso e le possibilità per un cittadino nigeriano “irregolare” di non essere rimpatriato dipendono solo dalla fortuna di intercettare attivisti per i diritti umani ed avvocati preparati. E, alle volte, nemmeno questi incontri riescono ad inceppare la macchina dell’espulsione.
La straordinarietà di quello che accade all’interno ed all’esterno degli aeroporti delle principali città americane, dove il rifiuto delle politiche anti immigrazione di Trump e la solidarietà diffusa – con le splendide ed evocative immagini degli attivisti e avvocati intenti ad offrire assistenza legale alle persone bloccate nei terminal – sta aprendo uno spazio di movimentazione sociale di impatto.
Sta a tutti noi provare a dotarci di nuovi strumenti, raccogliere quella capacità di mobilitarsi che arriva da oltreoceano e portarla nei nostri territori, dove i rastrellamenti (in queste ore arrivano notizie di persone rastrellate e trattenute) ed i CIE, insieme ai muri, rischiano di essere il presente orribile della politica europea e nazionale.

  1. Cliccando qui è possibile leggere un’ampia documentazione relativa all’accettazione di richieste di protezione da parte di cittadini della Nigeria e conoscere la situazione socio politica nel Paese, tutt’altro che sicuro.
  2. E’ possibile conoscere gli esiti delle Commissioni territoriali ( le percentuali dei responsi sono accorpate ma non divise per nazionalità): clicca qui

Redazione

L'archivio di tutti i contenuti prodotti dalla redazione del Progetto Melting Pot Europa.

Stefano Bleggi

Coordinatore di  Melting Pot Europa dal 2015.
Mi sono occupato per oltre 15 anni soprattutto di minori stranieri non accompagnati, vittime di tratta e richiedenti asilo; sono un attivista, tra i fondatori di Libera La Parola, scuola di italiano e sportello di orientamento legale a Trento presso il Centro sociale Bruno, e sono membro dell'Assemblea antirazzista di Trento.
Per contatti: [email protected]