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Isola di Chios – Migranti scappano dall’hotspot Vial per protesta

On the refugee trail, 31 marzo 2016

Oggi è stata organizzata una protesta fuori dall’hotspot “Vial” di Chios, in Grecia.
I profughi hanno partecipato gridando e battendo le mani, per poi evadere dal centro e unirsi alla protesta.

Mentre correvano all’esterno, urlavano “Libertà! Libertà! Libertà!” e altri slogan contro i rimpatri, chiedendo che le loro richieste d’asilo vengano prese in considerazione e appellandosi ad Angela Merkel affinché migliori la loro condizione. La decina di poliziotti presenti, apparentemente esterrefatti dalla piega presa dagli eventi, ha indossato i caschi, frapponendosi tra noi e i profughi.

Refugees outside, protesting
Refugees outside, protesting

Questo teatrino vagamente ridicolo era in realtà solo simbolico. Un amico, con cui fino a quel momento avevo parlato solo attraverso la recinzione, ha semplicemente superato gli agenti e mi ha stretto la mano. “Come stai?” mi ha chiesto con un sorriso raggiante, come se ci fossimo incontrati ai giardini pubblici durante una passeggiata domenicale. Le persone chiacchieravano, gironzolavano. I profughi si divertivano ad osservare da fuori la loro prigione.

Chanter meets police chief
Chanter meets police chief

Non che ci fosse molto da fare all’esterno. Avrebbero anche avuto diverse occasioni di fuggire da quella prigione scavalcando la recinzione e proseguendo a piedi per alcuni chilometri fino alla città più vicina, ma non possono comunque lasciare l’isola, e sono facilmente riconoscibili. Questa è la genialità dell’idea di confinarli sulle isole, svuotate degli altri profughi prima del loro arrivo. Ma questo mostra anche l’assurdità della loro reclusione: se possono evadere ma non hanno comunque dove andare, che senso ha rinchiuderli?
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La maggioranza, infatti, è tornata all’interno. Un comitato di residenti della zona ha visitato la struttura per verificarne le condizioni. La polizia ha separato i dimostranti più rumorosi, probabilmente per far concludere più rapidamente la manifestazione, e perché sicuramente non erano in condizione di fare molto di più.

“A life worth more than a paper - Stop deportations”
“A life worth more than a paper – Stop deportations”

I profughi hanno perlopiù reagito con una indifferenza quasi divertita. Sono rientrati lentamente, prendendosela comoda, sottolineando l’assurdità delle politiche di reclusione.

Welcome!
Welcome!

Al termine della protesta sono state raccolte molte interviste. Le persone rinchiuse nel centro sono ancora senza acqua calda e non possono quindi lavarsi né fare il bucato. Sono qui da 11 giorni, per lo più insoddisfatti del cibo, le tensioni all’interno del centro sono ancora molto forti, e sempre più persone rispondono “non tanto bene” quando viene loro chiesto come stanno. L’elaborazione delle domande di asilo è finalmente iniziata, con mille problemi e ritardi, ma le persone sono disperate. Non sono venute in Grecia per rimanere in questo Paese economicamente disastrato. Conoscono persone in Nord Europa ed è là che vogliono andare. Il problema è che, anche se facessero domanda di asilo qui, è probabile che gli venga negato.
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Ma ne hanno passate tante e non sarà questo a scoraggiarli. Ci sono altri modi per arrivare in Europa, altri modi per cavarsela. I muri potranno anche sembrare impenetrabili, e le autorità invincibili, ma il più delle volte si tratta solo di un’illusione. A volte basta solo forzare le recinzioni e superare i poliziotti per essere finalmente liberi.
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Dopo aver camminato a piedi per circa 20 chilometri il gruppo ha raggiunto il porto, dove ha passato la notte.