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L’Europa dei bambini scomparsi

Alberto Rojas, El Mundo, Spagna

Foto: Isola di Lesbo, Fotomovimiento, gennaio 2016

Alberto Rojas
Aggiornato al 31 gennaio 2016 – 18:43

Camminava scalzo. I calzini ancora bagnati dal mare Egeo, le scarpe legate attorno al collo e una piccola borsa sportiva a contenere tutta la sua vita. Lo scorso dicembre Ali sbarcava insieme ad altri 60 sconosciuti provenienti dall’Iraq sull’isola di Lesbo. Aveva 13 anni. E’ stato mandato da sua madre, alla ricerca della sua famiglia che era già in Germania da mesi.
Lungo il percorso dei rifugiati verso l’Europa centrale è comune incontrare bambini e adolescenti che viaggiano da soli in fuga dalle zone di guerra.

Ali vagava su un’autostrada nel nord dell’isola, in cerca di qualche connazionale a cui unirsi per proseguire il cammino. Ormai preda facile per le organizzazioni mafiose che si sono stabilite, grazie alla mancanza della protezione della polizia, lungo tutto il cammino percorso dai rifugiati. Secondo quanto dichiarato da The Guardian, l’Europol stima che fino a 10.000 minorenni come Ali “potrebbero essere caduti in mano alle mafie che li utilizzerebbero come schiavi” o che, semplicemente, “sono scomparsi”.

Solo in Italia, dove in parte le cure e gli alloggi dei richiedenti asilo sono stati gestiti dalla Camorra o da Cosa Nostra, si sono perse le tracce di 5.000 minori, secondo quanto dichiarato da Brian Donald, capo dell’Europol. Come denuncia la stessa polizia italiana molti bambini che cadono in mano alle organizzazioni mafiose finiranno a lavorare come corrieri della droga, mentre le bambine finiranno a lavorare come prostitute. Altri 1.000 risultano mancare dalle statistiche in Svezia. Nessuno, eccetto le mafie, sanno nulla di loro. Secondo Save the Children, durante tutto il 2015 circa 26.000 bambini non accompagnati sarebbero arrivati in Europa.

Fin dall’inizio della crisi la tutela dei minori non accompagnati risultò un problema per gli Stati che si trovano sul percorso dei rifugiati. Sono molti gli esempi. Come ha potuto dimostrare questo giornale, le autorità dell’isola di Kos, a causa della mancanza di infrastrutture, decisero di mettere questi bambini e adolescenti in celle di detenzione della polizia insieme a criminali adulti. La spiegazione? Così potevano essere tenuti sotto controllo. Fu necessario l’intervento dell’UNHCR per far sì che venissero spostati in centri per minori ad Atene in attesa che qualche familiare venisse a reclamarli. Alcuni di loro sono orfani, per cui è difficile che qualcuno venga a cercarli. Alcuni di loro viaggiavano con i genitori ma li hanno persi nei naufragi avvenuti nell’Egeo, come il disastro dello scorso ottobre in cui più di 150 persone persero la vita nei pressi dell’isola di Lesbo. Tutti i soccorritori ricordano le immagini delle due bimbe tratte in salvo e in attesa al porto di Mitilene di qualcuno che desse loro qualche notizia dei genitori che erano affogati pochi minuti prima.

Come se non bastasse, le ONG che hanno fornito soccorso, cibo, panni asciutti, riparo e aiuti medici lungo tutta la tratta percorsa dai rifugiati rischiano di essere “criminalizzate” dall’Unione Europea. Secondo quanto denunciato dall’organizzazione Statewatch il Consiglio dei Ministri europeo sta lavorando ad un disegno che “ignora” l’eccezione che protegge le ONG dalle accuse di traffico di esseri umani. Nel caso in cui venisse approvato, qualsiasi privato che fornisca aiuto di qualsiasi tipo ai rifugiati può essere accusato di “traffico di esseri umani”.

Sono molte le famiglie che hanno mandato bambini in Europa convinti di risparmiare i €1.250 che chiedono in media le mafie dell’Egeo. I minori si registravano nei centri di controllo di Frontex dispiegati lungo le isole greche, quasi tutti assicurando di viaggiare accompagnati per non rischiare di non essere fermati. Alcuni ci riuscivano.

Ora, secondo l’Europol, non si hanno più notizie di due bambini su cinque. Uno scandalo tremendo per l’Europa del XXI secolo.

Da molto prima che riescano a raggiungere le isole greche (in Turchia migliaia di bambini siriani lavorano già nelle industrie tessili) fino a quando giungono a destinazione la mancanza di protezione e l’assenza delle autorità è una realtà tangibile. E questo vuoto è stato colmato dalle mafie, che trasferiscono i richiedenti a prezzo d’usura, propinando loro alimenti di terza qualità a prezzi da ristorante parigino. È questa l’esternalizzazione dei servizi, di certo non pianificata ma risultato dell’inadempienza dell’Unione Europea che non ha messo in campo neanche uno dei suoi grandi mezzi organizzativi per far fronte a questa crisi, nonostante esistano protocolli studiati appositamente per alleviare gli effetti di un esodo del genere. Ed è così che la mafia si è assunta l’incarico. È il caso di dire che si sta permettendo ai lupi di prendersi cura degli agnelli.